Domenica 21 maggio 1972, giorno di Pentecoste, erano le 11:30 quando il geologo australiano di origini ungheresi, Laszlo Toth, che aveva gravi problemi psichiatrici, saltò al di là della balaustra e andò a colpire ripetutamente la Pietà con un martello, mentre urlava I am Jesus Christ, risen from the dead! “Sono Gesù Cristo, risorto dalla morte!”. Quindici furono le martellate che riuscì a infiggerle prima di essere fermato dalla polizia. Caddero a terra frammenti e schegge del capolavoro di Michelangelo. La Madonna subì danni maggiori: il braccio sinistro staccato, il gomito in frantumi, il velo fratturato in tre punti differenti, il naso, la palpebra dell’occhio sinistro. Fu molto intenso il lavoro di ristrutturazione a cui la Pietà fu sottoposta, con l’utilizzo di calchi e materiali molto importanti e ricercati, ma soprattutto riutilizzando gli stessi frammenti caduti in terra. Fu effettuato nei vicini laboratori dei Musei Vaticani, reintegrando l’opera fedelmente. Toth venne internato in un manicomio italiano, fino al febbraio del 1975.
La Pietà è una delle opere più importanti e di valore di Michelangelo Buonarroti e di tutta l’arte occidentale e ha un fascino tutto suo proprio, maggiormente per il naturalismo straordinariamente virtuoso della scena, tipico rinascimentale. Fu una delle prime commissioni dell’artista fiorentino presso la corte di Papa Alessandro VI, quando era poco più che ventenne, databile quindi tra il 1497 e il 1499. Maria siede su una struttura rocciosa che rappresenta il monte Calvario. La giovane Madre di Cristo tiene tra le braccia il corpo del figlio morto. L’aspetto della Vergine è quello di una ragazza, molto più giovane di Gesù, e questo lascio negli studiosi e nei cattolici non poche perplessità. Indossa una veste mossa da molte pieghe. Su una fascia vi è la firma di Michelangelo: MICHEL.A[N]GELVS BONAROTVS FLORENT[INVS] FACIEBAT (traducibile come “Lo fece il fiorentino Michelangelo Buonarroti”). Una curiosità di questa immensa struttura è che il Cristo possiede un incisivo in più. Secondo la simbologia religiosa del tempo, infatti, il quinto incisivo era definito “dente del peccato”, e lo storico d’arte Marco Bussagli, che lo ha scoperto, ritiene che la scelta di scolpirlo, da parte di Michelangelo, simboleggerebbe l’assunzione di tutti i peccati del mondo compiuta da Cristo.
Giornalista