Accadde oggi: 22 ottobre 2009, la morte di Stefano Cucchi, il caso e l’impatto mediatico.

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Oggi vengono scanditi esattamente dieci anni dalla morte di Stefano Cucchi, il giovane che era sottoposto a custodia cautelare, fermato una settimana prima da cinque carabinieri che lo videro in possesso di ingenti dosi di hashish. Una morte che, a distanza di un decennio, fa ancora discutere, ha indignato i più e ha smosso cause di solidarietà inerenti alla tutela dei diritti civili e umani. Il caso ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica a seguito della pubblicazione delle foto dell’autopsia, poi riprese da agenzie di stampa, giornali e telegiornali italiani. Stefano Cucchi, geometra romano, venne fermato il 15 ottobre e, portato immediatamente in caserma, fu perquisito e trovato in possesso di dodici confezioni di varia grandezza di hashish (per un totale di 20 grammi), tre confezioni di cocaina e un medicinale per curare l’epilessia, malattia da cui Cucchi era affetto. Per lui venne decisa la custodia cautelare. Il giorno dopo si tenne l’udienza per la conferma del fermo in carcere e già durante il processo ebbe difficoltà a camminare e a parlare e mostrò inoltre evidenti ematomi agli occhi.

Nonostante le precarie condizioni, il giudice fissò l’udienza per il processo che si sarebbe tenuto il mese successivo e stabilì che, nel frattempo, dovesse rimanere in custodia cautelare al carcere di Regina Coeli. Dopo l’udienza le condizioni di Cucchi peggiorarono ulteriormente e, visitato all’ospedale Fatebenefratelli, vennero messe a referto lesioni ed ecchimosi alle gambe, al viso, all’addome e al torace: una frattura alla mascella, emorragia alla vescica e due fratture alla colonna vertebrale. Cucchi non acconsentì al ricovero in ospedale e in carcere le sue condizioni peggiorarono. Morì all’ospedale Sandro Pertini e al momento del decesso pesava solamente 37 kg.

Dopo la morte, il ragazzo non ha mai trovato pace. Il personale carcerario ha sempre negato violenze su di lui e addirittura gli sono state mosse accuse calunniose di anoressia, tossicodipendenza e sieropositività. Il resto è storia: un lungo processo contro medici e agenti penitenziari, e un secondo processo per omicidio preterintenzionale fino all’inchiesta di depistaggio e a un nuovo processo che avrà la sua prima udienza il prossimo 12 novembre. Grazie all’attivismo della sorella Ilaria Cucchi e all’appoggio di Amnesty International Italia, il caso ha avuto una grande visibilità mediatica, con notevole impatto sull’opinione pubblica italiana, facendo tra l’altro emergere altri casi analoghi di persone morte in carcere. Manifestazioni di solidarietà, film, libri e citazioni musicali per il giovane che non ha mai ricevuto giustizia e che tutto il popolo, dopo la sua morte, ha sostenuto e amato.