
Nel gruppo di partecipanti c’erano reduci della Grande Guerra, sindacalisti rivoluzionari, repubblicani, ex socialisti, i futuristi di Filippo Tommaso Marinetti e persone comuni, tra cui ebrei e qualche donna
Nel 1919 l’Italia era guidata da Vittorio Emanuele Orlando, e stava attraversando un clima politico, sociale ed economico molto difficile. L’ex socialista e combattente Benito Mussolini lanciò sul Popolo d’Italia un appello di partecipazione a una riunione programmatica annunciando che da essa sarebbe sorto un antipartito in grado di far fronte a due pericoli: “quello misoneista di destra e quello distruttivo di sinistra”. Il movimento politico sarebbe nato il 23 marzo 1919.
In vista dei preparativi per la riunione venne formato il Fascio Primigenio, ovvero il Fascio di Combattimento di Milano, con l’idea di riprendere l’antico simbolo dei littori romani, alludendo al fatto che “l’unione fa la forza”. Questa idea non era di certo una novità. Alla chiamata risposero meno persone di quanto ci si aspettasse e la riunione, che fu definita adunata, venne allestita in una sala in piazza San Sepolcro a Milano, da cui deriva il termine Sansepolcrismo, utilizzato per indicare il Fascismo della prima ora.
Il gruppo di partecipanti era di circa circa un centinaio di persone ed era estremamente eterogeneo: c’erano reduci della Grande Guerra, sindacalisti rivoluzionari, repubblicani, ex socialisti, i futuristi di Filippo Tommaso Marinetti e persone comuni, tra cui ebrei e qualche donna.
Benito Mussolini riassunse in tre linee guida gli obbiettivi del suo nuovo partito, poi riassunti e schematizzati nel “Manifesto dei Fasci Italiani di Combattimento”, un programma politico presentato come “il programma di un movimento sanamente italiano. Rivoluzionario perché antidogmatico e antidemagogico; fortemente innovatore perché antipregiudizievole. Noi poniamo la valorizzazione della guerra rivoluzionaria al di sopra di tutto e di tutti”.