Accadde oggi: 23 settembre 1943, l’uccisione di Salvo D’Acquisto da parte dei nazisti

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Il brigadiere dei carabinieri Salvo D’Acquisto fu fucilato a Torrimpietra, in provincia di Roma, il 23 settembre 1943, giovanissimo, all’età di soli 23 anni. La sera precedente, un’esplosione, avvenuta in una vicina caserma abbandonata dalle Guardia di Finanza, uccise due militari tedeschi e ne ferì alcuni altri. Alcune bombe a mano, dimenticate in una cassa, erano esplose quando i tedeschi vi si erano messi a curiosare. Fu il pretesto per organizzare un rastrellamento e il mattino dopo i tedeschi si presentarono alla stazione dei carabinieri trascinandovi ventidue civili, che furono scelti e fermati con casualità, nei dintorni. Vollero dare una parvenza di legalità a ciò che si apprestavano a fare, per cui chiesero la presenza del comandante della Stazione. In quel momento, il maresciallo era assente e toccò al brigadiere D’Acquisto seguire i tedeschi con i loro prigionieri sino a Palidoro, dove erano stati radunati gli ostaggi. Fu tenuto un sommario interrogatorio nel corso del quale tutti gli ostaggi si dichiararono innocenti. Più volte fu richiesto di indicare i nomi dei responsabili e D’Acquisto ribadì che non ve ne potevano essere visto che l’esplosione era stata accidentale e che gli ostaggi e gli altri abitanti della zona erano dunque tutti quanti innocenti.

Durante l’interrogatorio dei rastrellati D’Acquisto fu tenuto separato nella piazza, sotto stretta sorveglianza da parte dei soldati tedeschi e, “quantunque malmenato e a volta anche bastonato dai suoi guardiani, serbò un contegno calmo e dignitoso“, come ebbe a riferire in seguito Wanda Baglioni, una testimone oculare. Gli ostaggi e D’Acquisto vennero quindi trasferiti fuori dal paese e ai primi furono fornite delle vanghe, costretti a scavare una grande fossa comune nelle vicinanze della Torre di Palidoro, per la ormai prossima loro fucilazione. Le operazioni di scavo si protrassero per alcune ore e quando D’Acquisto capì che i ventidue sarebbero stati uccisi, si autoaccusò di essere il responsabile di un presunto attacco esplosivo contro i soldati tedeschi, facendosi fucilare al posto loro. Decisamente un atto eroico, per il carabiniere napoletano giovanissimo, un gesto che gli valse la medaglia d’oro al valor militare e il titolo di Servo di Dio riconosciutogli, nell’ambito del processo di beatificazione avviato da Papa Giovanni Paolo II, per la santità che dimostrò con l’estremo sacrificio. Le sue spoglie sono conservate nella Basilica di Santa Chiara, a Napoli, e oggi è considerato la figura simbolo dell’Arma, ricordata in numerose caserme e nella toponomastica stradale.