Trentuno anni fa, il 24 febbraio 1990, morì a Roma Sandro Pertini, settimo presidente della Repubblica italiana, in carica dal 1978 al 1985. Combattente durante la Prima guerra mondiale, venne insignito della medaglia d’argento al valor militare nel 1917 e durante il ventennio fascista si distinse per la sua assoluta opposizione al regime. Per questa ragione, nel 1925 fu condannato a 8 mesi di carcere e successivamente si spostò in Francia per un esilio volontario in modo da evitare una seconda condanna. In Francia accompagnò Turati, Rosselli e Parri, con il sogno di organizzare dall’esilio una resistenza da esportare in Italia, mentre per campare dovette arrangiarsi come imbianchino e manovale. Qualche anno dopo venne nuovamente messo agli arresti con 11 anni di reclusione. Ne scontò 7 e venne confinato a Ponza e a Ventotene, nell’isola di Santo Stefano. Liberato nel 1943, anno in cui venne catturato dalle SS, fu condannato a morte per essere un partigiano. Fu salvato proprio dai suoi compagni, insieme alla collaborazione delle Brigate Matteotti. Nel 1945 partecipò attivamente agli eventi che portarono l’Italia alla liberazione dal nazifascismo e, nell’Italia che finalmente diventò repubblicana, venne eletto deputato all’Assemblea Costituente, poi senatore, poi nuovamente deputato, e ancora Presidente della Camera.
La sua personalità era intrisa dei princìpi che avevano ispirato la democrazia parlamentare e repubblicana, nata dall’esperienza della Resistenza partigiana; sosteneva il suo rispetto della fede politica altrui tanto quanto il suo fermo rifiuto del pensiero fascista e di tutte le ideologie che rinnegavano la libertà di espressione: “Il fascismo per me non può essere considerato una fede politica […] il fascismo è l’antitesi di tutte le fedi politiche […], perché opprime le fedi altrui”. Nel luglio del 1978 venne eletto presidente della Repubblica Italiana. Pertini fu un idealista carismatico, si definì lui stesso “un galantuomo dal brutto carattere“. Arrivava al pubblico in modo semplice e diretto, possedeva un linguaggio genuino ed efficace che conquistò gli italiani per la sua schiettezza. Fu un personaggio dinamico che svolse la sua carica in maniera attiva. Resta leggendaria l’immagine della sua esplosione di gioia allo stadio di Madrid, ai Mondiali di calcio del 1982, per la vittoria degli Azzurri, quello slancio gioioso in cui tutti gli italiani si identificarono e per il quale, alla vigilia del 2000, i cittadini lo indicarono come “l’italiano del XX secolo”.
Nella notte del 24 febbraio 1990, all’età di 93 anni, si spense per una complicazione in seguito a una caduta di pochi giorni prima, nel suo appartamento mansardaro affacciato sulla Fontana di Trevi. Il suo corpo fu cremato e le ceneri traslate nel cimitero del suo paese natale, Stella San Giovanni. Quando avvenne la sua morte pianse quell’Italia che lui stesso aveva saputo legare all’idea di Nazione. Pertini si dichiarò sempre non credente, ma nonostante ciò, nel suo studio al Quirinale tenne attaccato al muro un crocifisso: egli ammirava la figura di Gesù come uomo che fine alla sua morte aveva tenuto fede e sostenuto le sue idee.
Giornalista