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Sosteneva il rispetto della fede politica altrui tanto quanto il suo fermo rifiuto del pensiero fascista e di tutte le ideologie che rinnegavano la libertà di espressione
Trentacinque anni fa, il 24 febbraio 1990, morì a Roma Sandro Pertini, settimo presidente della Repubblica italiana, in carica dal 1978 al 1985. Combattente durante la Prima Guerra Mondiale, venne insignito della medaglia d’argento al valor militare nel 1917 e durante il ventennio fascista si distinse per la sua assoluta opposizione al regime. Per questa ragione, nel 1925 fu condannato a 8 mesi di carcere e successivamente si spostò in Francia per un esilio volontario in modo da evitare una seconda condanna.
In Francia accompagnò Turati, Rosselli e Parri, con il sogno di organizzare dall’esilio una resistenza da esportare in Italia, mentre per campare dovette arrangiarsi come imbianchino e manovale. Qualche anno dopo venne nuovamente messo agli arresti con 11 anni di reclusione. Ne scontò 7 e venne confinato a Ponza e a Ventotene, nell’isola di Santo Stefano.
La sua personalità era intrisa dei princìpi che avevano ispirato la democrazia parlamentare e repubblicana, nata dall’esperienza della Resistenza partigiana; sosteneva il rispetto della fede politica altrui tanto quanto il suo fermo rifiuto del pensiero fascista e di tutte le ideologie che rinnegavano la libertà di espressione: “Il fascismo per me non può essere considerato una fede politica […] il fascismo è l’antitesi di tutte le fedi politiche […], perché opprime le fedi altrui”.
Si spense a 93 anni per una complicazione in seguito a una caduta nel suo appartamento e l’Italia intera pianse la sua dipartita.