Il 26 febbraio 1266, durante la battaglia di Benevento, combattuta tra le forze guelfe spalleggiate dalla dinastia francese degli Angiò, e dai ghibellini che riconoscevano la loro guida nella dinastia sveva impersonata da Manfredi, il figlio di Federico II e ultimo re di Sicilia, questi venne sconfitto e perse la vita. Fu una tremenda e difficile battaglia contro le truppe francesi di Carlo d’Angiò dando inizio così alla dominazione francese di Napoli, dell’Italia meridionale e della Sicilia. Insediatosi nel suo nuovo dominio, Carlo attese la discesa in Italia di Corradino di Svevia, l’ultima speranza degli Hohenstaufen, nel 1268, per sconfiggerlo nella battaglia di Tagliacozzo, imprigionarlo e successivamente farlo giustiziare a Napoli. Ciò segnò la completa vittoria della parte guelfa. Soprattutto si diede l’avvio in tutta Italia a una feroce repressione nei confronti dei ghibellini che fece scrivere versi lapidari al sommo poeta Dante Alighieri. Se pensiamo al capolavoro della Commedia, il riferimento a Benevento più ovvio viene espresso nel terzo canto del Purgatorio, in cui Dante e Virgilio incontrano proprio Manfredi, descritto menzionando le sue ferite dovute alla battaglia. Il figlio dell’imperatore è posizionato nell’Antipurgatorio in quanto morto scomunicato dalla Chiesa:
Vero è che quale in contumacia more
di Santa Chiesa, ancor ch’al fin si penta,
star li convien da questa ripa in fore.
Purgatorio, III, 136-138
Manfredi era il figlio prediletto di Federico; egli non fu stupor mundi come il padre ma fu comunque amante delle lettere e degli studi scientifici, e soprattutto amò la terra dove era nato, la Puglia, scegliendo di vivere nel castello federiciano di Lagopesole. Il suo nome si lega alla città di Manfredonia che volle costruita sui resti dell’antica Siponte a testimonianza di un futuro mediterraneo per l’antica terra di Apulia.
Giornalista