Un argomento più che mai attuale, che sta sconvolendo le nostre vite, la nostra quotidianità, che semina panico, dubbi e incertezze. Il 27 novembre 2002 furono riconosciuti i primi casi di Sars Cov-1 (Severe Acute Respiratory Syndrome sindrome respiratoria acuta grave), malattia che per la prima volta venne identificata dal medico italiano Carlo Urbani che poi andò incontro a decesso proprio per tale motivo. Un’epidemia che si protrasse a lungo, fino al luglio 2003, portando a ben 774 decessi in 17 Paesi del mondo. Le zone più colpite furono la Cina e Hong Kong. Questa malattia fu causata da un coronavirus, un virus che al microscopio appare come una corona circolare che negli ultimi mesi del 2017 gli scienziati cinesi hanno rintracciato nei pipistrelli. L’epidemia cominciò nella provincia cinese di Guangdong e il primo caso avvenne a Shunde, in un allevatore che fu curato nel Primo Ospedale del Popolo di Foshan. Il paziente poco dopo morì. I sintomi iniziali erano di tipo influenzale e potevano comprendere febbre superiore ai 38 °C., letargia, fastidi gastrointestinali, tosse, mal di gola e altri sintomi aspecifici.
La Sars rappresentò la prima minaccia globale del XXI secolo tanto che nel marzo 2003 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per la prima volta nella sua storia, laciò un allarme mondiale, raccomandando di rimandare i viaggi provenienti da aree affette o verso le aree infette. L’allarme fece aprire gli occhi all’Italia, determinando un picco di attenzione quando, all’inizio di aprile, vennero segnalati due casi sospetti di Sars. A metà del mese di aprile, a Napoli si verificò il decesso di una persona con sospetta Sars, rivelatasi poi affetta da una rara infezione batterica contratta in Tailandia. Sempre in Italia, il Ministero della Salute si attivò a gestire un sistema di sorveglianza della malattia, adottando la definizione di caso proposta dall’OMS e concordata con la DG SANCO della Comunità Europea (CE). La definizione si basava su due livelli di classificazione dei pazienti in casi sospetti e casi probabili. Il Ministero, inoltre, predispose una serie di misure atte a contenere la diffusione dell’infezione nell’eventualità dell’arrivo di casi sospetti o probabili dalle aree affette. Gli obiettivi principali erano quelli di identificare e isolare immediatamente i casi di Sars cov-1 e fornire indicazioni per la prevenzione e controllo della Sars in ambito ospedaliero. A seguito dell’iniziale difficoltà nel diagnosticare correttamente tale sindrome, nei paesi colpiti si verificò un iniziale timore di massa, indotto anche da notizie allarmanti e spesso errate, prive di fondamento, fornite dai mass media. Questi parlarono di una nuova pandemia globale, evocando i fantasmi della spagnola e della peste. Molti stati acquistarono quantità industriali di medicinali, ancora prima che fosse scoperto un vaccino per la malattia. In Europa, grazie agli scrupolosi controlli nei porti e aeroporti, il morbo non poté espandersi in quanto i pochi infetti, o comunque i casi sospetti, vennero immediatamente posti in quarantena. La malattia scomparse e tutto si dissolse in una bolla di sapone.
Giornalista