Il 28 luglio 1914, un mese dopo l’assassinio a Sarajevo dell’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando e di sua moglie Sofia Chotek, per mano del rivoluzionario bosniaco Gavrilo Princip, l’Austria-Ungheria, attraverso un telegramma, dichiarò ufficialmente guerra alla Serbia, ritenuta responsabile dell’attentato pianificato dal gruppo nazionalista della Giovane Bosnia in collaborazione con la società segreta serba nota come Mano Nera. Una decisione alla quale si arrivò definitivamente al termine di quella che fu definita “crisi di luglio”. Alle ore 12 la dichiarazione di guerra partiva in direzione Belgrado. Quella che inizialmente appariva come una crisi isolata, si trasformò in poco tempo nel più grande e drammatico conflitto della storia, la Prima guerra mondiale. Sul campo si diedero battaglia i grandi imperi centrali, quali Germania, Austria-Ungheria, Impero Ottomano e Bulgaria, e le potenze alleate , come Francia, Regno Unito, Impero Russo, Serbia. Per l’Italia, l’entrata in guerra avvenne con il patto di Londra del 26 aprile 1915.
Dopo un mese iniziarono i primi scontri sul versante alpino tra l’esercito italiano, guidato dal generale Luigi Cadorna, e quello austro-ungarico. La guerra terminò l’11 novembre del 1918 con un bollettino spaventoso: oltre 9 milioni di vittime militari, circa 7 milioni di vittime civili provocate sia dagli scontri, sia dalle gravi carestie e malattie che ne derivarono. Accanto alle morti e alle mutilazioni provocate dai nuovi armamenti ultramoderni (comparvero per la prima volta carri armati, lanciafiamme, mitragliatrici e gas tossici), si ricordano veri e propri crimini di guerra commessi nei confronti degli ebrei, degli armeni e del popolo belga. Al termine del conflitto in tutta Europa, su ogni campo di battaglia e in ogni città e paese in lutto, sorsero monumenti commemorativi di varia estensione come a Redipuglia. Una dopo l’altra le tombe del Milite Ignoto vennero inaugurate in tutti i paesi partecipanti al conflitto appena concluso.
Giornalista