Accadde oggi: 29 aprile 1945, la liberazione e il massacro di Dachau

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Oggi ricorre l’anniversario della liberazione, da parte delle forze armate americane, del campo di concentramento di Dachau, vicino a Monaco, in Germania, il primo aperto nel marzo del 1933 e che fu preso come modello per tutti i successivi campi nazisti. Quando i prigionieri arrivavano al campo venivano picchiati con venticinque bastonate di benvenuto e alcuni di loro non sopravvivevano; le guardie poi dicevano esplicitamente loro che non avevano diritti, né onore, né difesa. Venivano insultati, rasati, e privati di tutti i loro averi e poi entravano nel campo. Le SS potevano uccidere chiunque. Le punizioni includevano quella di essere appesi per le mani dietro la schiena a ganci per ore, abbastanza in alto da non toccare terra con le punte dei piedi, oppure essere frustati su cavalletti, battuti con fruste di cuoio bagnato ed essere messi in isolamento per giorni in stanze troppo piccole per potersi sdraiare. I deportati “indisciplinati” o “incorreggibili”, erano destinati a detenzione particolarmente dura, venivano rinchiusi nelle baracche di punizione, denominate strafblocke.

Era il 29 aprile 1945 e, in quel momento, vivevano nel campo circa 32 mila prigionieri vicini alla morte per fame. I soldati americani, quando vi arrivarono, si trovarono davanti a scene orribili. I militari disgustati trovarono ovunque cadaveri ammassati in vagoni ferroviari e denutriti, e sopravvissuti ridotti in pelle e ossa. Ebbe subito inizio un’azione di “neutralizzazione delle SS”, con arresti e uccisioni dei membri nazisti da parte delle unità americani e dagli stessi prigionieri. Il generale Dwight D. Eisenhower emise un comunicato sull’apertura del lager ai 32 mila detenuti omettendo i dettagli della neutralizzazione delle SS: “Le nostre forze hanno liberato Dachau, un campo di concentramento tristemente famoso. Sono stati liberati circa 32.000 prigionieri e 300 SS a guardia del campo sono state rapidamente neutralizzate”. Il colonnello Felix L. Sparks, comandante di un battaglione del 157º Reggimento di Fanteria, 45ª Divisione di Fanteria degli Stati Uniti, raccontò così quello che fu definito il massacro di Dachau: “Circa cinquanta prigionieri tedeschi catturati dal 157º reggimento di fanteria erano stati confinati in una zona che era stata utilizzata come deposito di carbone. La zona era delimitata da una parete in muratura a forma di L di circa otto metri di altezza, vicino a un ospedale. I prigionieri di guerra tedeschi erano sorvegliati da una pattuglia della compagnia I munita di mitragliatrice. Avevo appena lasciato questi uomini di sorveglianza e mi stavo dirigendo verso il centro del campo dove c’erano altre guardie SS che non si erano ancora arrese, quando udii spari che provenivano dalla direzione che avevo appena abbandonato. Tornai di corsa e presi a calci un soldato di 19 anni, che era ancora dietro il mitragliatore e che aveva provocato la morte di circa dodici dei detenuti e il ferimento di molti altri. L’artigliere, che piangeva istericamente, disse che i prigionieri avevano tentato di fuggire”.

L’esercito USA aprì, qualche giorno dopo, una indagine su un “asserito maltrattamento in danno di guardie tedesche a Dachau” che venne affidata al tenente colonnello Joseph Whitaker, il quale interrogò, tra gli altri, il colonnello Howard Buechner (all’epoca colonnello dell’esercito degli Stati Uniti e medico presso il 3º battaglione del 157º Fanteria). Buechner, successivamente, parlò di 520 soldati tedeschi che erano stati fucilati, tra cui 346 uccisi per ordine di Jack Bushyhead, un ufficiale, nel corso di una presunta esecuzione di massa in ore diverse da quelle della prima sparatoria vicino all’ospedale. Buechner non sarebbe stato però testimone diretto di tali fatti, e si scusò delle azioni commesse dai soldati americani a Dachau. Nel giorno della liberazione di fine aprile nel campo principale di Dachau si trovavano ancora nelle baracche 32.000 prigionieri che per tentare di sopravvivere si erano riuniti in una comunità di mutuo soccorso reciproco. Nei dodici anni di orrore, a Dachau trovarono la morte più di 45 mila persone. Il primo maggio del 1945 sul piazzale del lager gli ex prigionieri lanciarono al mondo l’appello “Mai più fascismo! Mai più guerre!” celebrando il “giorno della liberazione, dell’amicizia e della fraternizzazione”.