Il 29 giugno 1798, nel vecchio borgo di Recanati, nacque il conte Giacomo Taldegardo Francesco di Sales Saverio Pietro Leopardi, certamente uno dei più grandi poeti dell’Ottocento. Un filosofo, un genio, tra i più importanti e influenti nomi della letteratura mondiale. Si formò tra le onde del Classicismo, finché non arrivò a divenire un Romantico, uno dei più autorevoli di questa corrente, anticipatore di riflessioni sull’esistenza umana, sul rapporto dell’uomo con la Natura. Leopardi fu un vero e proprio esistenzialista della letteratura italiana. Poesie che sono veri e propri richiami di un sapore antico e adolescenziale, versi imparati a memoria tra i banchi di scuola e certamente ancora oggi rievocati. Leopardi era lo studente infelice, il poeta del villaggio descritto così accuratamente nella sua quotidianità, in cui ci sembra di veder arrivare la donzelletta col crine adornato a festa, e poi la vecchierella, e anche i fanciulli che giocano. E il cielo stellato, la lucciola, il gracidare delle rane, la siepe che separa da tanta eternità, quell’infinito a lui tanto caro, e anche a tutti noi.
Leopardi è stato il poeta di un dialogo profondo tra un pastore errante e la luna, il poeta dei ricordi e delle rievocazioni, del suo dolore per la povera Silvia. Leopardi è stato il poeta dell’introspezione e della solidarietà, dinanzi a quei forti e imponenti fiori gialli che crescevano sui versanti del Vesuvio, le ginestre. Quei fiori che con il loro profumo sapevano consolare il deserto. Leopardi e quella forma di ipersensibilità che lo teneva lontano da tutto ciò che avrebbe potuto farlo soffrire. A diciotto anni scriveva odi greche facendole credere antiche, e cominciava a pubblicare opere d’erudizione storica e filologica. Il padre Monaldo, organizzava accademie in famiglia per farvi brillare l’ingegno del figlio, ma questi sognava solamente un mondo più grande, un pubblico più vario e meno provinciale, aspirando a un’infinita felicità. Leopardi era il poeta del dolore, delle delusioni d’amore, di quelle illusioni che, probabilmente, egli stesso vedeva salvifiche. Il poeta del canto alla solitudine e alla disperazione che ha insegnato a tutti noi a riconoscere i nostri punti più introspettivi.
Giornalista