Fu la notte più lunga e truce dell’intero periodo nazista. L’operazione fu guidata da Adolf Hitler che nella notte tra il 29 e il 30 giugno 1934 decise di regolare i conti con tutti i suoi ex compagni di partito e con i suoi avversari politici nell’unico modo conosciuto dai nazisti: lo sterminio. Le SS di Heinrich Himmler fecero irruzione in un albergo di Bad Wiessee, in Baviera, dov’era in corso un raduno delle SA, le squadre d’assalto naziste. Cominciarono tre giorni di sanguinose operazioni degli squadristi che, dalla Baviera arrivarono fino a Berlino, per poi espandersi in quasi tutta la Germania. Alla fine si contarono circa 200 persone uccise e oltre 1.000 arrestate. Fu così che Hitler riuscì a sterminare tutti i suoi oppositori di destra e di sinistra e tutti quelli che avevano cercato in qualche modo di ostacolarlo. Era più che determinato a non avere ulteriori ostacoli, utilizzando strategie politiche che, seppur violente e sanguinose, portarono i risultati sperati.
Da quel momento in poi, la spaccatura all’interno del partito fu molto forte, sin da quando Röhm, amico di Hitler, si oppose più volte alla rivoluzione legale del Führer, rivendicando in primis il controllo delle SA come forze nazionale e non come squadre al servizio del partito. Questo comportamento lo portò a un esilio in Bolivia, che non durò molto: Röhm fu richiamato da Hitler con il ruolo di capo di stato maggiore delle SA. La notte dei lunghi coltelli fu quello che può definirsi l’inizio di tutto l’orrore che conosciamo, ma anche la dimostrazione di quanto possa essere nocivo il populismo e il totalitarismo. La distanza che Hitler stava ponendo fra sé e Röhm coincise con il progressivo accrescimento del ruolo e del potere delle SS nel paese. Allo stesso tempo i personaggi che avevano in odio il capo delle Sturmabteilungen iniziarono ad assumere ruoli chiave nella nuova Germania: Hermann Göring fu nominato Ministro degli interni e Joseph Goebbels divenne Ministro della propaganda, mentre Heinrich Himmler inviò a Berlino un contingente di 120 uomini delle SS, al comando dello Standartenführer Josef “Sepp” Dietrich, che avrebbero dovuto costituire un’esclusiva guardia personale del Cancelliere, garantendo in questo modo quella assoluta fedeltà che le SS avevano sempre manifestato nei confronti di Hitler; a differenza delle SA che, nel recente passato, si erano dimostrate difficilmente gestibili e che, dopo la presa del potere, rischiavano di divenire incontrollabili. Le esecuzioni proseguirono fino all’alba del 2 luglio, quando Hitler vi pose ufficialmente termine. I vertici delle SA erano stati decapitati, e insieme erano stati eliminati vecchi ufficiali da sempre ostili al regime nazista e oppositori della classe conservatrice.
Giornalista