La sua indole era simile a quella di un bohèmien, uno stile raffinatissimo, elegante, ma al contempo moderno e fantasioso, frutto di una vasta cultura. Con lui si è assistito al superamento della pittura accademica e di quella impressionista di derivazione francese e
nei suoi dipinti ritroviamo una grande ricchezza di richiami culturali differenti che spaziano sia geograficamente, con continui riferimenti esotici, sia dal punto di vista temporale, collegandosi alle civiltà del passato. Nelle sue opere, inoltre, troviamo i mosaici e il preziosismo dell’arte bizantina, i fondi d’oro delle tavole gotiche, citazioni dell’arte rinascimentale italiana, con una grande attenzione alla cultura contemporanea, in particolare alle ricerche e alle scoperte scientifiche più all’avanguardia. Klimt prese stimoli dagli studi di Freud sulla psicanalisi e dalla vita vista al microsopio rivelata dalla nascente biologia, tanto da arrivare a utilizzare simboli ed elementi appartenenti al mondo della scienza inserendoli nei poetici contesti dei suoi quadri, come ad esempio in Danae. I suoi dipinti, al di là del gusto estetizzante, possiedono una profonda stratificazione di significati, sono testimoni di un’ampia formazione culturale e riflettono il contesto storico della Vienna di fine ‘800: uno scenario in continuo fermento, dominato dalle nuove conquiste della medicina e della biologia, dagli studi di Freud, da svariate teorie e ricerche scientifiche che si aprono in tutti i campi.
Oggi ricorre l’anniversario della morte di Gustav Klimt, avvenuta il 6 febbraio 1918. Figlio di padre orafo e madre appassionata di musica lirica, nacque a Vienna e il padre lo avviò all’arte fin dai primi anni di età, permettendogli di frequentare la scuola d’Arte e Mestieri viennese dove apprese svariate tecniche artistiche e si distinse per le sue capacità. Aprì poi un atelier con il fratello e un amico, ottenendo commissioni di grande prestigio come la decorazione del Teatro di Vienna e del Museo di Storia dell’Arte della città, ricorrendo a uno stile prettamente scolastico, molto vicino a quello degli artisti italiani dell’epoca rinascimentale, come Michelangelo o Raffaello.
Tra il 1900 e il 1903, l’artista cominciò a spaziare oltre le conoscenze accademiche, arricchendo e personalizzando il suo stile, fase conosciuta come il suo periodo aureo, contraddistinto da forte astrazione simbolica e dall’uso massiccio dell’oro puro in foglia oro e carta dorata, tutti elementi che ritroviamo riuniti in Giuditta I, una delle sue opere più suggestive e brillanti, esposta attualmente presso la Österreichische Galerie di Vienna all’interno del castello Belvedere, uno dei complessi artistici più importanti della città. Klimt fu un artista “multiforme”: realizzò il famoso fregio di Beethoven all’interno di Palazzo Stoclet a Bruxelles, diversi disegni, decorazioni per interni e mosaici, grazie anche a una perfetta conoscenza delle tecniche del mosaico e della lavorazione dei metalli. Determinanti per questo furono i suoi due viaggi a Ravenna del 1903 con la visita delle chiese bizantine, che lo aiutarono a perfezionare la sua tecnica. Realizzò opere polimateriche applicando più tecniche, caratterizzazione dell’arte del dopoguerra, negli anni Cinquanta. Nel 1918 di ritorno da un viaggio a Roma venne colpito da un ictus che lo condusse alla morte il 6 febbraio di quello stesso anno.
Klimt basò il proprio stile sulla linea, morbida e ondeggiante, combinando astrazione, sintesi e decorazione con grande armonia e naturalismo; fu un abile paesaggista, ma ricercato soprattutto come ritrattista di figure femminili della ricca borghesia industriale viennese che ritrasse con immagini eleganti e languide, simili a preziosi lavori di orafi che rivelano un erotismo intenso e rispecchiano il suo temperamento appassionato. La donna di Klimt è spesso presentata in posa frontale come un’icona da rispettare, da temere forse, dispensatrice di felicità, come nel quadro Il bacio, o causa di distruzione, come Giuditta I. Anche qui, l’attenzione del pittore è rivolta verso la figura femminile che incarna il male, una femme fatale che porta alla rovina e alla morte il suo amante, secondo un luogo comune della letteratura tra il 1890 e i primi decenni del ‘900. Certamente, un’idea della donna in netto contrasto con la lotta per l’emancipazione femminile e per la parità dei sessi condotta dal movimento delle “suffragette” di quegli anni.
Klimt si colloca fra i massimi artefici del Modernismo, espresso nello stile Liberty in Italia, corrente artistica che trovò diffusione in Europa e in America fra il 1890 e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, che si opponeva al contesto dell’epoca che vedeva lo sviluppo dell’industria e la standardizzazione della produzione, proponendo oggetti rigorosamente a mano, preziosi e raffinatissimi che riuniscono bellezza estetica e praticità, ponendo così le basi del design moderno. Si affermò con uno stile estremamente originale e creativo, facilmente riconoscibile grazie alla ricca ornamentazione, le forme asimmetriche e stilizzate in funzione decorativa o semplicemente simbolica e ricorrenti motivi naturalistici e floreali, desunti dall’arte cinese e giapponese. Dall’oro si passa allo smalto, dalle scaglie d’argento ad altre lamine e pietre preziose, accostate liberamente ricreando effetti di cangiantismo ed eleganza.
In foto: Le tre età della donna, Madre e figlio, 1905, olio su tela, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma
Giornalista