Il 6 novembre 2010 era un sabato che per i tecnici della Sovrintendenza ai Beni archeologici si tramutò in un’amara sorpresa, sulle antiche rovine di Pompei: si trovarono, infatti, di fronte al crollo della Schola Armaturarum, conosciuta tutt’oggi come “palestra dei gladiatori”. Causa del crollo furono delle infiltrazioni d’acqua a seguito delle abbondanti piogge dei giorni precedenti: acqua che, raccoltasi in un terrapieno alle spalle dell’armeria di via dell’Abbondanza, avrebbe fatto pressione fino al definitivo collasso della struttura. Restavano solo macerie. Nelle ore successive a tale danno, infuriarono polemiche su giornali e TV, dove si parlava di tragedia sfiorata, pensando al fatto che sarebbe potuto accadere, in pieno giorno, durante l’apertura degli scavi al pubblico; ovviamente le polemiche toccavano anche la grande perdita a livello culturale. Nelle settimane successive, quell’episodio si configurò come il primo grave campanello d’allarme sullo stato di precarietà dell’area archeologica più amata e visitata al mondo.
Innumerevoli, infatti, gli episodi analoghi: in primis i crolli alle domus, le cui immagini fecero il giro di tutti i media internazionali. In seguito, ritardarono anche i lavori di messa in sicurezza e risistemazione. L’allarme per il timore che la mancanza di monitoraggio e manutenzione potesse portare alla distruzione e alla perdita dell’antica città sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. fece scattare, più tardi, una nuova presa di coscienza di trovare risorse per salvaguardare il sito patrimonio dell’umanità.
Il 3 gennaio del 2019, dopo tre anni di restauri e di messa in sicurezza dell’area e lavori realizzati con i fondi del Grande Progetto Pompei, il monumento ha riaperto al pubblico con un racconto da parte dei restauratori in cui è stato illustrato il minuzioso intervento effettuato sugli affreschi e gli ambienti retrostanti, oggetto dell’ultima campagna di scavo che ha contribuito a chiarire la funzione di questo edificio. La Schola Armaturarum, infatti, ritenuta solo una palestra per gladiatori, in seguito si è rivelata sede di rappresentanza di un’associazione militare, come si può dedurre dalle decorazioni e dal rinvenimento di armi custodite al suo interno e oggetti che ne testimoniano i banchetti e le cerimonie che si celebravano. Edificio costruito negli ultimi anni di vita della città distrutta dal Vesuvio, fungeva da luogo di riunione di un’associazione di stampo militare, in cui i giovani venivano addestrati alla lotta e alle arti gladiatorie. Altra funzione era quella di deposito per le armi, come testimoniano le numerose armature rinvenute al suo interno dopo la scoperta. Prima di diventare una struttura militare, la Schola era adibita a casa. L’indagine della Procura non ha individuato cause o responsabilità del crollo del 2010, ma il peso morale dello sbriciolamento della Schola Armaturarum cadde sull’allora ministro ai Beni Culturali, Sandro Bondi, al punto da determinarne le dimissioni.
Giornalista