Domenico vive in uno dei paesi dichiarato “zona rossa” a causa dell’elevato numero di contagi legati soprattutto al focolaio nella casa di riposo “Madre Teresa di Calcutta”. Siamo in provincia di Campobasso, a Cercemaggiore. Domenico lotta da un mese contro il nemico del momento, il Covid-19: lo aveva scambiato per una banale influenza, di lì il ricovero in ospedale e la sua odissea, quando le sue condizioni di salute sono precipitate al punto tale che ha temuto di non farcela. Oggi per fortuna sta meglio e ha potuto raccontare la sua storia, con una lettera pubblicata sui social, ammonendo chi si sta rilassando, in vista della fase 2 e con il lieve alleggerimento delle restrizioni.
“Fate attenzione, rispettate le regole ed evitate di riunirvi come facevate prima dell’emergenza. Sono stata una persona molto scrupolosa sin dall’inizio dell’emergenza in Italia, sia io che la mia famiglia. Nonostante abbia rinunciato alla vita sociale e preso tutte le dovute precauzioni, purtroppo ho contratto il virus. Avendo vissuto in prima persona questa esperienza, posso affermare che non si tratta di una semplice influenza, non sono da sottovalutare la sua contagiosità e i rischi che corrono le persone che lo contraggono e che già hanno altre patologie, e coloro che lo contraggono in maniera forte. Purtroppo non è possibile stabilire in autonomia se si è affetti da questa malattia o se si tratta davvero di una semplice influenza dato che i sintomi iniziali sono identici fino all’insorgere delle complicazioni. Inizialmente anch’io pensavo fosse solo una banale influenza di stagione, o forse più che altro era una speranza. Avvertiti i primi decimi di febbre, non ho sottovalutato la situazione e per il bene di tutti sono rimasto a casa per più giorni seguendo le procedure indicate dal mio medico di famiglia, evitando così il diffondersi del virus. Pur essendo io una persona forte, come molti di voi sanno, posso dirvi che la morte non è poi sembrata così lontana. In quelle interminabili giornate passate in ospedale, soprattutto i primi giorni quando vedevo la mia cassa toracica sollevarsi ma l’aria non entrava nei polmoni, come quando li sentivo inondarsi dell’aria del cielo di Cerce, mi sentivo come un pesce boccheggiare fuori dall’acqua, passavo il tempo ad osservare e riflettere oltre che a parlare con la mia famiglia e gli amici che mi hanno contattato, sostenuto e dimostrato la loro vicinanza”.
Giornalista