Giovedì Santo, l’ultima cena e le tradizioni

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Il Giovedì Santo è l’ultimo giorno di Quaresima, in cui si celebra il rito della benedizione degli olii santi durante la Messa del Crisma, ricordando l’ultima Cena del Signore dando così inizio al Triduo Santo. Nella Chiesa, ma anche nella società e nella quotidianità, una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura è “solidarietà”, cioè mettere a disposizione, dare a Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda, porterà frutto. La fonte e il fulcro di questo dono per la Chiesa e per ogni credente è la Mensa Eucaristica nella quale la comunità radunata nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito, ripete il gesto compiuto da Gesù con l’istituzione del Sacramento dell’Altare. Ecco, il Giovedì Santo si rievoca, principalmente, l’Ultima Cena di Gesù Cristo con i suoi Apostoli. Il comando di Gesù rivolto ai suoi discepoli si prolunga poi nel segno della lavanda dei piedi, tanto che lo stesso Maestro e Signore dice ai suoi commensali: “Vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io facciate anche voi”. Atto d’amore che si traduce nel servizio incondizionato, sino al dono della vita, ai fratelli. Dall’Eucaristia e dalla solidarietà la Chiesa trae la sua origine permanente e all’Eucaristia e al saper donare essa deve fare ritorno in ogni istante della sua esistenza e della sua missione perché possa essere e crescere secondo il pensiero e il disegno di Dio.

LE TRADIZIONI. Nel Regno Unito il Giovedì Santo è il momento in cui la Regina procede alla tradizione del Maundy Money, visitando diverse cattedrali e distribuendo agli anziani delle monete d’argento che hanno valore legale ma non possono circolare. Spesso vengono fatte anche donazioni ai poveri con denaro ordinario. In Russia è il giorno sfruttato per le grandi pulizie e proprio il Giovedì Santo non si deve prestare denaro, poiché pare porti sfortuna. Si dice, inoltre, che contare tre volte il denaro in casa, il Giovedì Santo, garantisca lunghi periodi di prosperità. In quanto alla cucina, un piatto legato a questo giorno Santo è il greco Tsoureki, un pane dolce che conosce piccole variazioni nelle regioni circostanti, mentre in Italia si usa il pane con l’uvetta, simbolo di rinascita dopo la morte, in quanto si tratta di uva fresca essiccata, e basta immergerla in acqua per rigenerarla. Sempre in Italia, tradizionali sono la pizza dolce delle Marche, la resta comasca e il pan di ramerino, un pane dolce con l’uvetta, olio extra vergine di oliva e rosmarino.


A Napoli si prepara la zuppa di cozze, più propriamente detta a zupp’ ‘e cozze, una tradizione le cui origini sono da ricercare nel periodo di Ferdinando I di Borbone, amante dei frutti di mare e soprattutto di cozze, che aveva l’abitudine di pescare personalmente e far cucinare. Il frate domenicano Gregorio Maria Rocco, fece però promettere al regnante che almeno nella Settimana Santa, non avrebbe ecceduto nei peccati di gola, e quindi avrebbe evitato di consumare tali prelibatezze. Ferdinando, però, non voleva in alcun modo rinunciare alle sue gustose cozze e trovò un sotterfugio per poterle continuare a mangiare, ordinando alla propria servitù di cucinarle in modo semplice, ossia con salsa di pomodoro e olio di peperone piccante. Una ricetta più umile e più vicina alle istanze che la Settimana pasquale richiede.