San Luigi Gonzaga, protettore di giovani e appestati

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Ricorre oggi la celebrazione di San Luigi Gonzaga, uno dei patroni della gioventù, giovane gesuita solitamente ritratto mentre contempla l’elegante crocefisso che tiene con le sue mani sottili e curate. Spesso, accanto a lui, troviamo un giglio, simbolo della sua castità religiosa. Immagini importanti che però oscurano il lato ribelle del giovane. Nacque a Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, da un ramo di una delle più potenti e importanti famiglie del Rinascimento italiano. Suo padre era marchese di Castiglione mentre sua madre era dama di compagnia della moglie di Filippo II di Spagna. Luigi era il primogenito, maschio, e in lui erano concentrate le speranze del padre per il futuro della famiglia. Era piccolo e già riceveva in dono armi giocattolo, accompagnando suo padre nelle esercitazioni militari, imparando importanti parole dai soldati, con grande costernazione della sua nobile famiglia. Tutto ciò perché Ferrante era molto ansioso di preparare il figlio al mondo degli intrighi politici e delle imprese militari tanto da procurare al bambino un’armatura della sua taglia e da tenerlo accanto a lui mentre passava in rivista le truppe.

Ancora piccolo, molte volte fu veduto dai servi e dalla stessa madre in un angolo remoto del palazzo assorto in preghiera e, all’età di sette anni, Luigi cominciò a manifestare altre idee e decise di essere poco interessato al mondo di suo padre, attratto da un tipo di vita molto diverso. Nonostante ciò, Ferrante era entusiasta al pensiero di rendere Luigi erede del marchesato e nel 1577 lo mandò, assieme a suo fratello Rodolfo, alla corte di un amico di famiglia, il granduca di Toscana Francesco de’ Medici, dove i due giovani avrebbero dovuto acquisire la maniere necessarie per ben figurare nella corte. Luigi però, si sentiva sempre più lontano da quel mondo e si rifiutò di partecipare a quello che considerava un ambiente corrotto. A dieci anni fece voto privato di non offendere mai Dio con il peccato, avviandosi seriamente alle pratiche religiose, spesso molto severe, che tutt’oggi lasciano perplessi i nostri storici contemporanei. Digiunava a pane e acqua tre volte la settimana, si alzava a mezzanotte per pregare sul pavimento di pietra della sua stanza, in cui non voleva fosse acceso nessun fuoco, nemmeno nelle notti più fredde. Era molto preoccupato di mantenere la sua castità e di salvaguardare la sua modestia: teneva gli occhi costantemente a terra in presenza delle donne e non permetteva né al suo valletto né a chiunque altro di vedere i suoi piedi nudi.

Queste pratiche oggi vengono viste come segni di disumanità ma bisogna ricordare che, all’epoca, la pietas cattolica le raccomandava fortemente e che Luigi era davvero molto giovane e, come molti, era trasportato da un entusiasmo adolescenziale più che da considerazioni di persona matura. Un aspetto fondamentale è che Luigi non aveva modelli religiosi. Gli mancava una guida adulta, andando troppo in là nel suo tentativo di essere santo. Quando gli venne in mente l’idea del sacerdozio, non aveva ancora fatto la prima comunione e così fu preparato dal cardinale per riceverla. Durante un viaggio a Madrid con il padre, ebbe un confessore gesuita e decise di diventarlo anch’egli, ma il suo confessore lo avvertì che, prima di entrare nel noviziato, avrebbe dovuto chiedere il permesso di suo padre. Quando Luigi, sedicenne, parlò con suo padre, Ferrante ebbe un accesso d’ira e minacciò di frustarlo. Di tutta risposta, lo riportò in Italia e lo mandò per diciotto mesi in giro per le corti assieme a suo fratello; eppure, al suo ritorno, Luigi non aveva ancora cambiato idea. Di fronte a tale perseveranza, Ferrante diede finalmente il suo beneplacito e Luigi rinunciò alla sua eredità in favore del fratello Rodolfo, partendo per Roma.

Nei successivi due anni divenne un novizio ideale. Quando scoppiò l’epidemia di peste a Roma, raccolse elemosine per le vittime e cominciò a lavorare con i malati, a togliere dalle strade chi stava morendo e a portarli nell’ospedale fondato dai gesuiti; lì lavava e dava da mangiare ai malati e li preparava meglio che poteva a ricevere i sacramenti. Eppure, in privato, confessava al suo direttore spirituale, Roberto Bellarmino, che gli rivoltava la vista e l’odore dei malati. Un giorno, Luigi sollevò un malato dal suo lettuccio, lo medicò, poi lo rimise steso. Quell’uomo era appestato: Luigi si ammalò e si mise a letto. Era il 3 marzo 1591, era giovanissimo. Per un brevissimo periodo si riprese, poi la febbre e la tosse ricominciarono e andarono avanti per settimane. Mentre pregava, ebbe il presentimento che sarebbe morto nel giorno del Corpus Domini, e quando quel giorno arrivò, agli amici che erano con lui apparve migliorato rispetto ai giorni precedenti. La sera arrivarono due sacerdoti a dargli la comunione.

Al Metropolitan Museum of Art di New York è esposto un colossale dipinto del Guercino che mostra allegoricamente il momento della decisione di Luigi di intraprendere la strada che aveva sempre desiderato. Grazie ai ritratti contemporanei conosciamo abbastanza bene il suo volto e il Guercino lo ritrae con il lungo naso e il volto magro dei Gonzaga. Sotto un arco marmoreo e un gruppo di cherubini e serafini che suonano e cantano vediamo Luigi, con una talare gesuita nera e una cotta bianca che osserva assorto un angelo davanti a un altare, che indica un crocefisso. Lontano sullo sfondo, sta il castello di suo padre. Ai piedi di Luigi un giglio, simbolo della castità. Dietro di lui, per terra, la corona del marchesato, che il giovane cedette. Sopra di lui scende un cherubino che pone sulla testa di Luigi un altro tipo di corona, quella della santità.