Ucraina: sos della filiera dei cereali per blocco esportazioni

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Comunicato Stampa – Agrisemi Minicozzi

Minicozzi: “Necessario che UE rimetta nel circuito produttivo superfici non coltivate”

 “La guerra sta portando al tracollo delle filiere agricole di qualità che, con tanta, difficoltà si sono affermate negli ultimi anni. La politica deve trovare soluzioni che nel breve periodo riducano la pressione del caro prezzi sulle aziende agricole che in pochi mesi hanno visto aumentare i concimi fino ad oltre il 130% e il gasolio di circa il 100%. Nel lungo periodo bisognerà pensare a come rimettere nel circuito produttivo tutte quelle superfici che la politica dell’UE consente di non coltivare e che in queste ultime settimane sembrano non avere più ragione di esistere alla luce della crisi alimentare che si sta paventando in diversi paesi europei”. È  l’sos dell’azienda Agrisemi Minicozzi, simbolo dell’alluvione del 2015 che colpì duramente l’area industriale della città di Benevento, che da da sempre collabora con la Barilla S.p.A. fornendo grano duro e grano tenero con determinati standard qualitativi.

“Le quotazioni di mercato del frumento duro e del frumento tenero – dice Antonio Minicozzi, amministratore dell’azienda – negli ultimi mesi dello scorso anno avevano indotto numerosi agricoltori a pensare di incrementare le superfici aziendali destinate alla coltivazione dei cereali, nella speranza che con il nuovo raccolto i prezzi rimanessero sostenuti. In realtà, nonostante il presupposto degli elevati prezzi di vendita della granella, le superfici investite a cereali hanno mostrato solo una lieve crescita nell’annata agraria 2021-2022,contrariamente a quanto ipotizzato ad inizio campagna. Tale situazione è dipesa sia dagli elevati prezzi dei principali fattori produttivi (sementi, gasolio, concimi, fitofarmaci, etc.), che hanno caratterizzato il mercato già in fase di semina e che hanno scoraggiato alcuni imprenditori agricoli, sia dalle avverse condizioni climatiche che si sono verificate tra novembre e dicembre nel Sud Italia che hanno reso difficili le operazioni di semina. Nei mesi successivi alla semina, i prezzi di concimi e fitofarmaci hanno continuato a crescere e con l’avvio del conflitto tra Russia e Ucraina e il conseguente aumento di gas e petrolio (il gasolio agricolo, ormai sfiora 1,20 €/litro) sembrano ormai correre in maniera incontrollata e inarrestabile. Una fase congiunturale, come quella descritta, con il costante aumento dei prezzi dei principali fattori della produzione utilizzati in agricoltura sta spingendo il settore agricolo verso una profonda crisi che almeno nell’immediato non vede una soluzione. L’agricoltura italiana, più di altre agricolture continentali, risente di questa situazione in quanto attanagliata da atavici problemi di tipo strutturale (aziende di dimensioni estremamente piccole e scarsamente aggregate) o dal problema della scarsa liquidità che in un regime di prezzi come quello attuale non consente di acquistare tutti i fattori produttivi in quantità sufficiente ai bisogni aziendali. Alla luce di quanto esposto – continua Minicozzi – la crisi non sembra avere una rapida soluzione e ha evidenziato che in Italia esiste un falso mito, quello del cibo ‘100% italiano’. Con questa crisi il nostro Paese si è scoperto autosufficiente per alcune produzioni alla base della nostra dieta quali: cereali (grano tenero, grano duro, orzo e mais), legumi (cece e lenticchia), latte e carne bovina, solo per citare le filiere di maggiore importanza.

Tra le tante filiere messe in crisi dalla guerra e dal caro prezzi una di quelle che sta pagando maggiormente gli effetti della situazione sopra descritta è sicuramente quella dei cereali con gravi ripercussioni nel settore della trasformazione (molini, mangimifici, panifici, e pastifici) che nelle ultime settimane ha visto azzerarsi le importazioni in Italia di cereali (mais e grano tenero in primis). Infatti, il blocco delle esportazioni dall’Ucraina,da cui dipendiamo fortemente per l’approvvigionamento di frumento tenero e mais, potrebbe nelle prossime settimane portare alla chiusura degli impianti di trasformazione, non garantendo più la produzione di semole, farine o mangimi ad uso zootecnico (contribuiscono a questa situazione anche le manovre speculative che i grossi trader internazionali stanno mettendo in atto a seguito dei consistenti aumenti settimanali  del prezzo dei cereali)”. “Altro grosso problema creato da questa situazione di crisi, che almeno in questa fase colpisce più direttamente le aziende agricole – aggiunge ancora Minicozzi  – riguarda l’aumento del costo del gasolio e dei costi dei fattori della produzione che sono diventati insostenibili ed influiranno inevitabilmente sulle scelte degli imprenditori agricoli nelle prossime settimane. A tal riguardo, basti pensare a quanto sta avvenendo nel campo dei fertilizzanti che hanno subito rincari di oltre il 100% (lo scorso anno un quintale di urea costava circa 35,00 euro/quintale, ora lo stesso prodotto supera gli 80,00 euro/quintale)”. Negli ultimi giorni questa situazione è andata ulteriormente aggravandosi ed ormai i rivenditori di prodotti per l’agricoltura non vengono più riforniti e quindi non sono più in grado di soddisfare le richieste degli imprenditori agricoli in termini di concimi da fornire. In cerealicoltura la fertilizzazione è un cardine della produzione di qualità. Senza tale intervento colturale le piante non si sviluppano in maniera adeguata, producono poco ma soprattutto produrranno una granella con scarse caratteristiche qualitative”. “Il perdurare di questa situazione finirà per distruggere il lavoro fatto sui territori in oltre 20 anni di attività”, conclude Minicozzi.