Ancora un viaggio nei sapori del Sannio, questa volta spostandoci nel territorio del Titerno, precisamente a San Salvatore Telesino. Lo struppolo è un rustico dall’aspetto tondeggiante, oblungo e ruvido che si distingue per il suo colore dorato, dato certamente dall’olio dell’impasto e da quello della cottura. Farina, olio extravergine d’oliva, uova, sale, pepe, sono i principali ingredienti di questa delizia dell’entroterra sannita.
Non è facile stabilirne origini e tradizioni, certo è che lo struppolo conserva le caratteristiche della cultura popolare e contadina. E con ogni probabilità la sua nascita, antichissima, risale alla cultura sannitica, o forse a quella romana, ed è estremamente simile al crustolo, dolce calabrese di cui riprende la tradizionale forma.
Una epigrafe trovata negli scavi archeologici dell’antica Telesia, conservata presso il Museo Civico Archeologico di San Salvatore, ci parla proprio di un banchetto a base di mulsum et crustulum, da cui l’ipotesi della sua provenienza.
Non è molto corretto parlare di cucina povera: troppe infatti sono le uova necessarie e tanto l’olio, a celebrare abbondanza e ricchezza, come nei banchetti più sontuosi. La ricetta viene tramandata di famiglia in famiglia, dalle nonne alle mamme fino ai nipoti. La preparazione è sempre la stessa, ma certamente ogni famiglia ha una piccola accortezza, una minima variante che fa sì che il sapore unico spesso si differenzi dagli altri preparati.
È in corso, da tempo immemore, una diatriba sulla necessità o meno di aggiungere il lievito all’impasto. Che esso venga utilizzato o no, una cosa è certa: i rustici che se ne producono si rivelano sempre saporiti e deliziosi, specialmente quando vengono accompagnati da salumi e formaggi (specie il prosciutto crudo) e da un buon vino che tolga la sete. Questo, a dire il vero, è essenziale: nel gergo di San Salvatore Telesino, lo “strupp’l adda ndurzà nganna” e deve invitare a bere.
Giornalista