Cari bambini, vi canticchio una canzone e sono sicura che, mentre lo faccio, lo state facendo anche voi con me: “Una mattina, mi son svegliato, oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao! Una mattina mi son svegliato, e ho trovato l’invasooor…”. Sono certa che la maggior parte di voi la conosca, forse l’avete imparata a scuola, forse ve l’hanno insegnata i vostri nonni. Ma chi la cantava? E perché in questi giorni la sentiamo continuamente? Dovremmo chiederlo ai nostri nonni o alle nostre maestre. Già, magari proprio le nostre insegnanti lo hanno fatto negli anni passati o in questi giorni tramite la didattica a distanza. Dovremmo chiederlo a coloro che, nel 1943, durante la Seconda guerra mondiale, presero le armi per liberare l’Italia da fascisti e nazisti, dando vita alla Resistenza.
Dal 1925, il fondatore del Partito Fascista, il duce Benito Mussolini, instaurò una dittatura in Italia, imponendo delle leggi a cui nessuno poteva opporsi, e che nessuno poteva nemmeno criticare. Nel 1939, il capo del Partito Nazista, il tedesco Adolf Hitler, diede inizio alla crudele Seconda guerra mondiale e l’anno successivo il Duce scese in campo al suo fianco. Nel 1943 il nostro Paese si trovò diviso in due: le truppe americane e inglesi cominciarono dal Sud a liberare l’Italia dai Fascisti e dalle truppe tedesche che avevano occupato il territorio. Al Nord, invece, Mussolini fondò uno Stato, la Repubblica Sociale Italiana, per governare i territori sotto il controllo tedesco. Fu specialmente lì che molti italiani decisero di opporsi a questa occupazione diventando dei partigiani. I partigiani erano persone comuni: contadini, operai, studenti, parroci, padri di famiglia, persone di ogni tipo, ceto, istruzione, cultura, che si organizzarono nel movimento di Resistenza agli invasori di cui parla Bella ciao, diventata la canzone simbolo di quella lotta. I partigiani si nascondevano fra i monti, erano lì a trovare rifugio negli Appennini, e le donne avevano un compito importantissimo, li aiutavano a mantenere i contatti, portavano loro messaggi o ordini, a piedi o anche in bici. Ognuno aveva un suo compito, un nome di battaglia e una propria brigata.
Nel 1945, a metà aprile, i partigiani proclamarono l’insurrezione generale e cominciarono una serie di attacchi per liberare le maggiori città. I combattimenti proseguirono fino all’inizio di maggio ma, fin dal 1946, la Festa della Liberazione si celebra il 25 aprile, cioè il giorno in cui le città di Milano e Torino furono liberate dall’occupazione straniera. Già, perché il 25 aprile 1945 i tedeschi e i fascisti furono sconfitti. Mentre gli americani e gli inglesi avanzavano verso Nord, in tutte le città occupate i partigiani si ribellarono per cacciare gli stranieri e abbattere la dittatura. Fu un momento di grande gioia, la guerra finì, una guerra terribile, nemica, assassina, che aveva tolto la vita a tantissime persone, aveva portato la morte in tante le famiglie, e l’Italia tornò libera. Perciò, perché ogni anno il 25 aprile facciamo festa? Per ricordare da dove viene la libertà del nostro popolo.
Giornalista