Riceviamo e pubblichiamo – Prof. Gino di Vico
Gli “Inciarmatori” di cui parla De Blasio, non trovano posto nella bassa magia cerimoniale capace di guarire attraverso la combinazione di pratiche e riti esoterici di natura benigna o maligna che sia. Essi, per come vengono presentati e per la natura dei mali che sono in grado di guarire, non sembrano ascrivibili alla schiera di jettatori, fattucchieri, occhiarole, ecc…, tipici del “mondo magico” ma piuttosto sembrano “normali” seguaci di Galeno che avendo appreso o ricevuto in linea ereditaria una serie di conoscenze (spesso in maniera confusa ed incompleta), di medicina naturale che oggi diremmo “omeopatica”, si elevavano in maniera “furbesca” a guaritori buoni per ogni necessità: “La medicina durante l’occupazione dei barbari era in Italia tenuta come un’arte abietta tanto che, durante l’occupazione dei Visigoti, passò addirittura nelle mani di ignobili speculatori e di uomini dediti ad ogni vizio. Il nome di medico era deriso e l’arte d’Esculapio dai dotti ed onesti passò nella schiera degl’impostori.”… Le operazioni nelle quali i nostri inciarmatori si dichiarano maestri sono non solo gli esorcismi per guarire i dolori di denti e le diverse coliche, perché, alcuni di essi, portano anche il primato di saper diagnosticare e di applicare la terapia ad altri malanni. Ecco una parte di formulario terapeutico ricavato dalla clinica di questi nostri esaminati.
SCAZZIMMA (blefarite ciliare). Lavare gli occhi dell’infermo con acqua di pozzo di campagna.
FORMELLE (cateratta). Strofinare sulla cornea di chi è affetto da cateratta fiele di gallo bianco sciolto in tre tazzoline di aceto bianco.
AFFRUSIONE (congiuntivite). Passare, per tre volte, sulle palpebre dell’infermo un anello di oro nel quale sia incastrata la corniola.
CIAMMUORIO (corizza). Far pervenire nelle cavità nasali del sofferente del fumo di paglia di grano.
QUATARRO DI PIETTO (bronchite). Bruciare stoppa ed unghie di cavallo ed applicare sul petto dell’ammalato la cenere che si ottiene dalla detta combustione.
PURMONITE (pulmonite). Dar da mangiare all’infermo il cuore di tasciola (tasso).
VRICCELLE CADUTE (pleurite). Mettere sulla parte dolente del pleuritico un cataplasma di ortiche cotte.
‘NOLARCHIA (itterizia). Far bere al sofferente decotto di ceci neri frammisto a polvere di mattoni vecchi.
VERMINI INTESTINALI. Applicare sulla regione ombelicale del mentastro pesto.
SCIATICA. Mettere sulla parte dolorifica l’erba di souce muzzillo (?)
FERITE. Coprire la lesione con una pezzuola bagnata in olio di scorpione.
RAGGIA (Rabbia). Mettere sulla parte sanguinante i peli dello stesso cane.
DEFICIENZA DI LATTE. Sospendere al collo della donna che da il latte un corallo di agata.
DENTIZIONE DIFFICILE. Circuire il polso del bambino con una coroncina di vetro cilestrino.
ECZEMA. Far pervenire sulla parte malata delle scintille di fuoco ricavate dalla pietra focaia e da un pezzo di acciaio.
DOLORI ARTICOLARI. Circuire il collo del piede dell’infermo con un avanzo di rete da pescatore.
PORRI. Strofinare la parte con schiuma di ciammarruche (lumache).
MAL DI LUNA (epilessia). Punzecchiare l’ammalato durante le convulsioni in modo da cacciargli un mezzo rotolo di… sangue.”
Lo scritto si presta, per la sua natura, a delle considerazioni: l’inciarmatore guardiese appare come una delle tante figure di guaritori, tipici della “civiltà contadina” a cui si faceva riferimento prima dell’avvento dei medici condotti e della medicina in generale che quand’arriveranno, dovranno farsi spazio a fatica tra superstizioni, ignoranza e credulità (è emblematica l’esperienza lucana di Carlo Levi nel “Cristo si è fermato ad Eboli”). L’inciarmatore, almeno per quello che si legge, non usava per curare rimedi ritenuti magici e spesso malefici come intrugli, pomate, pozioni, fatti con polvere di ossa umane, ostie sconsacrate, sangue mestruale, peli pubici e altro elemento a valenza simbolica, ma piuttosto, in osservanza alla magia simpatica, cose, oggetti, parti vegetali o animali, e per quanto De Blasio ne dia un giudizio pesantemente negativo, fatte le dovute eccezioni, erano preparati che potremmo considerare come “placebi”: Se non guarivano, nemmeno facevano male e l’inciarmatore era lo zi’Ntonio, zi’Francisco (vissuto fino ad’ieri) che abbiamo incontrato nella nostra infanzia perhè ci togliesse “ porri”, “malocchio” “vermi” e per quella che era la più classica delle cure “la chiara d’uovo” per ricalcificare le “ossa rotte” !