Sannio, terra di vini. Sembra scontato dirlo, eppure è un fenomeno riconosciuto in ogni dove, soprattutto se si butta l’occhio sul panorama vitivinicolo italiano. Se vogliamo dirla tutta, il Sannio ha fatto parlare molto di sé anche a livello internazionale, grazie ai suoi pregiati vini. E se il più delle volte ci soffermiamo a parlare della regina della viticoltura sannita, la Falanghina, oggi voglio raccontare del vitigno Aglianico e del Camaiola, un vitigno autoctono della Valle Telesina, entrambi con una bella storia da narrare.
L’Aglianico, anche soprannominato Barolo del Sud, ha origini molto lontane nel tempo e molto difficili da stabilire. La più probabile delle ipotesi è che esso sia arrivato nella nostra terra per merito dei greci, con il nome Hellenico. Perché allora chiamarlo Aglianico? Sembra che questa sia proprio la pronuncia spagnola della parola Hellenico, data la dominazione degli Aragonesi nel meridione. È pur vero, secondo uno studio glottologico di Michele Carlucci, che solitamente si parla di vitigni greci, e soltanto in questo caso di parlerebbe di vitigno ellenico. Come mai? Cosa ci sarebbe di diverso da questo vitigno ellenico e gli altri greci? Sempre a proposito della dominazione aragonese, dunque, lo studioso ipotizza un apporto della lingua spagnola “perché in Spagnolo la doppia l (ll) si pronuncia come la “gli” degli italiani”, sicché la forma –glianica deriverebbe dallo spagnolo –llano cioè “il piano, la pianura”. Per cui, quindi, l’Aglianico dovrebbe essere una delle viti latine la cui coltivazione era praticata non solo nelle aree pianeggianti, ma praticamente dappertutto in Campania. Un vino dalle fortissime e riconosciute proprietà qualitative, non a caso il paragone col grande Barolo. La Campania, oltre alla Basilicata, vanta una eccellente produzione di questo vino rosso rubino, elegante e corposo, dal gusto intenso. Il suo vitigno, vulcanico, predilige terreni argillosi e di colline ventilate, ma non vuole il freddo rigido o il caldo eccessivo. Un clima mite, temperato, ventoso.
Altre regioni in cui la produzione vitivinicola dell’Aglianico è discreta sono la Calabria, la Puglia, il Molise e l’Abruzzo La particolarità dell’Aglianico è che per poter dare il massimo della sua resa ha bisogno di tempo per invecchiare, tempo quantificabile in almeno tre anni. Tre sono le tipologie conosciute dell’Aglianico, che vantano il marchio DOCG, prodotte tra la Campania e la Basilicata. In quest’ultima troviamo l’Aglianico del Vulture DOCG. La Campania spazia tra l’Irpinia e il Sannio: in provincia di Avellino si trova il Taurasi DOCG, mentre la bandiera sannita è rappresentata dall’Aglianico del Taburno DOCG, prodotto nelle tipologie Rosso, Rosso riserva e Rosato. Un vino che viene considerato come ottimo accompagnamento di piatti invernali, intensi e gustosi, come la carne bianca ma soprattutto rossa, la selvaggina e i preparati al forno. Non solo: un buon bicchiere di Aglianico può accompagnare piatti di formaggi stagionati, ma anche di salumi locali. Oltre all’areale del Taburno, l’Aglianico è prodotto protagonista di zone quali Sant’Agata dei Goti, Solopaca e Guardia Sanframondi.
Barbera del Sannio: possiamo immaginare il vino Barbera in Campania? Certo che no, e infatti non stiamo parlando di Barbera. Nulla a che vedere con il vitigno piemontese, ma con la Camaiola. Un vitigno tipico della Valle Telesina, in particolar modo del piccolo borgo di Castelvenere. Un’uva che in passato veniva utilizzato per il suo colore intenso, ora per fortuna per soddisfare palati esigenti. Si tratta di un vitigno autoctono, che merita il rilancio, ovviamente col suo nome, Camaiola, terzo per ordine di importanza nello scenario produttivo dei vini rossi sanniti. Un colore rosso rubino intenso, con evidenti riflessi violacei. Parlando di Castelvenere, bisogna ricordare che suo il territorio è altamente coltivato a vigneto, tanto da ritenerlo il comune più vitato della Campania. In passato, l’uva barbera non si prestava al trasporto, presentando un grappolo delicato, che una volta raggiunta la maturità, perde facilmente gli acini. Pertanto rimaneva in loco, dove i contadini la vinificavano esclusivamente per uso proprio. All’epoca, gli abitanti del paese, quando parlavano del vino di Castelvenere, si riferivano esclusivamente al vino Barbera. C’è però da dire che la Barbera piemontese era certamente più conosciuta, aveva addirittura fama internazionale. Fu probabilmente questo il motivo per cui si scelse lo stesso nome per il vitigno autoctono castelvenerese, un modo per poterlo rendere più appetibile all’occhio del commerciante, grazie a un appellativo che in realtà rispecchiava la fama di un altro vitigno. Il vitigno barbera piemontese, infatti, diffuse la propria fama ovunque, anche nel Sannio, fino ad arrivare a una notevole coltura californiana, grazie a un elevato numero di barbatelle lì trasportate da emigranti piemontesi. Fu questo il motivo per cui, nello stesso periodo, a Castelvenere scomparve il nome Camaiola e si diffuse Barbera. Ecco, dunque, il vino Barbera Beneventano IGT e in seguito la denominazione DOC Sannio. La Camaiola è un vino molto leggero e piacevolmente bevibile, radicato al suo territorio, dagli acini piccoli, con una buccia molto delicata, da accompagnare a primi piatti, carni rosse, formaggi semi stagionati.
Giornalista