Lo ammetto, non ho resistito. Solitamente mi occupo di storia, cultura e tradizioni sannite, ma salsicce e friarielli è un cult della nostra regione e anche in casa Sannio sappiamo prepararla benissimo. Una ricetta che parla della terra, della ruralità, della genuinità dei nostri prodotti, e che solitamente associamo a Napoli. E oggi è proprio di questa antica tradizione partenopea che voglio raccontarvi. Leggete fino in fondo e segnatevi la ricetta.
Un connubio perfetto, dicevamo, quello delle salsicce e dei friarielli, che ricorda il mangiare rustico e territoriale. Pare che il primo abbinamento di questi due ingredienti sia stata una idea di un ambulante partenopeo che, non avendo un contorno da abbinare alla salsiccia di maiale, decise di provare ad accostarle con le cime di rapa a foglia verdi che crescono nell’areale del Vesuvio, amarissime e spesso difficilmente abbinabili.
Secondo alcuni, i friarielli devono il loro nome al castigliano “rio-grelos, ossia dei broccoletti invernali. Altri, invece, fanno derivare il nome dal verbo napoletano frijere, “friggere”. Certamente sono considerati una verdura povera: pare che i cuochi reali considerassero le cime di rapa degli scarti e proprio perché i poveri tendevano a non buttare via nulla, riutilizzavano proprio questi “scarti”. Nel periodo di maggior povertà, infatti, le popolane napoletane, soprannominate zandraglie, si recavano nelle cucine dei nobili, dove i Monsù, ovvero i cuochi d’Oltralpe, elargivano avanzi di cibo. Tra questi, di animali, scarti di verdure, cime di rapa. Era un modo per far fronte alla fame e ci si accontentava di tutto. Le rape venivano poi mondate, ossia si ripulivano delle parti non adatte alla frittura, in seguito lavate e, ancora bagnate, gettate in padella insieme allo strutto, l’aglio, il sale e il peperoncino rosso piccante. Oggi, specie nelle zone più rurali, lo strutto ha ceduto il testimone all’olio extravergine d’oliva, prodotto più genuino e saporito. Tra l’altro, l’olio evo risulta essere più stabile alle alte temperature necessarie per friggere. I friarielli sono ottimi come contorni ma come si dice a Napoli: “A sasicc è a mort d’ ‘o friariell“.
La coltivazione del friariello avviene soprattutto in Campania, particolarmente nelle zone di Afragola, Aversa, Caivano, Cardito, Casoria e Sant’Antimo. Anche le zone più collinari coltivano i friarielli, per cui ecco le province di Benevento e Avellino, ma anche la piana del Sele, verso Salerno. Oltre un secolo fa, le zone napoletane di Posillipo e del Vomero erano famose per i loro friarielli. Il Vomero veniva infatti appellato “o colle d’ ‘e friarielle”.
Il panino salsiccia e friarielli a Napoli è di casa: lo si può consumare per strada, in antichi capannelli, a mo’ di street-food. Il suo odore è inconfondibile: si disperde in vicoli e viuzze, un po’ come quando dalle nostre cucine si diffonde in tutta l’androne del palazzo. Qualcuno forse storce un po’ il naso, ma l’odore, come il deciso sapore, è poesia unica.
INGREDIENTI: 4 fasci di friarielli, 4 salsicce, 2 spicchi d’aglio, olio extravergine d’oliva q.b., peperoncino e sale q.b.. PREPARAZIONE: mondare i friarielli, eliminando i gambi e le foglie più dure. Lavarli accuratamente e farli sbollentare in acqua per cinque minuti. In una casseruola mettere l’olio, soffriggere l’aglio, e far friggere i friarielli, salandoli quanto basta. In una padella friggere le salsicce bucherellandole con la punta di una forchetta. Unire i due ingredienti, amalgamandoli bene e servire caldi.
PS: fate attenzione. Si chiamano friarielli e non friarelli. Se infatti togliamo la i, diventano dei peperoni verdi nani dolci, ottimi da friggere, in ogni caso. Ma questa è altra storia e vi dedicherò un articolo a parte!
Giornalista