Immagini dal Sannio: Bovianum, antica capitale sannita dalle origini leggendarie

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Veduta di Bojano, foto di copertina di Oscar Vignone

Samnitium quos Sabellos Graeci dixere, colonia Bovianum Vetus et
alterum cognomine Undecumanorum, Aufidaenates, Aesernini,
Facifulani, Saepinates, Terventinates…” (NH, III, 17).

È una delle città più importanti del Sannio pentro, antica capitale sannita dalle origini leggendarie. Una città che si estende ai piedi del Monte Gallinola, che segna il confine tra Campania e Molise, e fa parte dell’Unione dei Comuni della sorgente del Biferno. Un borgo per l’appunto ricco di acque di sorgente e dalla rigogliosa vegetazione boschiva. Castagni, querce, cerri, un grandissimo patrimonio vegetativo che la rende, oggi, una delle mete turistiche matesine più ricercate, per chiunque voglia svolgere attività di trekking, canoismo e rafting lungo il fiume Biferno. Ma anche, e soprattutto, per chiunque voglia imparare, conoscere, sapere e immergersi nella storia e nella leggenda.

Il sopracitato passo di Plinio il Vecchio, tratto dalla sua Naturalis Historia, evidenzia l’esistenza di due Bovianum nel Sannio, una Bovianum Vetus e una Bovianum Undecumanorum, ubicate più o meno nello stesso luogo. Quando leggiamo della Bovianum liviana, la immaginiamo come una fortezza importante, molto probabilmente ubicata in altura come gran parte degli insediamenti sannitici durante le guerre contro Roma, la cui distruzione deve essere stata drastica e definitiva. Mommsen credeva che in Pietrabbondante si potesse ravvisare la Bovianum Vetus. Pietrabbondante si trova nell’Alto Molise, a più di 1.000 metri di altitudine e a una trentina di chilometri distante da Bojano. Un territorio testimone della massiccia influenza italica, disseminato di ruderi di antiche vestigia sannite ma anche romane e altomedievali. Un luogo talmente ricco di storia e di sacralità da lasciare a bocca aperta chiunque si rechi a visitarlo, con un’area archeologica distante poche centinaia di metri dall’attuale abitato.

Le origini di Bojano? Sembra che a seguito di una guerra tra gli italici Umbri e Sabini, questi ultimi, risultati vincitori, promulgarono un Ver Sacrum, la Primavera Sacra in onore del dio Mamerte. Nella primavera successiva i frutti della terra e gli animali nativi furono offerti al dio, mentre i fanciulli vennero inviati, una volta cresciuti, a colonizzare nuove terre guidati dal bue, l’animale sacro al dio a cui erano stati consacrati, che si fermò ai piedi di un colle chiamato Samnium, da cui il popolo prese il nome. Altre versioni fanno risalire la fondazione di Bojano a quell’evento, facendo fermare l’animale alle fonti del Biferno per dissetarsi. Lì sarebbe stata fondata la città di Bovaianum, il cui nome chiaramente rimanda al bove.

Nel IV secolo a.C. il Sannio era organizzato in una sorta di federazione di cinque tribù (Pentri, Caudini, Irpini, Carricini e Frentani). Quella egemone fu certamente la prima. I Pentri popolavano la zona compresa tra il Matese e le Mainarde, la cui capitale fu inizialmente Aquilonia, poi Bojano. La battaglia di Bovianum fu combattuta nel 305 a.C. tra l’esercito della Repubblica romana e quello dei Sanniti. La vittoria dei Romani segnò la fine della seconda guerra sannitica, ma le informazioni rimaste sulla battaglia sono scarse e confuse. Proprio Tito Livio e Diodoro Siculo ce ne hanno fornite di importanti. Secondo Livio gli eserciti dei consoli Tiberio Minucio Augurino e Lucio Postumio Megello marciarono divisi finché si incontrarono sull’importante roccaforte sannita di Bovianum. L’esercito sannita era guidato dal meddix Stazio Gellio, comandante capo. I Sanniti vennero sconfitti e Gellio fu fatto prigioniero. Minucio Augurino, morto per le ferite riportate in battaglia, venne sostituito da Marco Fulvio Curvo Petino. L’anno successivo alla vittoria dei Romani, i Sanniti furono costretti a firmare la pace con loro.

Bojano è terra di storia intrisa di leggenda, è un borgo dalle tante stradine silenziose e impregnate di memoria e sacralità. Fra le più antiche testimonianze del suo passato, è la cattedrale risalente all’XI secolo dedicata a San Bartolomeo, patrono della città e della diocesi, una delle più antiche della cristianità. La sua peculiarità, che fa di essa un pezzo unico, è quella di essere l’unica cattedrale ad avere l’altare sopra una sorgente d’acqua. Oltre alla chiesa cattedrale, da visitare assolutamente sono la chiesa di Sant’Erasmo e San Martino, risalente al XIII secolo, la chiesa di Santa Maria del Parco, dello stesso periodo, la chiesa di San Biagio, la chiesa di Santa Maria dei Rivoli, la chiesa di San Rocco o del Purgatorio, l’ex chiesa di San Nicola e il Santuario della Madonna della Libera, la chiesa di San Michele Arcangelo e la chiesa di Sant’Emidio Vescovo fuori le mura. Il santuario di Sant’Egidio, invece è posto a 1.000 metri di altezza tra i boschi di faggio e si può raggiungere solo a piedi, seguendo un sentiero di montagna. È una chiesetta che probabilmente risale al IX-X secolo, posta nei pressi di una sorgente d’acqua purissima, annessa a un rifugio di montagna.

La cattedrale di San Bartolomeo, foto tratta da viaggiart.com

Il borgo medievale fortificato è detto Civita di Bojano e sovrasta l’attuale centro abitato. Si tratta dello storico presidio fortificato a guardia della piana dell’omonimo comune, edificato nell’XI secolo dai Normanni, e rimasto attivo come presidio fortificato degli Svevi, degli Angioini, e dei Pandone, sino al terremoto di Sant’Agata del 1805, che sconvolse la piana di Bojano e del Matese. Il castello esisteva sin dal XII secolo, costruito sopra resti di fortificazioni sannite, e nel 1221 fu teatro di scontri tra i conti di Molise e Federico II di Svevia, che aveva avviato la politica di smantellamento delle piccole baronie e contee normanne, per accentrarle nell’impero. Dalle rovine del vecchio castello si gode di un panorama suggestivo: gli eleganti rilievi del Matese, maestosi e imponenti, e la piana dove sorge il paese, con l’inizio della valle del fiume Biferno e il Tratturo Pescasseroli-Candela.

Bojano è altresì la patria della mozzarella e dell’ottimo fior di latte artigianale. È molto antica la produzione di questa eccellenza che si rinnova da secoli e secoli, spesso realizzata a mano, che nasce esclusivamente da latte vaccino e dall’acqua degli acquedotti locali. Una bontà per il palato e anche per la vista, da assaporare nuda e cruda, a meno che non sia accompagnata da un ottimo filo di olio extravergine d’oliva, o come ingrediente di timballi, paste al forno, pizze e altre tipicità che un territorio ricco di tradizioni e cultura gastronomica sa offrire e farsi invidiare.