Immagini dal Sannio: “Ciro”, il baby dinosauro che ha conquistato il mondo

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Ciro, un nome tipicamente campano che oggi, a livello mondiale, si accompagna a uno dei ritrovamenti più eccezionali legato a un piccolo borgo di poche centinaia di abitanti della provincia sannita di Benevento: il cucciolo di dinosauro dal peso di 200 grammi e vissuto 113 milioni di anni fa, che ha fatto del piccolo centro di Pietraroja, paese che prende il suo nome dal colore della bauxite (pietra rossa) presente in grandi quantità nella zona, la sede di un ente geopaleontologico di grande rilevanza, il cui museo è stato allestito addirittura da Piero Angela.

Nel 1798 il geologo Scipione Breislack segnalò per primo la presenza di pesci fossili nei dintorni di Pietraroja, fino ad arrivare a Cusano Mutri e oggi, grazie anche al suo iniziale contributo, il Parco Geopaleontologico di Pietraroja è uno dei più importanti giacimenti fossiliferi italiani, conosciuto da più di 200 anni. In passato, ossia milioni e milioni di anni fa, in questo territorio vi era una piccola laguna le cui particolari condizioni ambientali e geologiche hanno permesso la conservazione degli organismi marini e terrestri che tutt’oggi possiamo ammirare come reperti fossili. Grazie alle acque calde e calme della laguna e alla loro carenza di ossigeno, si è avuto un rallentamento del processo di decomposizione della materia organica degli esseri viventi garantendo un’ottima conservazione della fauna locale, costituita da pesci, crostacei, anfibi e rettili, alghe marine, molti di questi di specie molto rara. Gran parte di questi fossili sono conservati al Museo di Paleontologia dell’Università degli studi di Napoli “Federico II”.

Ciro, il piccolo dinosauro carnivoro, è scientificamente più conosciuto come Scipionyx Samniticus ed è vissuto più di 113 milioni di anni fa, nell’era secondaria, nel pieno del cretaceo inferiore. Il veronese appassionato di fossili Giovanni Todesco e la moglie lo rinvennero a Pietraroja in un pomeriggio d’inverno del 1980 dentro a una lastra di roccia, sdraiato sul fianco e con il capo leggermente inclinato. Todesco, credette inizialmente che si trattasse di un fossile di semplice lucertola e per questo motivo lo conservò in casa sua per anni, cosa che gli costò parecchi problemi giudiziari; solo dopo aver visto il film Jurassic Park, pensò che potesse essere il fossile di un dinosauro e lo affidò al paleontologo Giorgio Teruzzi che ne riconobbe un piccolo dinosauro carnivoro. Il reperto, conseguentemente, venne considerato bene dello Stato.

Il nome scientifico “Scipionyx Samniticus” deriva dal nome del suddetto Scipione Breislak e il suffisso greco “onyx” richiama gli artigli, per le tipiche zampe con cui il dinosauro afferrava le sue prede; Samniticus, ovviamente, per ricordare la regione in cui e’ avvenuto il rinvenimento; la stampa e gli scienziati, però, lo hanno ribattezzato simpaticamente Ciro.


Ciro ha delle dimensioni molto ridotte, 23 centimetri di lunghezza, e questo è uno dei motivi per cui i paleontologi hanno dedotto che non dovesse avere più di cinque settimane di vita al momento della sua morte, avvenuta in tenerissima età probabilmente a causa di un corso d’acqua molto violento che, durante un nubifragio, lo seppellì. Aveva gli occhi molto grandi, il muso schiacciato e piccoli denti molto sporgenti, e se ne deduce che in età adulta avrebbe superato i due metri di altezza e i venti chilogrammi di peso. Come mai questo reperto ha acquisito tale importanza da essere considerato uno delle scoperte fossili più importanti del mondo e da ritrovarlo anche sui libri scolastici di storia e sui testi scientifici?

È più che probabile che ciò sia dovuto al fatto che è uno dei pochissimi esemplari di dinosauro carnivoro rappresentato in stadio giovanile e, innanzitutto, rappresenta l’unico dinosauro conservato in maniera perfetta: a nessuno scienziato era capitato di vedere le interiora di un rettile vissuto oltre 113 milioni di anni fa, mentre Ciro, è l’unico dinosauro al mondo in cui siano visibili numerosi organi interni, fossilizzati in modo subliminale fino al livello cellulare. Si è potuto anche sapere quali fossero stati i suoi ultimi pasti e l’ordine in cui furono ingeriti dato che i resti delle sue prede, anch’essi fossilizzati, sono rimasti intrappolati in punti precisi lungo il tubo digerente; era un dinosauro carnivoro che non mangiava solo carne, più che altro piccoli rettili, ma anche pesci. Nel suo corpo è stato ritrovato anche un frammento di zampa di lucertola. Grazie a Ciro, Pietraroja è oggi considerato un vero e proprio museo all’aperto, da tutelare e sempre più migliorare per la nostra cultura e per il sapere che tramanderemo. Si pensa che oltre a Ciro, a Pietraroja potrebbe esserci dell’altro e che questo piccolo paesino possa raggiungere vette di importanza e fama a livello planetario.