Siamo nell’ultima settimana di Quaresima, il periodo penitenziale e di digiuno cominciato il Mercoledì delle Ceneri e che termina in preparazione della Pasqua, proprio negli ultimi giorni della Settimana Santa. Precisamente, questo periodo di astinenza termina al tramonto del Giovedì Santo, anche se spesso si suole aspettare lo scampanìo del Sabato Santo. Anticamente, in molte zone del Sannio, soprattutto pentro o matesino, ma anche in altre zone della Campania, si usava allestire la Pupatta della Quaresima. Era un abbozzo di vecchietta vestita con un panno nero che, alla base della sua gonna, mostrava appesi, in cerchio, tutti gli alimenti consentiti durante il periodo quaresimale, dalle pannocchie alle aringhe, dall’aglio alla pasta, fino al baccalà, il tutto da cuocersi nel modo più semplice possibile, senza fronzoli e senza grassi. Vi era, inoltre, una patata o una cipolla, alla quale venivano conficcate sette penne di gallina, che corrispondevano alle sei domeniche quaresimali e al Sabato Santo, giorno in cui tradizionalmente si rompeva il digiuno. In alcune zone, le penne erano cinque, a corrispondenza delle cinque domeniche quaresimali. Ogni penna si sfilava il venerdì, dopo le funzioni religiose; ecco, dunque, che la pupatta assumeva la funzione di calendario. L’ultima penna veniva tolta il giorno del Sabato Santo, a mezzogiorno, quando le campane annunciavano la Resurrezione. La vecchia signora aveva tra le mani un fuso e una cannocchia a rappresentare la pazienza ma anche il tempo che passa. La pupatta solitamente veniva appesa accanto al camino, specialmente negli ambienti più popolari e contadini e spesso si faceva colazione strofinando due fette di pane all’aringa, anch’essa tra le mani della vecchietta. Tradizione che qualche anziano porta ancora avanti.
Oggi la pupatta viene ancora appesa ai balconi, specie da chi non possiede un caminetto. Esiste, inoltre, un periodo che intercorre tra il Mercoledì delle Ceneri e la domenica di Pasqua, nel corso del quale, per manifestare gioia e letizia per il raggiungimento della metà del percorso penitenziale, si “sega la vecchia”. È questa una rappresentazione drammatica, che sfocia nel grottesco, che nella cittadina di Alife è ancora viva il giovedì che precede la penultima domenica di Quaresima. La Vecchia è in questo caso il simbolo dell’inverno, della scarsità di raccolti, di digiuno, che deve assolutamente essere scacciato per dare spazio alla primavera in arrivo, far rinascere le messi e favorire la crescita dei nuovi raccolti. La vecchia in questo caso viene segata, talvolta spaccata ma anche bruciata in un falò. Una sorta di rituale magico per raggiungere la redenzione. Alla fine di questo barbaro procedimento, si dà fuoco a ciò che di essa rimane.
La Settimana Santa inizia il giorno della Domenica delle Palme, quando nelle chiese vengono benedetti i ramoscelli di ulivo che i fedeli scambieranno con le persone di famiglia, vicini di casa, amici, come augurio di pace, serenità e benessere o che metteranno a tavola per il pranzo pasquale. Un tempo i bambini, durante la Messa, si disponevano intorno all’altare con grossi fasci di palme attendendo la benedizione del sacerdote. Le donne toglievano le palme dell’anno precedente dai vasi, o dai quadri religiosi presenti in casa, e li sostituivano con i nuovi, portati dai fanciulli stessi. I contadini, invece, conficcavano il ramoscello di olivo benedetto nei terreni seminati, per preservarli da calamità e per scongiurare un cattivo raccolto. Molte fidanzate ricevevano in dono dai propri innamorati delle palme argentate. Alcuni innamorati, altresì, spargevano nel fuoco alcune foglie di olivo benedetto, recitando antiche formule che invocavano l’amore: se le foglie scoppiettavano, il fidanzamento avrebbe avuto un buon esito, se invece bruciavano, il fidanzamento non si sarebbe concluso.
In alcune zone molisane, nella giornata del Mercoledì Santo cominciavano le funzioni religiose parrocchiali in vista della Pasqua. In alcune chiese, nei pressi dell’altare venivano allestiti dei candelabri con quindici candele. Il sacerdote recitava quattordici salmi e alla fine di ognuno veniva spenta una delle candele. L’ultima veniva spenta con la simulazione dell’ufficio detto Mattutino delle tenebre o battitura. Durante la Settimana Santa, inoltre, una vecchia tradizione voleva che i giovani regalassero un agnellino vivo alla propria fidanzata, con al collo oro e gioielli, quali regali alla futura sposa. Ecco la collana e il laccetto d’oro, orecchini et similia. Questo veniva ben abbigliato e al mattino del Sabato Santo veniva portato alla futura sposa.
Sempre in Molise, ma anche in alcune località sannite del beneventano, come San Lorenzo Maggiore, il giorno del Venerdì Santo vede la rappresentazione penitenziale per la morte di Cristo, con una singolare processione in onore della Vergine Addolorata. Le prime testimonianze di questa antica tradizione risalgono al ‘700: un nutrito gruppo di laurentini, incappucciati e penitenti, aprivano il corteo insieme alla statua del Gesù Morto precedendo verso quella della Vergine Addolorata, entrambe portate da fedeli incappucciati, seguite dagli altri fedeli, alcuni scalzi e altri portanti ceri votivi. Di sera, una sorta di giullare, uno “strillone”, girava per le vie del paese, e invitava i cittadini a meditare sulla fugacità della vita e dei beni terreni, e sulla necessità di scegliere la conversione sincera del cuore. Lo faceva agitando un campanello per attirare l’attenzione, in modo che il tintinnio predisponesse i laurentini all’ascolto. Durante la Settimana Santa nelle varie chiese del paese veniva preparato il Santo Sepolcro e si eseguivano canti e letture penitenziali. Il Venerdì Santo, alle 7 del mattino, il popolo si radunava nella chiesa di San Rocco per portare in processione le due statue. Il corteo era aperto da un nutrito gruppo di ragazzi, coronati di spine, come Cristo, cinti di funi al torace e alle spalle, agitanti il fracasso, o battola, per riprodurre lo strepito fatto dai Giudei durante la passione di Gesù. Un altro gruppo di ragazzi intonava lentamente il canto del Miserere e di altri salmi. A seguirli, i membri delle varie Congregazioni religiose maschili e femminili. Dopo di loro si disponevano i penitenti incappucciati che si percuotevano con la disciplina, un oggetto penitenziale simile a un flagello ma costituito da più catene formate da piastrelle di metallo che durante la processione provocano ferite sanguinanti. Oggi non c’è più lo “strillone” e la processione non si svolge più al mattino ma nel tardo pomeriggio, eppure tutto il resto è rimasto invariato. I protagonisti sono i Battenti o Disciplinanti o ancora Flagellanti.
Giornalista