Gli Irpini rappresentavano una tribù dei Sanniti, un ceppo la cui popolazione abitava la regione montuosa tra Benevento, Venosa e Lucera. Essi facevano parte della confederazione che prendeva il nome di Lega Sannitica. L’etimo deriva dall’osco hirpus, “lupo”, l’animale sacro a Marte, protettore del ceppo sannita che, durante uno dei Ver Sacrum, sarebbe stato alla guida del gruppo di uomini in cerca di stanziamento in altre terre d’Italia. Secondo una leggenda a cui accenna Sesto Pompeo Festo nel De verborum significatione, gli Irpini si chiamavano così perché erano stati guidati proprio da un lupo fino alle campagne in cui poi si insediarono. Secondo Festo, “Irpini adpellati lupi nomine, quem Irpum Samnites dicunt” e per Strabone (V), “et de lupo, fabuloso Hirpinorum, coloniae Samnitium, deductore“, per il Mommsen (Storia di Roma Antica, cap. V, p. 103), “una terza colonia sotto l’insegne di un lupo (hirpus) fermò stanza ne’ pressi di Benevento, e prese nome di Irpini“. Ma nelle fonti storiche vi è anche una città chiamata Hirpino, da identificarsi con l’odierna Arpaia, non lontana “doue fu l’antica città di Caudio”, “[…] già capitale della tribù caudina e celebre per le Forche Caudine. Dopo la sconfitta della lega sannitica, avvenuta nel 286 a.C., gli Irpini furono separati dalle altre stirpi sannitiche, dando così risalto a una sorta di frammentarietà dell’unità etnica territoriale, acquisendo anche una sostanziale autonomia. Durante la seconda guerra punica parteggiarono per Annibale e nel 209 a.C. furono sottomessi da Roma. Costituivano, tra quelle del Sannio, la tribù stanziata più a est e più a sud: confinavano con gli Apuli e con i Lucani, con i Campani, i Caudini e i Pentri. Non li troviamo mai espressamente nominati durante le Guerre Sannitiche perché sono considerati, in tutto e per tutto, Sanniti. La prima citazione del loro nome risale al 280 a.C., periodo delle guerre pirriche.
Una popolazione assolutamente indipendente dai Pentri, dai Caudini e dai Caraceni, dunque, con ordini militari e civili differenti, proprio per l’autonomia da loro conquistata. Erodoto racconta che si trattasse di una popolazione selvaggia, dedita a vivere nelle caverne, sostentandosi con cacciagione e frutta. Livio, invece, parla del loro modo di fare guerra, raccontando che durante le battaglie sfoggiavano un lusso eccessivo, con scudi d’oro o argento, uno stivaletto che calzava alla gamba sinistra, un elmo con pennacchio variopinto e da una lunga lancia. Tante le affinità con la popolazione latina, ma rimase sempre molto all’ombra degli altri ceppi dei Sanniti, anche perché tra gli Osci non vi era una larga usanza di scrivere e dedicarsi alle lettere, per cui è rimasto ben poco anche di documentato. Come tutti i Sanniti, anche gli Irpini parlavano la lingua osca, idioma indoeuropeo ampiamente diffuso nell’Italia meridionale. La lingua degli Irpini, con le varianti dei suoi dialetti, si diffuse dalle sponde del Tevere fino alla parte più meridionale d’Italia. La loro istituzione politica era organizzata in vici e pagi ed era amministrata da meddices, magistrati eletti democraticamente ma che provenivano da gruppi familiari aristocratici.
Tra le più importanti città del popolo Irpino ricordiamo Compsa, Conza della Campania, confinante con la Lucania, e Aquilonia, forse Lacedonia, confinante con la Daunia. Ma ancora, Taurasia, Taurasi, città non lontana da Benevento che lasciò il suo nome ai Campi Taurasini; Cisauna, che qualcuno, per analogia dell’etimo vorrebbe identificare con Chiusano, qualche altro con Locosano, luogo di villeggiatura dei Taurasini. Nell’Ager Taurasinus, tra la valle del Calore e del Tammaro, erano stanziati i Liguri Bebiani e Corneliani, colonia di Liguri Apuani con una completa autonomia amministrativa. Si ricordino, ancora, Romulea, Bisaccia, ai confini con l’Apulia, Trivicum, Trevico, ed Equus Tuticus, l’attuale Sant’Eleuterio, presso Castelfranco in Miscano; Murgantia è l’attuale Baselice, la città più avanzata dei Sanniti (tanto che Livio la identifica come rapida urbs, presso le sorgenti del Fortore, Cluvia (Buonalbergo). Un popolo che ha dato vita a una terra bellissima e accoglientedi cui godere oggi, una delle più belle province d’Italia con i suoi monumenti, le chiese, i parchi naturali e la tradizione enogastronomica, eccellenza campana nella produzione di tre vini DOCG, il Taurasi, il Greco di Tufo e il Fiano di Avellino.
Giornalista