La Valle Telesina è ricca di percorsi e sentieri naturalistici che, per gli amanti della natura, del verde, delle risorse che la nostra terra ci dà, costituiscono un bene immateriale di tutto rispetto da tutelare e vivere a più non posso, e di cui godere specialmente durante la bella stagione. Spazi aperti da apprezzare ancor di più in un momento storico in cui l’emergenza sanitaria in corso ci richiede di prediligere la vita all’aria aperta e il distanziamento interpersonale. La Valle per eccellenza del Sannio, con il suo territorio verdeggiante, colmo di uliveti e vigneti, è terra fertile che dà come frutti preziosi oro verde, tipico della zona titernina, e buon vino, quello della Valle del Vino. Ed è proprio dai vigneti della Valle che vogliamo ripartire, il cuore pulsante in cui le Città del Vino si sono anche fregiate del titolo di Città europea del Vino 2019, nel contesto di Sannio Falanghina. Una valle di filari di vini tra le più importanti della Campania e d’Italia, con Castelvenere che è Comune più vitato della Penisola, e Guardia Sanframondi capofila nell’avventura di Capitale europea del Vino. I paesaggi incontaminati di quest’area non hanno bisogno di presentazione; un’area candidata a diventare bene immateriale dell’Unesco, sulla quale è in fieri il progetto di Ciclovia della Falanghina, in cui unire il cicloturismo alla valorizzazione dei territori sanniti dediti e vocati alla viticoltura.
Guardia Sanframondi e Cerreto Sannita si incontrano in un confine delimitato da aree naturalistiche di tutto rispetto. Un’oasi faunistica a Guardia Sanframondi, nei pressi della roccia dell’Omo Morto, o Acqua Fabbricata, ove si trova l’omonima sorgente idrica particolarmente ricca di calcio. Una finestra di verde e di pace, di quiete, non lontana dal Vecchio Tratturo, testimonianza di una cultura pastorale, che affaccia nell’area del Titerno e che spazia nel vicino Parco Naturale Regionale del Matese. Un’oasi in cui è possibile imbattersi in cerbiatti e daini, esempio di valorizzazione e fruizione sostenibile che mette in risalto i valori naturalistici e paesaggistici della zona e che ci portano con lo sguardo verso la bellissima e maestosa Morgia Sant’Angelo, o Masso delle Streghe, meglio conosciuta come Leonessa. Nient’altro che una roccia, ma sono tante le rocce che nel tempo, erodendosi, si sono modificate assumendo un aspetto zoomorfo. Ed è proprio il caso di questa felinica morgia calcarea, costituita da diversi banchi di sedimenti miocenici, alta 35 metri, attrazione per gli amanti della natura, fotografi occasionali e appassionati di trekking, un soggetto molto suggestivo per gli studiosi di storia, per i riti pagani e religiosi che avvenivano un tempo in questo enorme felino roccioso. Il nome Masso delle Streghe deriva da una leggenda secondo la quale la grotta in essa contenuta era luogo in cui si riunivano creature malefiche per praticare i loro rituali. La grotta si sarebbe formata grazie a un insieme di eventi naturali quali l’azione erosiva delle acque, il cedimento del terreno franoso e la fessurazione dello strato calcareo. Qui troviamo un importante e affascinante sito naturalistico, con scavi archeologici risalenti al XIX secolo ed effettuati nel territorio circostante che hanno portato alla luce oggetti, prevalentemente utensili e resti di vasellame in argilla, che riportano al Neolitico o addirittura al Paleolitico e che testimoniano la presenza dell’uomo in questa zona sin dall’epoca preistorica. La chiesetta rupestre all’interno del “felino”, in base ai documenti, era custodita da un eremita che abitava nelle vicinanze ed era dedicata a Sant’Angelo. Qui sono state custodite le spoglie di un vescovo di Telese vissuto agli inizi del 1500, Biagio Caropipe, le cui spoglie sono poi state trasferite nella Cattedrale di Cerreto Sannita. Col passare del tempo, la presenza dei fedeli nella chiesa andava sempre diminuendo, finché l’antro della Leonessa venne occupato da pastori o da briganti in fuga.
Fra Cerreto Sannita e Cusano Mutri, nel bellissimo paesaggio ricco di uliveti e fitta e rigogliosa vegetazione, il torrente Titerno ha scavato delle gole naturali antiche migliaia di anni, che arrivano fino a 30 metri e sono state modellate da acqua e vento. Le più celebri di queste gole sono quelle di Conca Torta e di Caccaviola. Un itinerario naturalistico che si snoda tra piscine naturali, cascate e paesaggi incontaminati, che comprendono anche grotte naturali. Le Forre di Lavello sono situate a 5 km dal centro di Cusano, fra i monti Erbano e Cigno, raggiungibili tramite un apposito sentiero guidato che ripercorre un’antica mulattiera di epoca sannita e comprende altri importanti siti di interesse naturalistico e storico come la Grotta chiusa o Grotta dei briganti, la Grotta delle fate, la Grotta delle streghe, il Belvedere, il Ponte del Mulino e il Mulino di Zì Fiore. Le Gole di Caccaviola sono situate fra i monti Civita di Cusano Mutri e Civita di Pietraroja. Si tratta di un percorso abbastanza lungo, che comincia con una discesa in fiume da 30 metri che fa arrestare il fiato e accelerare l’adrenalina, fra tuffi e camminate nello stretto canyon scavato dalla forza erosiva dell’acqua. Ha delle cascate e piscine naturali ed è una delle forre più spettacolari d’Italia. Le gole di Conca Torta, a pochi passi dal centro storico, sono situate fra il Monte Calvario e lo sperone roccioso il Tornanino, lungo il corso del torrente Reviola, affluente del Titerno, e sono caratterizzate da rocce calcaree, cascate, salti sul letto del fiume e un passaggio suggestivo sotto due ponti in pietra. Entrambe le gole sono divenute meta di appassionati avventurosi e sono percorribili con l’aiuto di guide esperte, mediante imbracature collegate a delle corde di acciaio fissate nella roccia e tutte le protezioni necessarie, e hanno dei livelli di difficoltà diversi. Tra le molte escursioni disponibili nel Parco del Matese, uno dei sentieri più suggestivi è quello del Monte Calvario. Questo itinerario ha come base di partenza il Comune di Cusano Mutri, e raggiunge in circa 60 minuti in salita la cima rocciosa del Monte, che si eleva per 566 metri sul livello del mare. La vetta ospita una piccola chiesa che si raggiunge dopo uno spettacolare sentiero panoramico.
Avvicinandosi nella zona telesina, arriviamo nel bel percorso delle Terme di Telese, che si snoda nel parco in stile Liberty delle nuove terme e tra i resti archeologici delle Antiche Terme Jacobelli. Questo, nell’Ottocento, era un ameno luogo ricco di verde, camerini, sedili in marmo bianco, una grande fontana e una vasca sempre di marmo, nella quale affluiva l’acqua che si rinnovava di continuo, ma il cui getto poteva essere interrotto a seconda delle necessità. All’interno vi erano anche un bistrot e una piscina in stile Liberty in cui, per la prima volta, uomini e donne potevano usufruire contemporaneamente dello stesso spazio e in cui la famosa Pacchiana mesceva l’acqua per gli ospiti. A causa delle difficoltà finanziarie di Jacobelli, nel 1875 il napoletano cavaliere Eduardo Minieri acquistò lo stabilimento e, dopo i lavori di ristrutturazione ultimati nel 2008, le Antiche Terme Jacobelli sono ora un parco naturale, dove ancora dominano i resti delle cabine private per la balneazione, due piscine di acqua sulfurea, e la bouvette. Poco dopo sorse, ai piedi del Monte Pugliano, il Grand Hotel Telese, in stile Liberty, allora considerato tra i più prestigiosi d’Italia, e il nuovo parco termale, oggi considerato tra i più grandi del territorio italiano, un parco immerso tra alberi secolari, con le sue rinomate piscine Pera e Goccioloni, sfruttate a fini terapeutici, e con le acque utilizzate per curare malattie otorinolaringoiatriche e delle vie respiratorie, ginecologiche e dell’apparato gastroenterico, oltre che cardiovascolari. La piscina Goccioloni è così chiamata perché un tempo, al suo centro, vi era una fontana che spruzzava grandi gocce; la piscina Pera, secondo la leggenda, sorge in una zona in cui era un grande pero. All’interno accoglie i numerosi ospiti e visitatori la bellissima Bouvette, sottoposta a rifacimento nel 2017 in occasione dei 140 anni delle Terme, e immergendosi nei lussureggianti sentieri pieni di verde del parco termale si può arrivare alla zona del Cerro, in cui scorre per l’appunto il torrente di acqua solfurea Cerro, che ha origine dalla fonte sorgiva più antica che è quella di Santa Lucia. (Nella foto in basso, i resti archeologici delle Antiche Terme Jacobelli).
Poco distante, ci imbattiamo su Monte Pugliano con le sue caratteristiche doline. Le origini di queste doline sono abbastanza misteriose ma si tende a ipotizzare che derivino dalla mineralizzazione delle acque e dalla oscillazione del livello di base carsico. Vi sono dei puri dalle gigantesche dimensioni: in uno di questo si può anche scendere attraverso un apposito sentiero. Nelle doline è presente un clima di tipo tropicale per cui, data la nebbiolina sempre presente, si pensava, in passato, che si trattasse di fumi vulcanici. Grazie ai suoi sentieri e alle specie botaniche presenti, il Monte Pugliano è meta fissa degli appassionati di trekking. Il Lago di Telese è una delle più importanti attrazioni della cittadina termale: si formò proprio a causa degli sprofondamenti e della formazione di paludi che vi furono dopo il terremoto del 1349. La sua formazione è datata proprio 25 maggio 1349. È un lago di natura carsica, una dolina, sotto la quale confluivano le acque del Grassano, del Calore Irpino e del Seneta, dalla profondità massima di 30 metri. Un tempo era balneabile, ed era frequentato proprio per questo motivo da numerosi turisti e da tante famiglie con bambini. Oggi è frequentato per la pesca sportiva ed è una delle mete preferite dei telesini e non, che vi si recano per una passeggiata a contatto con la natura, e dei runners della zona. A San Salvatore Telesino, proprio ai confini con la bella Telese, è il Parco del Grassano, noto per la sua ricca vegetazione: tigli, salici, pioppi, piante igrofile ed erbette, anche commestibili come, tra le altre, il sanacciolo. E il protagonista del luogo è il freddo corso del fiume Rio Grassano, che nasce dalle pendici orientali del monte Matese. Un fiume dalle acque gelide, incontaminate e limpidissime, nei quali, grazie alla vegetazione circostante e ai giochi di luce del sole, è possibile imbattersi in maestosi spettacoli di colore: tutte le tonalità del verde, blu, turchese in una meravigliosa distesa di acqua e di assoluta bellezza. Il Parco è l’habitat perfetto per molte specie di uccelli acquatici, come le bellissime oche bianche, anatre e lontre, uccelli che trovano dimora tra i rami dei secolari alberi. Ci si reca nel parco per i motivi più disparati ma tutti con un unico punto in comune: respirare a pieni polmoni la sua natura incontaminata; semplici visitatori che hanno voglia di passeggiare tra i suoi curatissimi sentieri, persone che desiderano fare un pranzo all’aperto nella sua attrezzatissima area pic nic, a contatto con tanto verde e con la meravigliosa natura; ci sono gli amanti di canoa e kajak che possono praticare il loro sport acquatico preferito, specchiandosi nelle acque dai mille colori e guardando il fondo limpido; bambini che scelgono i suoi vasti parchi per giocare liberamente, correre e divertirsi, mentre mamma e papà portano i più piccoli nel suo parco giochi. Ci sono quelli che scelgono il parco per studiarne le specie botaniche, i suoi alberi e le numerose varietà di foglie che vi si trovano, per distinguere e riconoscere le tante erbe lì presenti. Ci sono i bambini che semplicemente vogliono vederne da vicino oche e nutrie, uccelli e animaletti selvatici e poi quelli che amano fare jogging all’interno dei suoi curatissimi percorsi. C’è chi sceglie di andare a pranzare nel ristorante del Parco oppure chi decide di trascorrere piacevoli serate estive in compagnia di cocktail e buona musica.
Il fiume Volturno, dal suggestivo paesaggio circostante, presso Amorosi aumenta la sua portata grazie al fiume Calore, suo principale affluente. Proprio qui, recentemente, è nato un nuovo Parco, il Parco del Volturno, per soddisfare le esigenze di chi vuole uno stretto contatto con la natura. Quest’area, lungo le sponde del fiume nel comune amorosino, è stata attrezzata con tavoli e panche, una zona per le attività didattiche all’aperto e per la pesca. L’idea del Parco è nata principalmente per vivere e percepire la natura in tutta la sua espressione, valorizzare e far conoscere le specie botaniche come il frassino e altre piante presenti nel territorio. Volendo visitare tutta la zona della Valle, si può percorrere il Cammino dell’anima, un percorso di riscoperta dell’interiorità e della dimensione religiosa, e intraprendere un itinerario mistico che fa tappa nei luoghi più emblematici della Via Francigena del Sud dell’area del Titerno, uno degli scenari più belli e interessanti del Sannio. La Via Francigena era la “strada maestra” che da Canterbury conduceva i pellegrini a Roma in epoca medievale, un percorso che intraprendevano molte anime “alla ricerca della Perduta Patria”. Sigerico, Arcivescovo di Canterbury, descrisse in un diario le varie tappe toccate durante il suo viaggio di ritorno da Roma, luogo del martirio dei Santi Pietro e Paolo, nel 990 d.C.; non vi era solo Roma tra le destinazioni di quanti si avviavano a intraprendere un pellegrinaggio religioso, poiché molti erano i fedeli che partivano alla volta di Santiago de Compostela, luogo di sepoltura di San Giacomo, o verso Gerusalemme, sede del Santo Sepolcro. La Via Francigena del Sud era considerata una sorta di “Cammino di Santiago” nella direzione contraria, che passava per il Basso Lazio, la Campania, fino alle coste pugliesi, e di lì proseguendo, via mare e via terra, sino a Gerusalemme: un ritorno alle origini della fede, di cui il tratto campano rappresenterebbe uno snodo fondamentale. Partendo da Faicchio, si procede verso San Salvatore Telesino, San Lorenzello, e oltre alle già citate Telese, Cerreto e Guardia Sanframondi, si arriva a San Lorenzo Maggiore, per proseguire verso Ponte, Benevento, Pietrelcina.
Il Monte Taburno, è considerato la bellezza assoluta dell’intera Valle. Dalla sua vetta si può godere di un vasto panorama su tutta la Valle Caudina e si riesce a vedere anche la cava del monte Tairano, nei cui pressi si ipotizza sia avvenuto l’episodio della battaglia delle Forche Caudine, nel 321 a.C., tra Romani e Sanniti. Ma perché il massiccio lo chiamiamo la Bella dormiente del Sannio? Se lo si guarda nel suo profilo da Benevento, sembra rivederne le sembianze di una donna supina, con i piedi verso la Valle Caudina e la testa, formata dal monte Pentime, verso la Valle Telesina. La zona è ricca di acqua. Si ricordano le numerose sorgenti poste alle sue pendici; valga per tutte il ricordo delle sorgenti del Fizzo, localizzate tra i comuni di Bonea e Bucciano che, attraverso il monumentale acquedotto vanvitelliano, alimentano le cascate della Reggia di Caserta. Offre un ricco ecosistema molto vario. Vi domina il corvo reale ma troviamo anche picchi muratori, cornacchie, merli, poiane, tordi, gazze, volpi, donnole, martore e faine. Abbondano cinghiali, ricci, lepri, caprioli, mufloni nonché cavalli allo stato brado, quivi portati sotto Carlo III di Borbone che aveva fatto del Taburno foreste demaniali. La vegetazione è costituita soprattutto da aceri, carpini e frassini, e nelle zone più alte faggi e lecci. Gli abeti bianchi presenti sono di impianto artificiale. Il monte è stato citato da Virgilio come zona ricca di pascoli nell’Iliade e ricca di ulivi nelle Georgiche. Inoltre, alcuni studiosi ipotizzano che una delle grotte del Taburno di Caudium, l’odierna Montesarchio, sia stata il luogo dove Ercole soffocò il Leone di Nemea, compiendo la sua prima fatica. Offre un paesaggio davvero molto caratteristico e non privo di emozioni da regalare ai suoi spettatori, in qualsiasi stagione lo si visiti. Passeggiando tra i suoi sentieri o praticando trekking, ci si imbatte in eremi e ruderi molto suggestivi come la Grotta di S. Simeone che conserva integri affreschi datati intorno al 1600, la grotta di S. Mauro, l’antichissimo eremo di San Michele (risalente al IX-X secolo), il monastero Longobardo di Santa Maria della Ginestra, la Casina Reale da caccia che i Borboni utilizzavano per ristorarsi durante le loro battute. A valle si svolgono ancora oggi attività antiche e preziose, come la mungitura e la lavorazione del latte, la preparazione artigianale dei formaggi, la vendemmia e il pascolo delle mucche e delle pecore mentre nelle antiche botteghe si può assistere alla lavorazione del legno e della pietra (famosa quella di Vitulano). Molte sono le grandi macchie di ulivi e, ovviamente, molti i frantoi locali, di antichissima tradizione, che producono olio di oliva di qualità eccellenti. I vini sono apprezzati in tutta Italia e anche fuori confine nazionali grazie alle eccezionali qualità del vitigno Aglianico. Carni genuine, formaggi tipici, mele annurche, pere, susine, fichi, ciliegie, frutta secca, ortaggi e cereali prodotti su questa terra offrono prodotti di elevatissimo pregio.
Foto di copertina dall’archivio personale: mio figlio Alessandro Flavio Pacelli in canoa al Parco del Grassano.
Giornalista