Immagini dal Sannio: il borgo di Carovilli, anima verde di ruralità e transumanza

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Panorama

Nel cuore verde dell’Alto Molise, a due passi dalla più rinomata Agnone, in provincia di Isernia, sorge un piccolo borgo, meta gettonata di appassionati di turismo lento e sostenibile. Carovilli supera di poco i mille abitanti e l’origine del toponimo è probabilmente legato a Carvilius, Spurio Carvilio Massimo, politico e generale romano, oltre che Console della Repubblica Romana. Le prime testimonianze di popolazioni le si fanno risalire a quando, nel 1068 d.C., Carovilli era feudo della famiglia Borrello. In seguito, divenne possesso, per dote, di Anna Maria Marchesano, moglie di Giuseppe d’Alessandro, duca di Pescolanciano, fino al termine della feudalità. Un borgo che è meta gettonata anche dei turisti della lenta velocità della Transiberiana d’Italia, il treno storico che da Sulmona parte alla volta dei meravigliosi borghi molisani, fino a Isernia. Una delle tappe principali del paese è certamente la chiesa di San Domenico, che si trova proprio sul percorso erboso della transumanza. Non bisogna dimenticare, infatti, la vocazione tradizionale di Carovilli per la pastorizia. Proprio in paese, infatti troviamo un tratturello di collegamento fra i tratturi principali Celano – Foggia e Castel di Sangro – Lucera. La suddetta chiesetta rurale di San Domenico, dedicata a San Domenico di Cocullo, risale probabilmente al 1600. La struttura è affiancata da spazi all’aperto destinati nel passato a ospitare pastori e greggi per il loro pernottamento durante la transumanza. Una chiesetta che si trova isolata fra i prati, un tempo affolatissimo luogo di transito dei pastori, come ci ricorda la croce viaria di pietra, e il fontanile. La chiesa apre al pubblico solo in occasioni particolari, come la festa della Tresca, l’antica trebbiatura del grano con i cavalli che calpestando le fascine, permettono di separare il grano dalla paglia e dalla pula.

Santo Stefano del Lupo è il protettore del borgo molisano. Fu monaco benedettino e la leggenda racconta che avrebbe ammansito un feroce lupo nelle campagne di Manoppello. Nel 1807 i suoi resti furono trasferiti nel suo paese natale, che per l’appunto è Carovilli, e ivi giunsero il 29 settembre. Oggi sono conservati nella parrocchia di Santa Maria Assunta. Nonostante la chiesa ne celebri la memoria liturgica il 19 luglio, a Carovilli viene festeggiato anche il 29 settembre. Sulle pendici di Monte Ferrante è possibile ritrovare tratti di una fortificazione sannitica databile al VI-V secolo a.C. e resti di un tempio di epoca successiva, zona censita come “area archeologica” nella Carta dei beni culturali realizzata dal Dipartimento Interateneo di Pianificazione Territoriale e Urbanistica della “Sapienza” Università di Roma per la Regione Molise nel 2009. Sempre per voler sottolineare la natura rurale e pastorale del borgo, dobbiamo assolutamente nominare il prelibato tartufo e i formaggi, eccellenze del borgo molisano. Anche qui è possibile gustare il famoso caciocavallo di Agnone, un tempo prodotto con il latte delle razze bovine autoctone, oggi col latte delle razze Bruna Italiana, Frisona Italiana, Pezzata Rossa, Podolica. Carovilli presenta molte strutture riservate a masseria, dal latino arcaico massa, che solitamente si utilizzava per nominare i fondi rustici che venivano utilizzati per il pascolo, ma anche per la coltivazione di ulivi e viti.

Castiglione di Carovilli

La rinomata frazione di Carovilli è Castiglione, Castelionem, risalente al XII secolo, che conta circa 200 abitanti, mentre agli inizi del secolo la popolazione era attorno al migliaio di persone. L’origine di Castiglione è certamente antica, appartenente all’antico feudo di Berardo di Calvello sotto il nome di Castelionem. La frazione, col suo abitato, si trova su un colle che un tempo caratterizzava l’apparato difensivo. È detta proprio chiesa sul colle ma anche chiesa Ammond. Un luogo molto caratteristico, specie grazie ai ruderi dell’antica chiesa di San Nicola, un punto di riferimento paesistico per chiunque attraversi il suo territorio. Una lapide testimonia che la chiesa “fu dedicata a S. Nicola di Bari e consacrata nel 1727” dal vescovo di Trivento. Nel 1947, esattamente il 23 novembre, vi fu celebrata l’ultima messa, e in seguito la struttura fu abbandonata e dissacrata perché ritenuta pericolante. L’abitato, invece, secondo la tradizione popolare, fu definitivamente abbandonato dopo la peste del 1656.

Le foto sono tratte da francovalente.it