La regione sannita, pastorale e rurale, è ricca di borghi che nel tempo sono cresciuti e si sono trasformati alla stregua di smart village. Tradizioni, cultura, identità locali, memoria storica ma innanzitutto uno stretto legame con la terra. Dall’artigianato alla gastronomia, la terra e i suoi frutti, il duro lavoro nei campi, i percorsi pastorali, la manipolazione delle materie prime, rivivono ancora nelle caratterizzanti tradizioni di ogni paese. Uno dei prodotti artigianali più noti e apprezzati è da ricercarsi nell’ambito gastronomico. Un prodotto caseario amato da chiunque ami vivere appieno l’esperienza dell’alimentazione genuina e a chilometro zero: il caciocavallo, se impiccato ancora meglio!
Siamo nel pieno della bella stagione, in cui il caldo torrido ci invita a organizzare gite fuori porta, grigliate con gli amici, pic nic in montagna, a stretto contatto con la natura e magari di una piacevole frescura che non guasta di certo. Il caciocavallo manca raramente nei pranzi conviviali ai piedi di un ruscello o nelle vallate boschive in montagna. E solo a scriverne, si sente il suo caratteristico odore nell’aria, quel profumo inconfondibile di pasta che lentamente si scioglie. Un sapore unico, prelibato, deciso. Una ricchezza che, in quasi tutto il meridione d’Italia, e nel Sannio in particolar modo, viene “impiccata” affinché la sua pasta possa fondersi e colare su fette di pane abbrustolito.
Il caciocavallo più indicato per questa “degna fine” è quello moderatamente stagionato, dal peso di massimo 2 kg con una contenuta quantità di sale. La cosa principale è che abbia un cordino per poterlo appendere. È il protagonista indiscusso della cucina povera: un misto di fuoco e fiamme, e la forma di caciocavallo arrotondata, sospesa tra il cielo e la brace, e l’attesa dei commensali. Il calore fa ammorbidire la parte più a contatto con il fuoco e, quando questa diventa di colore rossiccio, qualcuno armato di coltello comincia a tagliarlo. Non deve assolutamente mancare il pane, possibilmente casereccio. Il formaggio filante cede al passaggio della lama che lo taglia in fette grossolane e piano si adagia sulla fetta di pane abbrustolita. Man mano che si consuma sulla brace, il caciocavallo va abbassato sempre più, fino alla fine. La cottura deve avvenire a brace lenta, sul suo patibolo ligneo e odoroso. Quando la crosta comincia a sciogliersi occorre rimuoverla, affinché la pasta coli meglio. La testa del formaggio deve essere particolarmente salata da rendere necessari litri e litri di acqua per dissetarsi. Certo, non tutti si accontentano di sola acqua, ma che siano vino rosso o birra questo è un altro discorso. È certamente uno dei miti indiscussi dello slow food.
Il Sannio beneventano è una delle zone di produzione del caciocavallo ottenuto esclusivamente dalla razza podolica, allevata al pascolo, rustica, di origine ucraina. Si tratta del Bos primigenius o Uro, il primo bovino addomesticato dall’uomo, introdotto durante le invasioni barbariche nelle regioni del sud Italia, dove il pascolo è povero e l’acqua scarseggia. Esso in inverno si adatta molto bene alla vita all’aperto e alle basse temperature e non è raro che partorisca i vitelli nella neve. A Castelfranco in Miscano la cultura del caciocavallo è molto radicata. Esso viene prodotto da latte di mucche alimentate con foraggi di produzione locale. Il sapore è dolce e delicato nei formaggi giovani, leggermente piccante in quelli stagionati. L’odore è gradevole e lievemente pungente. È un prodotto riconosciuto quale PAT, Prodotto Agroalimentare Tradizionale, dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. L’occasione ideale per scoprire questa eccellenza sannita è la Sagra del Caciocavallo organizzata a Castelfranco nel mese di settembre. Il caciocavallo è altresì il re del Molise. Fresco o stagionato, leggermente piccante o più delicato, ha un sapore inconfondibile. Agnone, Capracotta, Carovilli, Vastogirardi sono i paesi molisani che più di tutti parlano della cultura del caciocavallo al mondo. Diciamola tutta: il caciocavallo è il re del Sannio. Per cui, lunga vita a Sua Maestà!
Si ringrazia www.caciocavalloimpiccato.net per la concessione della foto di copertina
Giornalista