Immagini dal Sannio: il nocillo e la ‘Nzilla di Cerreto Sannita

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In copertina, rappresentazione della ‘Nzilla.
Foto di Mario Sagnella

Si avvicina la magica notte di San Giovanni, momento fatto di rituali, stregonerie e leggende. A Cerreto Sannita, la notte magica di inizio estate è una ricorrenza molto sentita ed è conosciuta come notte della ‘Nzilla, evento che riunisce in sé sacro e profano.
È proprio durante la notte del 24 giugno, infatti, che nella contrada dedicata a San Giovanni Battista appare la rinomata ‘Nzilla, donna ammaliatrice vestita di morbidi e suadenti veli, da molti riconducibile a una strega, ma che, secondo gli storici locali, è da ricondurre alla mitica figura di Salomé, la quale sceglie proprio questo momento per apparire, danzare e spaventare gli ignari presenti, su una trave di fuoco sospesa sul torrente Turio, sotto il ponte di San Giovanni.
Salomé riuscì a conquistare Erode Antipa, re di Giudea che, appagato dalla sua esibizione, giurò di darle in premio qualsiasi cosa avesse richiesto. Fu così che la giovane, istigata dalla madre, chiese che le fosse consegnata su un piatto d’argento la testa di Giovanni Battista. Erode non poté certamente tirarsi indietro dalla promessa fatta alla giovane donna. Per tale motivo, inviò alcuni prescelti a decapitare il Battista.

Sin dall’antichità, durante la notte stregata del 23 e 24 giugno, a Cerreto Sannita si soleva porre, sui davanzali delle finestre di casa, un bicchiere o un barattolo di vetro con dentro acqua e un albume d’uovo. Nel corso delle ore notturne, nel bicchiere si creavano strane forme, come una barca o una croce o un cerchio. che venivano interpretate e grazie alle quali si era in grado di leggere nel futuro. Ogni forma, infatti, simboleggiava un significato, di vita, morte, fortuna, sventura o quant’altro. Per questo motivo, secondo molti studiosi, si ritiene che la parola ‘Nzilla deriverebbe da Sibilla, cioè una vergine dotata di virtù profetiche. Altri lo farebbero derivare da Ancilla, che in latino indica l’ancella, o serva, mentre secondo Di Lello, come riportato da Antonello Santagata sul portale istitutostoricosanniotelesino.it, deriverebbe dal passo della Vulgata che riguarda l’episodio di Salomè. In latino, il brano in questione recita “At illa, praemonita a matre sua: da mihi, inquit, hic in disco caput Joannis Baptistae“, da tradurre in italiano “Anzi ella, prevenuta da sua madre: dai a me – disse – qui nel vassoio, la testa di Giovanni Battista”. Anzi ella in dialetto diventerebbe Anz’illa. Parliamo, in ogni caso, di una specie di janara con nessun intento malefico, piuttosto ammaliatore. E per esorcizzare ogni malevola intenzione, quando la si incontra, bisogna dirle: “Oh n’zillan’zilla che facisct’?/ Facisct’ taglè a chèpa / a San Giu’uann’ Battisc’ta“.

Alla leggenda di questa affascinante figura dobbiamo accostare la tradizione di preparare il nocillo.
Si tratta di un liquore, digestivo, ricavato dal mallo delle noci, una delle specialità del Sannio, conosciuto come elisir delle streghe. Una esperta miscela di spezie e noci fermentate nell’alcool dall’aroma fine, gusto deciso e dal retrogusto amaro. Tutta Italia conosce questo liquore che tradizionalmente veniva prodotto nelle farmacie, dato che aveva molte proprietà terapeutiche: sembra, infatti, che fosse un ottimo antipiretico, ma anche sedativo e rimedio per la pesantezza di stomaco. Veniva persino utilizzato per contrastare il mal di denti. Ogni farmacia aveva la sua ricetta segreta e, purtroppo, molte ricette sono andate perse fra diatribe di famiglia, gelosie e volontà di non divulgarne la formula. E anche a Cerreto si racconta che alcuni vecchi farmacisti abbiano scritto nel proprio testamento di non divulgare i segreti del proprio nocillo.

Il nocillo (o nocino).
Foto di distillerie bonollo

Il liquore mette d’accordo superstizione e scienza e la sua nascita risale alla notte dei tempi, tanto da non avere fonti certe e documenti attendibili sulle sue origini. Secondo la leggenda, il problema della notte di San Giovanni era senz’altro l’assenza totale di illuminazione, anche se proprio per questo motivo abbondavano i fuochi accesi con sterpaglie, in modo da illuminare l’area di lavoro e permettere la scelta dei frutti adatti. Questi rituali e antiche suggestioni spinsero molti uomini e donne di paese, spaventati dalle scene di magia nera che venivano annualmente svolte nei campi, a prendere la drastica decisione di evitare di approfondire le origini di un liquore comunque molto buono, per cui si diffuse la diceria che avvicinarsi ai campi in occasione della notte di San Giovanni portasse sfortuna. Soltanto così, le donne raccoglitrici furono lasciate in pace. Alcuni contadini, però, non accettavano alcun tipo di stregoneria nel proprio campo e molti di loro arrivarono a legarsi agli alberi in modo da poter assistere ai rituali senza essere coinvolti nella magia nera del nocillo. Altri boicottarono le proprie colture tagliando le fronde degli alberi pur di non far avvicinare le streghe.
Le noci vanno raccolte proprio durante la magica notte di San Giovanni, proprio perché ancora verdi, ma anche perché questo è il periodo certamente migliore per ottenerne una maturazione ottimale. Non è difficile pensare che questa tradizione si leghi al Noce di Benevento, attorno al quale veniva praticato il Sabba, con riti magici, stregonerie, dove le janare incontravano il Diavolo.

La ricetta più accreditata prevede che nell’alcool vadano in infusione 13 noci, 13 chicchi di caffè crudi e 13 tostati, 3 chiodi di garofano, 3 cortecce di cannella e 3 cucchiai di zucchero. Vi propongo, in ogni caso, una ricetta tratta dal blog di Luciano Pignataro.
Ingredienti: 30 noci con mallo verde, 1 lt di alcool a 90°, 400 g di zucchero, 1 lt di acqua liscia oligominerale e a basso contenuto di calcio e magnesio, ¼ di noce moscata grattugiata, 2 anici stellati, 6 chiodi di garofano, 1 stecca di cannella, 20 chicchi di caffè tostati, 40 gr. di bastoncini di radice di liquirizia, la scorza di 3 arance, la scorza di 3 limoni.
Preparazione: sciogliere con cura lo zucchero nell’acqua, tagliare in quattro i malli di noce, porre tutti gli ingredienti in infusione per 100 giorni. Allo scadere di ogni mese filtrare il tutto utilizzando della tela di lino. Alla terza filtratura, imbottigliare l’infuso e lasciarlo affinare in bottiglia per circa un mese. L’infusione e l’affinamento vanno effettuati al buio.









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