Immagini dal Sannio: la catena delle Mainarde, spettacolare profilo molisano

postato in: Immagini dal Sannio | 0
Condividi articolo

Il loro paesaggio, le cime che svettano ed evocano bellezza e silenzio, sono segno indiscutibile di un fascino senza tempo e di quanto la natura possa sorprendere sempre di più chi ne fa visita e le contempla. E, ovviamente, chi le rispetta. E infatti, proprio chi ama la natura, può immergersi in tali paesaggi incontaminati e incontrare qua e là timidi camosci, oppure scovare tane di orsi e imbattersi in tracce di lupi, può udire il bramito dei cervi in amore o ammirare aquile reali, falchi pellegrini e coturnici in volo. Passeggiare tra i monti molisani vuol dire aprire il proprio cuore a vallate che lasciano senza fiato; una natura incontaminata, vallate incantate costellate di piccoli borghi e castelli arroccati. Un paesaggio estremamente suggestivo in qualsiasi stagione dell’anno, quello delle protagoniste assolute della bellezza molisana che va a finire nello spettacolare scenario del Parco Nazionale d’Abruzzo. La catena montuosa dei Monti della Meta, che prendono il nome dalla loro cima più alta, si estende lungo il confine tra Molise e Lazio, con prevalenza nel piccolo territorio molisano. È una barriera naturale molto rocciosa e dall’aspetto aspro e selvaggio, quasi ostico a vederlo, ma dal gran cuore, che si innalza bruscamente con pareti e strapiombi. Qui si trovano le vette più elevate del Molise, con il Monte Mare, di 2.124 metri, e la Metuccia, di 2.105 metri, che superano entrambe in altezza la vetta del Monte Miletto, di 2.050 metri, la cima più alta del massiccio del Matese. Altri monti di rilevante importanza sono il Monte Ferruccia, a quota 2.000, il Monte Marrone, a 1.805 metri sul livello del mare e il Monte Piana con un’altitudine di 1.200 metri.

La catena delle Mainarde, invece, è separata dal massiccio del Matese dal fiume Volturno, che sfocia nel Tirreno. Qui sono presenti vistose tracce di glacialismo quaternario e nelle sue valli sorgono copiosamente le acque dei fiumi Melfa e Mollarino in provincia di Frosinone, del Rio Torto in provincia dell’Aquila. Le Mainarde rappresentano proprio i rilievi più bassi del massiccio e qui la presenza dell’uomo, in passato, era più stabile, con abitazioni e coltivazioni, grazie al clima meno rigido. Non si può definire un confine geologico preciso tra le due catene montuose: sicuramente, possiamo affermare che le Mainarde non rientrano nel territorio regionale abruzzese, tanto che vengono ritenute facenti parte del territorio del Molise. Il panorama dei monti delle Mainarde è di unica bellezza e dal fascino inconfondibile, grazie alle sue caratteristiche naturali, alle sue cime immacolate, al silenzio che urla nella valle, ai suoi luoghi integri, naturali, incontaminati, privi di qualsiasi segno di sviluppo tecnologico, come se il tempo fosse fermo, se respirasse ai limiti dell’esistenza, come un funambolo che resta in equilibrio su un’immensità rincuorante. Uno scenario incantevole in ogni stagione, denso di storia, di gioielli naturalistici, di silenzi interrotti solo dal passaggio di torrenti e di piccoli borghi che sono testimonianze di antiche culture al passo con i tempi moderni. E quante foreste secolari, immense, suggestive, che sanno illuminarsi come per magia grazie allo spettacolo che la neve regala loro. Uno dei punti più panoramici è certamente quello da Monte Marrone, che con i suoi 1805 metri, offre una vista sulla valle del Volturno di una bellezza straordinaria, unica, mozzafiato. Il lago di Castel San Vincenzo è una delle più belle testimonianze di questa zona, una macchia azzurra che spicca nel verde che predomina, le cui acque provengono principalmente dai torrenti della Montagna Spaccata nei vicini comuni di Alfedena e Barrea. Un lago che, benché sia di orignie artificiale, si armonizza benissimo nel contesto naturalistico della zona. E poi le sorgenti del Volturno e la storica abbazia di San Vincenzo al Volturno, e Colli al Volturno, la piccola Parigi, e Rocchetta al Volturno, e Cerro al Volturno. Non è possibile nominare, in sole due righe, tutta la bellezza che vi si ritrova. (Nella foto in basso, il lago di Castel San Vincenzo).

In questo territorio senza tempo e senza aggettivi che lo possano davvero descrivere, sono state censite 700 specie floristiche e 120 faunistiche.
Nella parte più alta della catena troviamo vaste faggete, e aree con aceri di diverso tipo, che si alternano a pioppi, convivendo fraternamente. Più si scende e più ci si imbatte in boschi di cerro, con aceri campestri e biancospini. Lì dove la luce del sole è più forte crescono la roverella, il carpino nero e il nocciolo, e la mitezza del clima dà la possibilità di crescita a specie come il leccio. Il re e protagonista incontrastato del maestoso scenario montuoso è di certo l’orso bruno marsicano, solitario e vagabondo con le sue caratteristiche di animale solitario e vagabondo, vicino al quale vive il lupo, spesso segnalato in branchi di dodici-quindici unità, in continuo movimento e a caccia di prede. Le Mainarde offrono un habitat ideale anche per il camoscio d’Abruzzo, per il cervo e il capriolo.
Oggi è ricomparso e divenuto molto presente anche il cinghiale, che purtroppo provoca seri danni agli agricoltori del posto. Presenti anche l’aquila reale, il nibbio, il nibbio reale e il falco pellegrino, oltre ai rettili come la rara vipera dell’Orsini o anfivbi come la salamandrina dagli occhiali, presente anche nel vicino parco del WWF di Guardiaregia. Si può esprimere con certezza che le Mainarde ospitassero, un tempo, anche la misteriosa lince, oggi purtroppo scomparsa: un esemplare pare sia stato abbattuto intorno al 1968 da un cacciatore. Per la regione molisana, don Giuseppe d’Alessandro, duca di Pescolanciano, già nel 1723 ricordava che “nei luoghi più rigidi e boscosi di questo regno vi sono rari lupi cervieri [nome tradizionale della lince] che… son di grossezza per due volte un grosso gatto”. L’idea di estendere il Parco Nazionale d’Abruzzo anche al comprensorio delle Mainarde risale al 25 Novembre 1921.

.

I