Immagini dal Sannio: la cipolla sannita, eccellenza della terra e presidio Slow Food

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Tra le vere e proprie eccellenze gastronomiche del Sannio, un ortaggio che è indispensabile annoverare è certamente la cipolla, che in alcuni casi è diventato presidio Slow Food. E proprio la cipolla ci riconduce a quei sapori generosi e genuini da accompagnare ad altri prodotti di cui il Sannio può vantare di essere fiero produttore, quale olio, vino, e altre bontà della terra. Un ortaggio che spesso fa torcere il nasino dei più piccini, ma che è buona davvero. Si tratta di uno degli alimenti più antichi fra quelli abitualmente consumati. Originaria dell’Asia centrale, nel Medioevo ebbe la sua massima diffusione nelle nostre zone mediterranee. Già nell’antichità, essa veniva consumata tanto per il suo sapore quanto per le sue proprietà nutrizionali. È ricca di antiossidanti, povera di grassi e contiene oligoelementi essenziali, come il selenio e il manganese, o minerali, quali potassio e fosforo, e ovviamente le fibre. Un prodotto che apporta pochissime calorie e che rende unici e saporiti i nostri piatti, sia che venga cotta, sia che rimanga cruda. L’utilizzo migliore, nella regione campana, è certamente nella preparazione del ragù alla genovese, uno dei sughi regionali per pasta per eccellenza: si tratta di un condimento a base di cipolle e carne di manzo lasciate consumare sul fuoco per ore e ore, con cui condire poi la pasta, in particolar modo gli ziti.

La ‘nzerta di Alife, foto di copertina tratta da matese.guideslow.it

Alife è certamente la regina della cipolla sannita ed è il cuore della fertile pianura alifana, nel Casertano. La coltivazione in loco è antichissima. Secondo una leggenda essa ebbe inizio durante la dominazione romana: sembra che i gladiatori la utilizzassero in maniera spasmodica, ma per fini meramente estetici. Infatti, sembra che essi strofinassero sul loro corpo le cipolle per rassodare i muscoli e per darsi tonicità. Anche nel periodo medievale, sotto la dominazione longobarda, l’ortaggio continuò a essere intensamente prodotto. All’epoca divenne talmente popolare che esso veniva utilizzato anche per fare dei regali e talvolta veniva usato come merce di scambio o per pagare l’affitto di casa. Era altresì utilizzata come ottimo analgesico, contro il mal di testa, ma anche per la cura dei morsi dei serpenti o per contrastare la perdita di capelli. Dal Medioevo i secoli sono trascorsi con la produzione e nel Novecento erano circa trenta i grandi coltivatori che producevano quintali di cipolle che venivano acquistate da venditori in arrivo da Napoli e da Roma per poi essere distribuite sul mercato nazionale. Purtroppo, la tradizione, con l’avvento dell’era moderna e della tecnologia, è andata quasi perduta: oggi sono poche le aziende produttrici di questo importantissimo ortaggio, e molte di queste sono a conduzione familiare. Il colore della cipolla di Alife è rosso ramato intenso, la forma è sferoidale fortemente schiacciata ai poli. Essa ha un sapore dolce, intenso, aromatico ma non acre, la polpa croccante e soda e viene conservata sottoforma di ‘nzerte, realizzate intrecciando le foglie essiccate. La cipolla alifana ha trovato impiego nella cucina tradizionale locale per la preparazione di minestre dal sapore antico assieme a fagioli, sedano, carota, olio extravergine di oliva, le tradizionali cipollate. Non solo: è un ottimo ingrediente per zuppe e frittate.

La cipolla di Airola è anch’essa presidio Slow food ed è un vero e proprio simbolo della città caudina, tanto che uno dei murales che si trovano nelle vie della città raffigura la preparazione della cena, con una donna che affetta, appunto, il prezioso bulbo di cui Airola si fa vanto. Gli airolani un tempo venivano chiamati per l’appunto Cipollari, a testimonianza del legame forte e radicato che essi avevano con la coltivazione, il commercio e il consumo del genuino ortaggio. La sua presenza è rintracciabile già nel 1848 nel testo Cenno storico e toponomastico dell’antica e moderna Airola sita nella Valle Caudina. Grazie alla vicinanza dei corsi d’acqua Tesa e Faenza, che rilasciano nutrimento organico senza però renderli acquitrinosi, si sono create le condizioni favorevoli per la coltivazione di una cipolla pregiata per la sua sapidità e dolcezza, mai pungente. Le zone di produzione storiche si trovavano, in particolare, nelle contrade Padula, Feniello, Scarpone, Cortecalce, Pantanosi. Il bulbo è di forma oblunga, anch’essa di un vivace colore ramato, mentre la parte interna è rosa, con sfumature viola. Si tratta di un prodotto che in passato ha rischiato l’estinzione, in quanto la piccola produzione spesso è stata risucchiata dalla modernità e dall’intensificarsi delle coltivazioni di tabacco, negli anni Settanta. Il tabacco, infatti, era più facilmente lavorabile, tramite sistemi meccanizzati, che garantivano una maggiore redditività. La raccolta inizia a metà luglio ed è effettuata a mano. Il prodotto si lascia in campo, affinché si completi la prima fase di asciugatura, e poi si trasporta nei magazzini. La cipolla di Airola è prodotta nei Comuni di Airola, Bucciano, Bonea, Moiano, Montesarchio, San Martino Valle Caudina, Cervinara, Rotondi, Paolisi, Arpaia. Anch’essa può essere consumata cruda in insalata, aggiunta alle zuppe di fave o fagioli, oppure utilizzata nella preparazione di frittate o del tradizionale ragù alla genovese.

Un murales nella città di Airola

Anche in Molise la cipolla ha costituito da sempre la base della cucina sia delle persone abbienti che dei più poveri. A Isernia, zona di eccellenza nella produzione molisana dell’ortaggio, essa viene conosciuta anche come cipolla di San Pietro. Si tratta di una varietà locale selezionata dai contadini isernini negli anni e che rientra nella tipologia della cipolla fresca. Il territorio di produzione coincide con quello del comune di Isernia ma si coltiva anche in alcuni terreni nei comuni limitrofi, come Macchia di Isernia o Sant’Agapito. La semina viene effettuata ad agosto e la raccolta inizia nel mese di giugno, esclusivamente a mano con l’ausilio degli attrezzi tradizionali, come la zappa e il bidente. Proprio perché il bulbo si raccoglie a giugno, per tradizione tra la prima e la seconda decade, viene chiamata cipolla di San Pietro, ed è la protagonista proprio della tradizionale fiera isernina dedicata ai SS Pietro e Paolo, che appunto viene anche chiamata Fiera delle cipolle. In un’antica monografia, infatti, la fiera veniva definita come un grande smaltimento di cipolle. Essa ha un bulbo bianco e si distingue per il sapore dolce e un odore non troppo accentuato, tanto che viene utilizzata molto spesso a crudo, in insalata. Anche qui troviamo la tradizionale cipollata, in questo caso con olio, a cui si aggiungono prezzemolo, pepe e uova, da consumarsi con pane fresco. Questo prodotto è menzionato in alcune parti della Bagliva della fedelissima regia città di Isernia, un documento del 1487, ove si può leggere che i venditori dovevano versare un tributo per “ogni salma di cipolle” e che per non danneggiare i produttori locali si poteva proibire ai commercianti di fuori città la vendita di più generi alimentari, tra cui “agli e cepolle”. Negli anni anche in Molise il numero dei produttori di cipolla è drasticamente diminuito. Oggi infatti sono poco più di una ventina i produttori che la coltivano, in orticelli e in quantità limitate.

Cipollata alifana (tratta da matese.guideslow.it)

Ingredienti
• 6 cipolle alifane
• 250 g fagioli cerati alifani
• una costa di sedano
• olio extra vergine di oliva
• sale q.b.
• qualche fetta di pane contadino
raffermo cotto a legna
• peperoncino a piacere

Preparazione

Cuocere i fagioli in abbondante acqua, con una costa di sedano e salare alla fine. Mondare 5 cipolle e tagliarle ad anelli, trasferirle in un tegame, salare, cuocere a fuoco moderato finché le cipolle sudino senza prendere colore; a fine cottura colare l’acqua fuoriuscita e mettere a riposare. A parte far soffriggere l’altra cipolla mondata e tagliata con olio extra vergine di oliva. Alla fine versare il tutto in un tegame e lasciar sobbollire, aggiustando di sale. Servire il piatto molto caldo, guarnire con fette di pane e un filo d’olio extra vergine di oliva.