Gildone è un comune italiano di 873 abitanti della provincia di Campobasso, nel Molise fortorino. È situato a sud del capoluogo e sorge in una zona collinare. Il suo paesaggio è tipico della collina molisana dedita all’agricoltura: numerosi campi coltivati si alternano ad appezzamenti incolti e boschi che ricoprono una buona parte di territorio. Il borgo era già in essere in epoca sannitica, come attestato dal ritrovamento di una necropoli nel territorio comunale, per poi prosperare con l’immigrazione degli abitanti dei feudi di Quadrano e Sant’Andrea. La principale chiesa, dedicata a Sant’Antonio Abate, conserva una prestigiosa opera d’arte: un trittico che nella lunetta ha il Redentore crocifisso, nel mezzo la Madonna col Bambino con l’Adorazione di Sant’Antonio Abate e Sant’Antonio di Padova e nel basso l’ultima cena. Il primo giorno di agosto Gildone festeggia il suo santo patrono, San Sabino, mentre il 5 agosto celebra la Madonna delle Grazie, la cui festività è certamente la più sentita dai gildonesi.
Ogni anno a giugno, in occasione della festività di Sant’Antonio di Padova, a Gildone si festeggia il pane, l’alimento più nobile e sacro che ci sia. La tradizione del Pane di Sant’Antonio, in tutta Italia, vuole che il 13 giugno si benedicano dei piccoli pani che poi vengono distribuiti ai fedeli e consumati per devozione. Una tradizione che ruota intorno all’alimento più importante, fondamentale per vivere, bene prezioso, necessario, unico, il cibo quotidiano per antonomasia, quello della condivisione, che si mangia insieme gli altri e che crea comunità. Non a caso il termine “compagno” deriva da cum panis ossia “colui che mangia il pane con me”. E la tradizione della benedizione e distribuzione del pane di Sant’Antonio nel tempo si è concretizzata sempre di più con forme solidali grazie alle quali i frati e il prelato tutto riescono a dare un piccolo aiuto alle persone più in difficoltà. Il pane viene distribuito il 13 giugno sotto il segno del perdono, della misericordia e della carità. E la festa del pane gildonese ha come protagonista il più importante degli alimenti, principe indiscusso della tavola quotidiana, simbolo di Vita, di Dono e di Fede. Non si tratta di una semplice festa di paese, ma di un rito che dai primi decenni del Nuovo secolo è entrato a far parte della cultura, della tradizione e dei rituali di un popolo devoto e gentile. Una festa in cui gli abitanti di Gildone dimostrano un grandissimo senso di condivisione e fratellanza, gesti solidali nei confronti dei più giovani e degli anziani del paese, in un altissimo spirito di confronto generazionale. Già attorno agli anni Trenta, Amabile Tezzon, levatrice del borgo proveniente da Rovigo, fece un gesto solidale ripreso poi dai gildonesi che decisero di farne una festa. Era un 13 giugno, la processione del Santo passò davanti alla sua casa, e la donna fece trovare un altarino su cui aveva posto alcune pagnottelle che, dopo la benedizione, distribuì ai poveri del paese. Da quel momento la devozione dei gildonesi nei confronti del Santo padovano fece sì che il gesto si trasformasse in una celebrazione annuale.
Già nei giorni antecedenti alla festa, le ragazze del paese si occupano di raccogliere fiori di campo colorati da cui poi estraggono i petali per realizzare una bellissima infiorata che decorerà la piazza del paese e le strade del centro storico. I ragazzi fra i 13 e i 20 anni, invece, nei giorni che precedono la celebrazione del pane, si recano nelle campagne del paese e dei dintorni per raccogliere ceppi di legna destinati all’accensione dell’enorme falò dedicato al Santo. Inoltre, i primi dodici giorni di giugno, ogni giorno i monacelli, i piccoli del paese di età compresa tra i 4 e i 13 anni, si uniscono tra loro al fine di onorare il Santo con la tradizionale Tredicina, preghiera padovana che recita ogni sera al Palazzo Virgilio. Davanti all’altare adornato con ceri e gigli, i bimbi si raccolgono in preghiera davanti a un antico quadro raffigurante Sant’Antonio. Il 13 giugno indossano il saio di Sant’Antonio per sfilare in processione con una pagnottella in mano e un giglio, simbolo del Santo, insieme alle donne del paese che con fierezza trasportano, tra le mani o sulle loro teste, i tradizionali cesti di pane, precedentemente preparati nella chiesa di San Rocco e in seguito benedetti. Si tratta di bambine e adulte, ragazze e donne anziane, adornate anch’esse di gigli, che, in base alla loro età, si dispongono in fila portando tra le mani o sul capo cesti di paglia contenenti pane. Le donne più adulte, esperte e devote, riescono a portare fino a 15 kg di pane sulle proprie teste, sfilando con un notevole equilibrio e tanta sicurezza, portando avanti una tradizione molto sentita e mai interrotta, se non nei due anni di pandemia. Il pane, prodotto dai panettieri del luogo, viene donato a tutti in segno di generosità e condivisione al termine della processione, a sottolineare la solidarietà di un gesto di amore e condivisione, proprio come insegnatoci da Gesù.
Giornalista