Immagini dal Sannio: la Madonna dell’Assunta di Guardia Sanframondi

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Nel mese di maggio, il mese per eccellenza dedicato alla Vergine Maria, si fa incetta di storie di devozione, penitenza, voti e doni nei confronti della Santa Madre. Guardia Sanframondi è la gemma del Sud, gioiello del Sannio beneventano che custodisce l’amore indissoluto per la sua Santa Vergine: la Madonna Assunta, attorno alla quale girano tutta la Fede e l’Amore mariano della popolazione guardiese e sul cui culto si basa la più sentita manifestazione di devozione e penitenza verso cui i guardiesi sono assolutamente devoti, i Riti Settennali in onore dell’Assunta. Una modesta e al contempo maestosa statua lignea che attira a sé manifestazioni di devozione e affetto da parte di ogni guardiese ma anche di tanti cittadini del circondario. Se vogliamo ammirarla personalmente, dobbiamo recarci presso il Santuario mariano dell’Assunta, Basilica pontificia di Guardia Sanframondi ove, in una nicchia dietro all’altare centrale, Lei la fa da padrona. La nicchia è ricavata sotto a un maestoso baldacchino settecentesco ed è sempre illuminata, per dare luce a Colei che di luce ne ha già tanta e la dirama ovunque, verso chiunque le volga lo sguardo. Maria, infatti, è in atto benedicente, assieme al Bambino che ha in braccio, guarda dritto negli occhi di chi si prostra ai suoi piedi, in una commovente scena di comunione verso il fedele. Da secoli, la Vergine è vestita da una veste di seta ricamata d’oro, che non fa altro che esaltarne la luce e la bellezza. Le stelle sul manto d’oro trapuntato ne esaltano purezza e lucentezza. Veste e manto sono due dei doni che i fedeli hanno reso alla Vergine, ma non sono certamente gli unici: anche le corone indossate da Madre e Bambino, la spiga di grano, il ramoscello d’ulivo e il grappolo d’uva, la spugnetta d’oro, la corona di perle, gli angioletti sulla pedana.

Non si sa chi sia l’autore di tale bellezza né si sa, esattamente, da dove provenga. C’è chi la data all’età bizantina, facendola provenire da una delle tante abbazie del Monte Taburno, chi invece la daterebbe all’età gotica. Fatto sta che la storia del suo ritrovamento ha un che di leggendario e tutto il popolo guardiese è fortemente legato a tale racconto. Un giorno di tantissimi anni fa, nel bel mezzo del solleone del mese di agosto, un contadino stava arando con i buoi un pezzo di terra in contrada Limata, in un borgo nei pressi del vicino Comune di San Lorenzo Maggiore, ora inesistente, di cui si conserva solo qualche rudere. Il contadino era molto affaticato dal lavoro e dal sole finché venne scosso dall’arresto brusco dei suoi buoi, come fossero colpiti da un incantesimo, da qualcosa di molto grande. Gli animali si fermarono e si piegarono sulle ginocchia, finché dalla terra si diffuse il suono di campanelli che donavano estasi a chi li ascoltava. Il vecchio contadino rimase esterrefatto ma subito fece diffondere la notizia nei vicini borghi di San Lorenzo, Paupisi, Vitulano, facendo così accorrere molte persone incredule sul posto. Scavarono molto finché dal sottosuolo rinvennero dei pesanti campanelli di bronzo, uno più piccolo dell’altro, e la bellissima statua della Madonna, finemente lavorata. Tutti i cittadini dei territorio circostante cercarono di portare con loro la Vergine; provarono a sollevarla ma era molto pesate e non si smuoveva dal suo posto, finché dei giovani guardiesi, ispirati dal Bambinello che era in braccio alla Madonna, si aprirono improvvisamente le camicie sul lato anteriore e cominciano a battersi il petto con la spugnetta. Alcuni di loro, col petto sanguinante, si accostarono alla statua, la presero con delicatezza e, cercando di sollevarla, scoprirono che era avvenuto un miracolo: la Vergine era improvvisamente diventata molto leggera. I guardiesi, commossi, cominciarono a pregare, piangere e anche ad applaudire, formando un corteo processionale che subito partì alla volta di Guardia Sanframondi. Da quel momento nacque l’amore, il grande amore della comunità guardiese per la sua Madonna che troneggia nella sua splendida e illuminata nicchia.

Ogni sette anni, a partire dal lunedì successivo al 15 agosto, per sette giorni, la comunità guardiese, in segno di devozione e penitenza, celebra i suoi Riti nei confronti della Vergine. Non una festa di paese, non una festa patronale, niente musica, niente giostre: questa è l’occasione in cui il cuore degli abitanti di Guardia parla anche nel silenzio e fa parlare di sé dinanzi a ogni devoto che si ritrova a cospetto di questa antica tradizione. Un rito che richiama a sé migliaia di devoti, che giungono a Guardia per respirare quell’aria e quegli odori, per ascoltare le litanie e i cori, per osservare la solenne processione della Vergine, durante la domenica, l’ultimo giorno di celebrazione, che si muove circondata da numerosi fedeli, seguita da un’onda di devoti. Un corteo che procede lentamente e con assoluto segno di devozione e radicato senso di appartenenza e di fede, con i quattro rioni, Croce, Portella, Fontanella e Piazza, e con le loro suggestive rappresentazioni di Misteri, angioletti, verginelle, scene del Vecchio e Nuovo Testamento, Virtù teologali e cardinali, cori, il suono dei campanelli, detti anche bronzini, e gli attesissimi Flagellanti e Battenti che, in segno di penitenza, si percuotono a sangue con la disciplina o con la spugna di spilli, e che attendono il grido Con fede e coraggio, fratelli, in nome dell’Assunta battetevi con assoluta trepidazione nel cuore. Alla fine di tanto clamore la statua torna nella sua nicchia, ma la lastra resta aperta e comincia un Veglia continuativa, 24 ore su 24, per più settimane, che rappresenta il coronamento di questa straodrdinaria manifestazione penitenziale, finché non viene nuovamente chiusa a chiave, nella sua splendida nicchia, aspettando i prossimi sette anni per poter compiere di nuovo la sua sentita processione. Solo in caso di sventure, epidemie, carestie, si può richiedere che la Vergine venga rimossa dalla sua nicchia e si può anche richiedere l’intercessione tramite i campanelli, il cui suono incantevole esalta gli animi di ogni guardiese e dona un senso di assoluta enfasi ed estasi a chiunque li ascolti, i quali, a dirla alla Padre Giuseppe Lando sono “l’invito più poressante per il ricorso alla Vergine”. Alla fine della processione, alla fine di questa settimana Santa per il popolo di Guardia Sanframondi, nulla resta come prima. Un senso di amore, di radicata devozione, un senso di pura appartenenza alla propria terra, un senso di sicurezza ma anche di smarrimento, oserei dire, si impossessa in chi vive tale momento. Il guardiese con una nota nostalgica custodisce, dentro di sé, gli attimi vissuti in questa espressione autentica e corale della fede di questa meravigliosa terra e della cultura popolare e religiosa, rievoca suoni, odori, cori e litanie e sente un profondo vuoto, ma allo stesso tempo comincia a riflettersi in ciò che sarà sette anni dopo, e l’attesa si fa così forte che il ciclo settennale della comunità viaggia proprio in questo arco temporale per poter rivivere, nuovamente, un’esperienza unica e pura.

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