Immagini dal Sannio: la padellaccia, antica ricetta contadina

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In copertina, la padellaccia in cottura.
Foto di Nello Pinto

A Benevento viene spesso chiamata A’ Tiana, ma l’intero Sannio la conosce perlopiù come padellaccia, ricetta tradizionale del territorio legata agli antichi rituali dell’uccisione del maiale e ai tipici prodotti a chilometro zero. E infatti, carne suina e peperoni sono gli ingredienti principali di questo succulento piatto, che già in antichità veniva preparato nei giorni in cui i contadini si riunivano in famiglia per la lavorazione del maiale, rigorosamente allevato in casa.
Il periodo di lavorazione delle carni suine, in realtà, è tra dicembre e gennaio, ma è anche vero che la padellaccia è un piatto tipicamente invernale e finché non si assesterà il bel tempo primaverile, è sempre possibile prepararlo e degustarlo. Nulla toglie, però, che possa essere preparato come pasto unico delle più calde serate estive. Un classico senza tempo, legato alla ruralità e agli antichi rituali sanniti, che ha il sapore della festa, della convivialità, della cooperazione tra famiglia e amici.

In passato, la festa del maiale era considerata l’inizio di una nuova prosperità nelle modeste case contadine, in cui l’abbondanza era cosa rara. Avere il maiale era la garanzia di avere carne per tutto l’inverno. Le dispense, infatti, venivano riempite di preparati a base suina, in particolare di insaccati, prosciutti appesi in bella vista, salsicce, coppa, bistecche, e carne per la preparazione di svariati primi e secondi piatti. Ogni tipologia di alimento veniva conservato in modo diverso, in base alla finale destinazione d’uso, e sicuramente anche oggi è così. Come si dice? Del maiale non si butta via mai nulla e la padellaccia è la ricetta tipica che testimonia questo modus dicendi.
Quando il maiale veniva ammazzato, da un lato c’era sofferenza e amarezza nei confronti della povera bestia, ma dall’altra, la consapevolezza di avere carne per tutto l’inverno investiva tutti di un senso di sicurezza e tranquillità. Vicino agli operai intenti in questa barbara esecuzione c’era sempre un grande calderone pieno di acqua bollente che veniva utilizzata per lavare l’animale e rimuovere le setole.
Quella della pulitura del maiale è una operazione molto delicata, che necessita di esperienza, pazienza e maestrìa. Una volta lavato, l’animale viene eviscerato per qualche giorno. Le rifilature, le interiora e le parti meno pregiate, che derivano dalla macellazione, vengono conservate e cucinate a parte con erbe aromatiche dell’orto e poi soffritte nel grasso che deriva dall’animale stesso, dando vita a un delizioso piatto nutriente e molto gustoso.

I pezzi del maiale per la preparazione.
Foto di Nello Pinto

RICETTA – Ingredienti: 500 g di carne di maiale mista (coppa, pancetta, spalla e guanciale), 100 g di peperoni tondi sott’aceto (le cosiddette papaccelle), 200/300 g patate, olio extravergine di oliva o olio da frittura, sale e peperoncino q.b..
Preparazione: tagliare la carne di maiale a pezzi di circa 3 cm, pelare e tagliare le patate. Lavare per bene i peperoni in modo che scarichino in parte il sapore dell’aceto e renderli in pezzi grossolani. In una padella con poco olio, friggere i peperoni, scolarli e tenerli da parte. Nello stesso olio, che avrà assunto il sapore dei sottaceti, friggere la carne fino a cottura, ossia per circa 15/20 minuti, avendo cura di girare spesso. Nel frattempo, friggere le patate fino a che saranno croccanti e dorate, e scolarle su carta assorbente. Una volta cotta la carne, unire i peperoni e le patate, mescolare facendo rosolare ancora qualche minuto, aggiustare di sale e servire caldo.
Una volta che la carne è cotta e rosolata, può essere servita con la panonta, un insieme di fette di pane dorate nel grasso della padella. Il tutto da gustare con ottimo vino, possibilmente un buon rosso, come un Aglianico del Taburno o un buon bicchiere di Camaiola.