Il Molise è una piccola terra ricca di storia, le cui origini sono molto antiche e si legano a diverse epoche e civiltà. Sono differenti le supposizioni inerenti all’origine del toponimo. Secondo Francesco D’Ovidio, la genesi, di origine medievale, potrebbe derivare dalla forma aggettivata di mola o molinum, da cui molenses, ovvero abitanti presso la mola o il mulino. Altri, invece, fanno derivare il termine dal nome di un feudo o di un castello o di un’antica città sannita, come la Melae citata da Livio. Secondo la leggenda, infatti, il primo gastaldo di Bojano, Alczeco, avrebbe edificato il suo castello proprio sulle rovine di Melae. Un’altra ipotesi, ancora, fa risalire il nome all’alterazione dei cognomi Marchisio e de Molisio presenti in un documento che risale al 1195. Proveniente dal feudo di Moulins-la-Marche, una importante famiglia ebbe quale capostipite Rodolfo de Molisio, compagno d’armi di Roberto il Guiscardo, duca di Puglia, della famiglia Altavilla. Il feudatario evidentemente supportò la famiglia normanna nella conquista di alcuni dei territori sanniti che in seguito entrarono a far parte del Regno di Sicilia.
Il territorio regionale che oggi conosciamo è nato dalla fusione del Contado di Molise e della Contea di Loritello, ma ripercorrere la storia della terra molisana vuol dire andare indietro di tanti, tantissimi anni, e arrivare alla Preistoria. In Molise, infatti, sono presenti testimonianze dell’uomo sin dall’epoca paleolitica. Mi riferisco alla località Pineta di Isernia, ove sorge l’importante Museo del Paleolitico, testimonianza dell’importantissimo Homo Aeserniensis, risalente a circa 700 mila anni fa. A Montenero di Bisaccia, invece, si trovano grotte neolitiche risalenti a circa 10 mila anni fa. I Sanniti si identificano maggiormente con il popolo dei Sanniti Pentri e Frentani: i primi si stanziarono nella parte interna, con capitale Bovianum Vetus, i secondi presso la fascia costiera del Mare Adriatico, con capitale Frentum. I Caraceni invece si trovavano in altre località dell’alto Molise. A testimoniare la loro presenza oggi è possibile ammirare siti archeologici importanti come quelli di Pietrabbondante, Monte Vairano, Sepino, nella cui Altilia sono conservati teatro, basilica, mura e porte d’ingresso. Anche le città di Venafro e Larino sono caratterizzate da un anfiteatro e da diverse necropoli. A partire dal III secolo a.C. la regione subì l’invasione dei Romani che controllarono la regione stabilendo una serie di insediamenti nei punti strategici più importanti, nei pressi di centri abitati già esistenti, come Aesernia, colonia di diritto latino fondata nel 263 a.C.. I Romani assoggettarono la popolazione locale e alla fine del I secolo a.C. la romanizzazione era da ritenersi completa.
L’età medievale vide la comparsa dei Longobardi, che suddivisero il territorio in sei gastaldati: quattro contee (Boiano, Larino, Termoli e Trivento) appartenevano al Ducato di Benevento e due (Isernia e Venafro) al Principato di Capua. Secondo uno studio di Francesco D’Ovidio, le comunità longobarde riuscirono a integrarsi nel territorio e a conservare, nei secoli, alcuni elementi della propria cultura originale. Importante e di straordinaria rilevanza è la presenza della Badia di San Vincenzo, le cui vicende vengono narrate dal monaco Giovanni nel Chronicon Vulturnense. L’abbazia fu fondata lungo il Volturno nella zona dei castelli di Castel San Vincenzo, Rocchetta a Volturno e Cerro al Volturno, dai monaci Paldo, Taso e Tato. Alla fine del VI secolo risalgono numerosi castelli dovuti al fenomeno di incastellamento che si diffuse nel Regno di Napoli. Inizialmente sorsero i castelli di Macchiagodena e Castropignano, ma dopo l’anno Mille vennero edificati castelli normanni a Gambatesa, Tufara, Riccia, Civitacampomarano e Venafro con scopo di difesa del territorio. La presenza longobarda e franca nel Molise è ravvisabile anche nel toponimo di alcuni comuni.
Si è già accennato all’appoggio di Rodolfo di Molins a Roberto il Guiscardo, con cui sottoscrisse un accordo in cui fu proclamato signore della terra conquistata del Sannio, che negli anni a venire fu chiamata Contea di Molise, probabilmente dal suo cognome. Di questa dinastia di conti di Bojano, il nome più noto è Ugo I De Molins che conquistò altri feudi estendendo la sua contea fino al fiume Sangro e al sud fino ai confini di Foggia e Lesina. Anche la Contea di Loritello fu una importante signoria territoriale, che ebbe il nucleo centrale nell’attuale comune di Rotello, in provincia di Campobasso. In questo periodo, diversi assedi, che videro come protagonista anche l’Imperatore Federico II, si svolsero nel territorio, con particolare attenzione alle città di Roccamandolfi e Celano. Il passaggio di Federico II di Svevia in Molise si vede dalla cinta muraria di Termoli, con il castello Svevo del 1247. Termoli divenne per secoli il distretto portuale principale del territorio, centro di notevole importanza per l’economia territoriale. Dopo gli Svevi si ebbe la presenza degli Angioini, attestata dal giglio francese presente in alcune chiese, come nel portale del Duomo di Larino e nella chiesa dell’Annunziata di Venafro. La reggenza aragonese del trono di Napoli ebbe effetti importanti in Molise, coinvolto nelle lotte di successione tra Alfonso V d’Aragona il Magnanimo e Giovanna II d’Angiò. Nel XV secolo anche un’altra famiglia nobile, di origini napoletane, ebbe fortuna in Molise: parlo dei Pandone, che acquisirono vari feudi presso il Volturno e Venafro, sede principale del loro potere signorile. Altra famiglia signorile di origine napoletana che ebbe diversi feudi in Molise fu quella dei Capua. In ogni caso, fu nel 1806, con l’abolizione del feudalesimo per via delle leggi napoleoniche, che terminarono le signorie di vari appezzamenti di terra nel territorio molisano. Fino al 1860 nacquero molti comuni e, soprattutto dopo l’Unità d’Italia nel 1861, vennero aggiunti ai toponimi storici termini geografici che si riferivano allo storico territorio dei Sanniti italici, ossia il Samnium, per evitare che ci fossero casi di omonimia. Inoltre, dal 1400 al 1700 antichi popoli albanesi di cultura arbereshe si stanziarono nel meridione d’Italia, arrivando anche lungo la costa molisana. Ancora oggi, in paesi come Ururi, Portocannone e Campomarino si parla la lingua arbereshe.
Il 26 luglio 1805 ci fu un evento terribile a distruggere sogni e speranze dei molisani: il cosiddetto Terremoto di Sant’Anna, con epicentro nel massiccio del Matese, la cui magnitudo fu di circa 6,6° della scala Richter. Campobasso subì danni ingentissimi tanto da dover essere ricostruita quasi daccapo, più a valle, presso la piana dei Celestini, con un innovativo programma edificatorio che diede vita alla “città murattiana”, dato che vigeva il governo di Gioacchino Murat. Un disastro annunciato unicamente dalle leggere scosse che si alternarono nella giornata precedente e che comportò oltre 5.000 morti e più di 1.000 feriti. I centri di Bojano, Campobasso, Isernia andarono distrutti, ma non solo quelli. Oltre al gran numero di vite umane perse, anche buona parte del patrimonio artistico del Molise fu raso al suolo. Nel 1807, con un decreto regio, Campobasso fu riconosciuta ufficialmente capoluogo della Provincia Molisana del Regno, quando di fatto il Molise divenne per la prima volta provincia autonoma. Istituzione che comportò una serie di fondi stanziati per la ricostruzione. Tra il 1807 e il 1814 la vecchia cerchia muraria medievale fu smantellata e fu progettata una nuova città al di sotto della sede della collegiata della Santissima Trinità. I distretti in cui si divideva la Provincia di Molise furono quello di Campobasso, quello di Isernia e quello di Larino. Fu questo un periodo in cui il Molise ebbe un notevole sviluppi, grazie alle opere infrastrutturali e alle politiche messe in atto da Gioacchino Murat a partire dal 1811. Con la nascita di Vincenzo Cuoco, patriota presso Castropignano, il Molise entrò nella prima fase del risorgimento per l’istituzione del Regno d’Italia.
Nel 1948, con il decreto della Repubblica, fu istituita la regione Abruzzi e Molise, la cui attuazione però non avvenne, perché a seguito di dibattiti politici, nel 1936 fu modificato l’articolo 1, sancendo di fatto la divisione. Il Molise faceva pressioni per assurgere a realtà regionale e conquistare autonomia e indipendenza, sostenendo le diversità culturali e identitarie con l’Abruzzo. Fino ad allora, il Molise aveva avuto come capoluogo Campobasso, ma rispondeva a L’Aquila, capoluogo della grande regione. Con il decreto del 1861 molti comuni, come Foiano, Morcone, Cercemaggiore, Pontelandolfo, Santa Croce del Sannio, passarono alla Terra di Lavoro nella provincia di Campania, mentre dalla Campania passavano agli Abruzzi e Molise i comuni di Cerro al Volturno, Colli al Volturno, Pozzilli, Montaquila, Venafro, Sesto Campano, che poi nel 1970 entrarono a far parte della provincia di Isernia. Scomparsa la Terra di Lavoro, quando nel 1945 fu istituita la Provincia di Caserta, alcuni comuni ripassarono alla Campania. Negli anni Sessanta si innalzarono numerose proteste per questioni identitarie: culturalmente, gli abitanti del Matese e del Venafrano si sentivano più vicini alla Campania, e volevano entrare a far parte delle province di Benevento e Caserta; gli abitanti della costa di Termoli sentivano maggiori affinità con la provincia di Foggia; chi risiedeva nell’Alto Sannio si sentiva più vicino alla provincia di Chieti, essendo molto legati per commercio e traffici alla Val di Sangro, creando caos e malcontento. Fu così che si decise di rendere maggiori istituzioni e diritti all’area isernina, istituendo la provincia di Isernia il 3 marzo 1970.
Giornalista