Immagini dal Sannio: lana, funai e mandolini di Ripalimosani

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In copertina, il murale che raffigura l’antica attività dei funai.
Immagine di repertorio

Turismo dei piccoli borghi, turismo del silenzio, turismo lento e sostenibile, turismo della consapevolezza. Ripalimosani, Rìpë du Mesanë in dialetto locale, piccolo borgo montano della provincia di Campobasso, ne è una piccola testimonianza. Il territorio su cui sorge varia di volta in volta, è sempre diverso, tra cime, colline e la valle del Biferno. È un luogo di grande cultura, tradizioni, uomini importanti che gli hanno dato lustro, come l’abate Francesco Longano, Luca Nicola De Luca, Paolo Nicola Giampaolo.
Il paesino è adagiato su una roccia di arenaria e viene attraversato dal tratturo Lucera-Castel di Sangro, che ne sottolinea l’animo prettamente pastorale. Uno dei più importanti edifici è il convento San Pier Celestino, risalente al X secolo, nel quale troviamo importanti opere, con un chiostro francescano cinquecentesco che al centro del giardino ospita un pozzo. Si tratta di uno dei più antichi conventi del Molise, dove appunto dimorò anche il pontefice locale meglio conosciuto col nome di Celestino V, colui “che fece per viltade il gran rifiuto”
Addentrandosi nel cuore del borgo, si trovano la chiesa Madre di Santa Maria Assunta, risalente al 1400 circa, e il Palazzo Marchesale, edificato intorno all’anno Mille. Molto importante è la chiesa di Santa Maria della Neve, che si trova appena fuori dal paese, immersa nel cuore della campagna, a cui viene dedicata una particolare giornata di estate, quella del 12 agosto, in occasione della celebrazione della Madonna della Neve, quando tutti gli abitanti della zona partecipano alla processione e assistono alla corsa di cavalli che vede protagoniste le diverse contrade. In quella occasione, il vincitore ha l’onore di entrare all’interno della sacra struttura con il proprio cavallo, affinché questo si inginocchi ai piedi della Santa Madre.

Una visita a Ripalimosani vuol dire immergersi nella genuinità dei suoi prodotti, nei profumi della terra e della campagna, nelle tradizioni che la caratterizzano. Olio e vino sono certamente le eccellenze tipiche, sin dai tempi più remoti, tanto che nell’800 oltre tremila quintali all’anno di ottimo vino, bianco o rosso, di ogni gradazione e per tutti i gusti, venivano esportati ovunque.
Ripalimosani è altresì il borgo delle “tacozze”, pasta artigianale a forma di rombo, fatta con farina, uova e sale, che viene poi stesa con un certo spessore, tradizionalmente servita con ragù di carni miste e pecorino grattugiato. E ovviamente non mancano i formaggi, quelli prodotti dal latte di mucca appena munto, che rimarcano l’anima pastorale del territorio.

Veduta del borgo.
Foto di Marco Sales

Ripalimosani era considerato il paese delle piccole industrie, tanto che la maggior parte dei suoi abitanti era dedita al commercio. Erano presenti industrie del gesso, della tela, del vino, Tra le attività che maggiormente caratterizzano il paese vi è quella della lavorazione della canapa, lustro e vanto del paesello molisano fino al 1860, cioè finché, a causa dell’emigrazione continua dei suoi abitanti, ha vissuto un periodo di crisi. Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, Ripalimosani divenne famoso anche fuori regione proprio grazie all’antica attività dei funai che regalò al piccolo centro un periodo storico davvero fiorente. La produzione di corde ripesi vanta infatti una tradizione artigianale che l’ha reso famoso in tutto il mondo; venivano infatti richieste anche fuori regione, e tramite i porti più importanti del centro Sud, raggiungevano anche le mete oltre oceano.

Nel 1700 tale mestiere era già presente, come testimoniato da un documento datato 14 marzo 1810, contenuto presso l’Archivio di Stato di Campobasso: è una lettera spedita dal giudice di pace di Ripalimosani all’Intendenza di Molise in cui si espone un quadro della situazione economica del borgo. Dalla missiva risulta che la lavorazione della canapa era, allora, già molto diffusa.
L’attrezzo fondamentale per la sua produzione era una grossa ruota in legno, “a rote”, sistemata su un altro massiccio supporto. I funai acquistavano già nel mese di agosto la canapa in terre campane, maggiormente a Frattamaggiore e a Cava de’ Tirreni, ma anche a Sepino e a San Giuliano di Puglia. Le testimonianze, però, rivelano che la qualità della canapa di questi due centri molisani fosse nettamente inferiore rispetto a quella delle città della Campania
Appena la materia prima arrivava in paese, veniva pettinata, ossia affinata, con gli sckarde kennevune, uncini che servivano a separare la parte grossa dalla fine, fino al momento in cui doveva essere biancheggiata e ammorbidita. Si accendeva dello zolfo in una stufa a grate per dare inizio alla filatura della canapa, cominciando la lavorazione tramite rocchetti di legno girevoli. Una volta fatte, le funi venivano abbellite e lisciate, prima con una pezza di lana intrisa d’acqua e poi con una di lino per dare loro lucentezza.
Per fabbricare le corde, l’artigiano soleva camminare avanti e indietro lungo un corridoio di terreno, in un’area chiamata Orto dei Funai. Le ruote erano numerose, se ne contavano oltre cinquanta, affiancate l’una all’altra, e circa duecento persone tra maschi e femmine, dall’alba al tramonto, lavoravano ininterrottamente.
Un murale nel cuore del paese va a ricordare proprio l’importanza storica di tale attività.

Non solo funi: altra piccola e fiorente industria di Ripalimosani è più femminile, necessaria alla fabbricazione dei panni di lana e della “tela di casa”. In ogni abitazione si trovava un fuso per filare la lana. La tela prodotta dai telai veniva acquistata a quintali, non solo per soddisfare i bisogni di casa, ma anche per preparare la dote alle future spose.
E ancora, un’altra antica tradizione ripese, legata all’attività di funai e corde, è quella della fabbricazione degli strumenti a plettro, proprio come il mandolino. Tradizione oggi tenuta viva grazie alla Scuola Mandolinistica del locale Circolo Musicale Pietro Mascagni, fondatore della cosiddetta “scuola ripese”.
Vanno altresì ricordate la fabbrica di vernici e la manifattura di un pane speciale che è ancora molto apprezzato e ricercato a Campobasso.