Fare un viaggio nell’autenticità popolare, nella cultura della nostra tradizione rurale, negli antichi riti legati alla transumanza non ha prezzo. Perché ci porta a scoprire suoni, sapori, movimenti, rituali, piccole e grandi magie quotidiane che forse ora ci sembrano lontani, ma che in realtà sono alla base delle nostre radici, della nostra viva essenza. Oggi vi racconto un pezzo di folklore sannita, e non è un caso che lo faccia all’avvicinarsi dei primi giorni di maggio. Un modus vivendi che ha origine nella tradizione musicale dei tratturi e dei vecchi pastori e contadini che con un mix di musica e movimenti tipici davano vita a episodi festosi e allegri, che oggi vengono riproposti proprio per rievocare le antiche abitudini delle nostre terre. La Spallata è una famiglia di danze diffusa in un territorio abbastanza vasto che perlopiù coincide con quello un tempo abitato dai Sanniti. Sono poche le citazioni che si hanno di questa famiglia di antiche danze, legate prevalentemente al cerimoniale nuziale o a riti propiziatori, dove era possibile assistere alla forte energia maschile e a una forte allusione erotica grazie alla presenza mista di uomini e donne. Il tutto sulle strade erbose degli antichi tratturi e tratturelli, le antiche strade patrimonio dell’Unesco percorse dai pastori per portare il gregge dalla montagna al mare e viceversa, sulle quali scorrevano storie diverse, incroci di gente che andava e veniva, che si incontrava per caso e che spesso mai più si rivedeva.
Un primo saggio che documenta l’esistenza della spallata risale al gennaio del 1981 e riguarda alcuni centri della Val di Sangro, dove veniva praticata unicamente come danza. Al settembre del 1983, invece, risale la prima citazione di varianti esistenti nell’Abruzzo meridionale, finché è divenuta un fenomeno multiregionale, diffondendosi a macchia d’olio in diversi territori. Ecco che dall’Abruzzo meridionale il fenomeno si è diffuso in Molise, in Campania, sino alle soglie della Basilicata, con una denominazione sempre differente in base ai diversi dialetti e modi di dire. Differente la terminologia, ma le costanti del ballo non cambiano: tutte le varianti regionali, infatti, hanno come elemento principale il colpo di spalla, fianco o natica dei ballerini. Contatto che viene rimarcato da un forte contraccolpo ritmico e musicale ottenuto dal suono degli organetti e un tempo forse anche di zampogne. Il contatto può essere più o meno vivace a seconda delle usanze locali. I balli non venivano eseguiti sempre allo stesso modo, ma dipendeva dal contesto e anche dalla volontà degli attori stessi. A volte essi ballavano in girotondo, altre volte in coppia, a volte in coppia e in girotondo insieme, dando vita a batticuli o bottaculi, toccaculi e altri modi diversi per indicare l’atto del contatto.
Nel mese di maggio di qualche anno fa, grazie a un lungo e laborioso percorso atto a riscoprire e promuovere gli antichi balli del Sannio, è nato il progetto Un colpo qua, un colpo là – La Spallata nel Sannio anche conosciuto come Spallata Tour elaborato e promosso da Alberi Sonori e Dantina Grosso, e che coinvolge i borghi di San Giovanni Lipioni, Schiavi D’Abruzzo e Mafalda, alla ricerca di affinità e diversità delle varie Spallate recuperate e praticate sul territorio. Una tre giorni che si tiene agli inizi di maggio, caratterizzata da laboratori volti ad approfondire similitudini e diversità, arrivando a risultati molto belli e coreografici. Una occasione per mettere in contatto piccole e differenti realtà, modi diversi di vivere e rappresentare questa antica danza popolare, tutto con la finalità di diffonderne la conoscenza e di promuovere un territorio in cui ancora oggi è molto sentita la cultura rurale, secondo le buone pratiche di turismo sostenibile. Una tradizione che ha tutte le carte in regola per diventare un ottimo veicolo turistico, sotto il segno della integrazione e della condivisione.
Giornalista