Immagini dal Sannio: le olive, l’olio d’oliva e l’affascinante itinerario rurale

postato in: Immagini dal Sannio | 0
Condividi articolo
In copertina, raccolta di olive con Mont’Acero sullo sfondo. Foto di Frantoio Oleario Sannita

Il territorio del Sannio beneventano si erge ad alti livelli per il suo animo rurale. L’agricoltura sannita, vari cultivar specializzati, tecniche di allevamento che vantano radici di un passato ormai lontano (non è un caso che spesso tale territorio sia chiazzato da storiche vie d’erba, i tratturi), vigneti rinomati e lunghe, secolari distese di ulivi. Eh già! È proprio questo il periodo in cui sta per terminare il periodo in cui si vede un grande andirivieni di trattori e contadini, famiglie aiutate da figli spesso piccini che vogliono imparare a lavorare a contatto con la terra, l’aria aperta, fresca e frizzante, e che desiderano toccare con mano la ruralità dei propri luoghi. I frantoi sono intensamente al lavoro per produrre il vero oro del Sannio, l’oro verde, la ricchezza, il lusso che la provincia di Benevento può ben dire di possedere: l’olio extravergine d’oliva. Dalla zona fortorina, con i suoi territori freschi e asciutti, alla Valle Caudina e quella Vitulanese, fino all’area del Titerno: ecco le principali zone che fanno del nostro oro verde un prodotto d’eccellenza del Sannio e, più in generale, della Campania.

E proprio qui la pratica della coltivazione dell’olivo risale a epoche molto lontane nel tempo, ricordando i Greci e i Fenici, che diffusero l’uso dell’olio in tutti i territori colonizzati, come alimento e come ingrediente di unguenti e profumi. La cosmesi a base d’olio, infatti, era rinomata e apprezzata da persone di ogni ceto sociale: da agricoltori e contadini, che spesso utilizzavano l’olio per curare le callosità e idratare la propria pelle dopo lunghe e intense giornate al lavoro, sotto al sole o al freddo spesso gelido, fino a regine e nobili, dai quali l’olio veniva visto come un vero e proprio prodotto di lusso. I Romani, poi, ne favorirono la coltivazione, soprattutto nella provincia di Benevento.

Iuvat olea magnum vestire Taburnum” cioè “conviene rivestire di oliveti il grande Taburno”, sosteneva Virgilio nelle Georgiche, tanto che l’olivo, già presente nel Sannio dal VI sec a.C., si diffuse rapidamente, come documentano i numerosi reperti conservati nei vari musei provinciali. Ancora oggi l’olio d’oliva è alla base dei migliori prodotti naturali cosmetici, di saponi artigianali, creme e unguenti. Oggi il territorio delle Colline Beneventane, che comprende 52 comuni ubicati dalle colline alte del Tammaro e del Fortore, attraverso la Piana del Calore, del Taburno e del Partenio, è zona di produzione di un olio pregiatissimo: l’extravergine di oliva Sannio colline Beneventane e, come già detto, anche le colline caudine-telesine e l’area titernina, dove vaste distese di ulivi donano pace armonica all’occhio, al sapore e al palato. È anche la combinazione di un clima mite e temperato, dell’esposizione delle pendici collinari che portano a una qualità dell’olio veramente eccezionale.

L’ortice è un’oliva di colore nero violaceo, con polpa bianco latte, da cui si ricava un olio di colore verde giallo, dolce, con note amare e piccanti e sentori erbacei. L’ortolana viene riconosciuta anche come melella ed è particolarmente diffusa nella zona collinare della Valle Telesina. Frutto grande, di colore violaceo, con polpa bianca che trova molto utilizzo come oliva da tavola, da essa si ricava un olio di colore verde giallo, con sentori erbacei e un aroma tipico di mela. La sprina è una varietà di oliva diffusa nelle valli Caudina e Telesina. Il suo olio si presenta di colore giallo, con sfumature verdi, note erbacee, sentori di mela matura e di amaro e piccante. Anche la racioppella è particolarmente diffusa nella Valle Telesina. Da essa si ricava un olio di colore giallo-verde, dolce, con lieve punte di amaro e piccante, e toni di mandorla.

Quali sono, in sintesi, i passaggi del metodo tradizionale di raccolta ed estrazione in un frantoio? Quando le olive vi arrivano vengono prima di tutto pesate e sottoposte a defogliazione e lavaggio. Rami e foglie eliminati vengono trasformati in concime o in combustibile, mentre i residui di terra vengono portati via tramite acqua. La frangitura è la fase durante la quale le olive vengono frantumate fino a ottenere una pasta grossolana che contiene buccia, polpa e noccioli. I metodi di frangitura più utilizzati attualmente sono quello tradizionale e quello moderno, caratteristico dei frantoi a ciclo continuo. Il metodo tradizionale si basa sull’utilizzo di molazze a macine di granito che schiacciano le olive; il metodo moderno ricorre a frangitori a martelli o a dischi rotanti, che frantumano velocemente una grande quantità di olive, ottenendo una pasta più uniforme e limitando al minimo il dannoso contatto della pasta di olive con l’ossigeno. Un passaggio fondamentale è quello della gramolatura, lento e continuo rimescolamento della pasta di olive all’interno di una macchina detta gramola, passaggio che consente di rompere le emulsioni acqua-olio che si sono formate durante la frangitura. L’estrazione è il cuore del processo di lavorazione: dalla pasta ottenuta dalle precedenti fasi si procede alla separazione delle tre componenti: sansa, acqua di vegetazione e mosto oleoso e può essere discontinua o continua. Al termine di queste operazioni si ottiene un olio perfettamente commestibile ma torbido, in quanto vi sono in sospensione mucillagini, bollicine d’aria, frammenti di polpa e residui d’acqua. Dopo un periodo di decantazione tutte le sostanze estranee si depositano sul fondo oppure si procede alla filtrazione tramite sistemi di filtraggio.

Olio nuovo (anno 2017), foto di Marco Conte

L’estrazione dell’olio d’oliva può essere eseguita attraverso tre tipologie di lavorazione differenti: spremitura a freddo, estrazione a caldo ed estrazione con solventi. La prima, senza aggiunta di acqua calda, è senza dubbio la più naturale, che fornisce un prodotto di qualità superiore e che conserva inalterate le caratteristiche del prodotto da cui deriva. In genere, con questo metodo, l’olio non si ossida e ha delle caratteristiche organolettiche ottime. La spremitura a caldo, in cui la temperatura della pasta delle olive arriva fino a 29 – 30°C, comporta l’ossidazione, la perdita di sostanze fondamentali e la distruzione dei cosiddetti grassi insaturi, per cui l’olio che si ottiene non è commestibile e per renderlo tale subisce almeno tre trattamenti: la deacidificazione, la decolorazione, la deodorizzazione. Questo olio necessita, inoltre, di un ulteriore processo di raffinazione. L’estrazione con solventi viene effettuata sui residui dell’estrazione a caldo per recuperare quella parte di olio rimasta intrappolata. I semi vengono frantumati e immersi in un solvente organico e la temperatura viene innalzata a 150°C, finché il solvente viene fatto evaporare. Ovviamente è da preferire il metodo a freddo, il cui l’olio può davvero dirsi extravergine: il suo costo è più elevato, ma certamente sono soldi ben spesi.

La denominazione Colline Beneventane DOP è riservata all’olio extravergine di oliva che, posto in commercio in bottiglie di vetro, porcellana, terracotta smaltata o recipienti in banda stagnata della capacità massima di 5 litri, presenta colore verde/giallo, odore fruttato di oliva, sapore amaro piccante con sentore di pomodoro, che si ottiene dalle seguenti varietà di olivo: Ortice per non meno del 60%; Frantoio, Leccino, Moraiolo, Ortolana e Racioppella da sole o in combinazione per non più del 30%, con ammessa la presenza di altre varietà nella misura massima del 10%. Dal Fortore all’area caudina, fino a quella del Taburno, la sua produzione deve avvenire in zone che superino i 650 metri sul livello del mare. Dai paesi fortorini, quali Apice, Circello, San Nicola Manfredi, San Marco dei Cavoti, scendiamo nel territorio più beneventano, come Pietrelcina, Benevento, Apollosa, San Leucio del Sannio. e nella zona caudina come Montesarchio, Pannarano, Tocco Caudio, fino alla Valle Telesina, e in particolare nell’area titernina, dove troviamo un altro oro verde, quello rinomato nel suo utilizzo soprattutto in cucina, principalmente nelle varietà extravergine e vergine, per condire insalate, insaporire alimenti, conservare verdure in barattolo e molto adatto per le fritture. Ha delle capacità benefiche a causa della presenza di sostanze antiossidanti in grado di combattere il colesterolo. Viene altresì utilizzato anche a livello cosmetico e per la produzione dei saponi. Un tempo si usava anche come farmaco e come combustibile per le lampade a olio.

Sono comunque tutti olii che fanno parte di una tracciabilità di filiera, di Alta Qualità al 100%, a garanzia dell’integrità del prodotto. San Lorenzello, Cerreto Sannita, San Lorenzo Maggiore, San Lupo, Pontelandolfo, Castelvenere, e proseguendo verso Paupisi e Vitulano, sono tutti borghi collinari, ove il particolare microclima e la qualità del terreno favoriscono la coltura dell’olivo da cui si produce un grande olio DOP. L’olio del Titerno, in particolare, ha ottenuto molti riconoscimenti nel corso degli anni; particolarmente va ricordato che quello cerretese ha vinto per diverse edizioni il premio nazionale Ercole Olivario di Spoleto. Tale riconoscimento risulta essere il più importante, dal 1993, nel campo dell’olivicoltura. Una delle caratteristiche più evidenti dell’olio d’oliva fresco di molitura è la sua piccantezza, quando essa è presente. Infatti, pare che nelle note amare e piccanti dell’olio siano presenti i polifenoli, molto salutari per l’uomo. La qualità del suo gusto coincide con le sue proprietà salutistiche.