Immagini dal Sannio: paesi dell’acqua e sorgenti sannite

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Sorgenti a Sassinoro

Fiumi e sorgenti, fresche e pure, spesso solfuree, caratterizzano il bellissimo paesaggio del Sannio beneventano e in questi giorni che fanno da preludio alla bella stagione primaverile, voglio proprio parlarvi di un itinerario che potrebbe indurvi a visitare questa magica terra che non è soltanto caratterizzata da boschi e monti. il 22 marzo, tra l’altro, si festeggia la Giornata mondiale dell’acqua e non è un caso se questo giro virtuale ve lo presento proprio ora. Partiamo dalla Valle del Tammaro, in particolar modo mi riferisco a Sassinoro, caratteristico borgo di origine sannita di poco più di 600 abitanti, nell’estrema parte orientale della Campania, al confine con il Molise, abitato in epoca romana, con un pieno sviluppo urbanistico nel periodo longobardo. In età medievale fu un feudo soggetto all’autorità della chiesa di Santa Sofia di Benevento e negli anni dopo passò da una signoria all’altra, anche attraverso vicende storiche cruente. Il suo nome deriva da una colonia di Sassoni che qui si stanziarono al seguito di Alboino. Con l’eversione della feudalità fu aggregato al Molise e dopo l’Unità d’Italia, il comune entrò a far parte della provincia di Benevento. Il suo territorio è formato in gran parte da piccole valli e colline dominate dal monte Rotondo, per cui ha molte sorgenti, freschissime e abbondanti, che vanno a gettarsi nel fiume Tammaro e che vengono utilizzate per l’irrigazione nel periodo estivo. Come simbolo della ricchezza d’acqua della zona di Sassinoro, vi è la grande fontana nella piazza principale del paese e i vari fontanili dislocati in ogni rione, che un tempo garantivano anche il funzionamento di tanti mulini presenti nella zona, ora in disuso. Ogni anno, mentre tutto il mondo celebra il World Water Day, nella giornata del 22 marzo, per ricordare che l’acqua è un bene primario per la vita dell’uomo e del pianeta, a Sassinoro si svolge la manifestazione “Sassinoro, Paesi dell’Acqua”, evento che coinvolge anche i Comuni della Valle del Tammaro in cui si celebra l’acqua come diritto alla vita, a cui partecipano anche associazioni nazionali con un programma ricco di presenze e di spunti interessanti con il coinvolgimento delle varie realtà locali. Ecco quindi scuole, enti, associazioni varie, esperti e aziende che attivano laboratori di sensibilizzazione, di divulgazione e dibattiti sui temi della sostenibilità, dell’ecologia e della nuova agricoltura, mettendo a disposizione la propria esperienza a confronto e a disposizione del progetto.

Dalla zona del Tammaro attraversiamo l’area titernina per approdare a Telese Terme, poliedrica, colorata e vivace cittadina simbolo della Valle Telesina, sede di rinomati, e cuore pulsante del turismo dell’acqua sannita. Tutto ebbe inizio secoli e secoli fa, con il terremoto del 9 settembre 1349 quando vi fu la scomparsa di Telesia ma anche la comparsa delle sorgenti sulfuree che si rivelarono molto utili e valide per la cura delle malattie della pelle, degli apparati digerente e respiratorio e dei reumatismi. Alle falde di Monte Pugliano si squarciò la roccia e in più punti iniziarono a zampillare fiotti di acqua sulfurea. A Telese, l’attuale zona denominata acqua fetente si cosparse di esalazioni di anidride carbonica, le cosiddette “mofete”, molto letali alla respirazione. Per questo motivo furono molti gli animali a perdere la vita e questo fenomeno durò fino alla fine del 1700 ma ancora agli inizi del 1900 era facile trovare uccelli morti in prossimità delle sorgenti nelle Terme Vecchie. L’inizio della costruzione del nuovo impianto termale e del vicino Grand Hotel Telese, con la sua architettura in stile liberty, risale al 1877. Da quel momento si è fatto di tutto affinché venisse conosciuta, al di fuori dei confini territoriali, l’acqua sulfurea telesina, ricca di anidride carbonica, idrogeno solforato ma soprattutto di zolfo bivalente, simile a quello contenuto nel corpo umano. Cure idropiniche ma anche cura di malattie otorinolaringoiatriche e delle vie respiratorie, ginecologiche e dell’apparato gastroenterico, oltre che cardiovascolari. E ancora bagni, idromassaggi, fanghi, percorsi vascolari in piscina termale, irrigazioni nasali, inalazioni, aerosol, insufflazioni endotimpaniche e politzer, ventilazioni polmonari, cure ginecologiche, riabilitazione della funzione neuromotoria e respiratoria. Cure e relax nelle freschissime e rinomate terme; ecco il principale motivo della crescita del turismo telesino, non solo a scopo terapeutico, ma anche ludico e di svago, di puro piacere. Una cittadina che anche per questo motivo si è vista sviluppare e ingrandire, grazie ai suoi servizi e alle notevoli opportunità che offre. Il viale Minieri, che dalla stazione arriva alle Terme, è il vero fulcro della città, e pare proprio che fosse quello il tracciato delle prime testimonianze del turismo dell’acqua telesina: qui infatti passava il Treno dei Bagnanti che da Napoli arrivava alla Stazione di Telese – Cerreto, per poi deviare sul viale e giungere all’ingresso delle Terme.

Poco distante, proprio a confini con Telese e giuntura del grande parco termale, è il territorio di San Salvatore Telesino che ospita il Parco Turistico del Grassano, meravigliosa oasi naturalistica, vanto della zona, amato, ricercato e apprezzato da chiunque cerchi un angolo di pace e che sia amante della natura incontaminata. Chiunque ci vada, qualsiasi bambino vi si rechi per un pic-nic, una partita a pallone o una gita scolastica, resta incantato e affascinato dalla magia del luogo, dai bagliori del sole che rispecchiano nel torrente, da questa riserva incontaminata, dai suoni degli uccelli e delle fronde, da questa rara bellezza invidiata dai più. Passeggiare nel Parco naturalistico del Grassano vuol dire immergersi in una unicità di colori, in giochi armoniosi di tonalità e suoni, luci, ombre. Da sempre il Parco del Grassano è noto per la sua ricca vegetazione: tigli, salici, pioppi, piante igrofile ed erbette, anche commestibili, come tra le altre il sanacciolo. E il protagonista del luogo è il freddo corso del fiume Rio Grassano, che nasce dalle pendici orientali del monte  Matese. Un fiume dalle acque gelide, incontaminate e limpidissime, nei quali, grazie alla vegetazione circostante e ai giochi di luce del sole, è possibile imbattersi in maestosi spettacoli di colore: tutte le tonalità del verde, blu, turchese in una meravigliosa distesa di acqua e di assoluta bellezza. Il parco è  l’habitat perfetto per molte specie di uccelli acquatici, come le bellissime oche bianche, anatre e lontre, uccelli che trovano dimora tra i rami dei secolari alberi. 

Lasciando la zona Telesina e percorrendo la direzione del Medio Volturno, troviamo il fiume Lete, uno dei principali della Campania, lungo circa 20 km, che nasce a Letino, nel cuore del Matese, in località Campo delle Secine, ai piedi del monte Janara a 1028 m.s.l.m., con una temperatura di 8 °C e si ingrossa man mano prendendo le acque di diverse sorgenti, precisamente 57, affluendo poi nel fiume Volturno nei pressi di Ailano. Ė un fiume dalla bellezza tutta particolare: scorre sotterraneo per circa 500 metri formando un gran numero di cavità naturali, una folta vegetazione e pozzi d’acqua, dislivelli e piccole cascate che precipitano verso la Valle del Volturno. Le acque sono sempre fresche e conservano costantemente un tasso piuttosto elevato di ossigeno. Infatti, nelle acque dei due laghi artificiali formati dal fiume e nel corso del fiume stesso si trovano trote, anguille, gamberi di fiume, carpe, tinche, e un tempo vi erano crostacei dal guscio bianco senza occhi, la cui sopravvivenza è minacciata su tutto il territorio nazionale: si tratta di organismi estremamente sensibili a ogni forma di inquinamento tanto da poter essere considerati dei veri indicatori della qualità delle acque. Sono moltissimi i miti e le leggende che rimandano a questo fiume a cominciare dalla mitologia greca e romana che lo definisce “il fiume dell’Oblio”. Anticamente chiamato Ete, secondo una tradizione romantica, il Lete prende il nome da una principessa longobarda di nome Letizia che, bagnandosi nel fiume, trovava ristoro nella “dimenticanza” delle sue pene d’amore. Ecco che ci rechiamo a Pratella, nel cuore del Matese. Il borgo, antico insediamento sannita e poi romano dell’Alto casertano, offre ai suoi visitatori un territorio ricco di storia e di biodiversità proprio grazie alla grande presenza di corsi d’acqua, con scenari unici. Dalle fonti poste nel territorio sgorgano acque solfuree-ferrose, ricche di minerali come il calcio e il magnesio, che hanno un elevato potere terapeutico, molto efficaci soprattutto nei processi digestivi e riconosciute come acque tra le migliori d’Italia. Le acque sono a completa disposizione degli abitanti e dei visitatori e un tempo venivano utilizzate per scopi termali. Oltre alle grotte, al teatro di roccia e all’antico tratturo di via Pastenelle che sono i luoghi preferiti da chi visita Pratella, si può passeggiare sulle sponde del fiume Lete dove sono presenti piante spontanee usate fino a qualche anno fa come parte integrante dell’alimentazione e delle cure mediche. Il Galium mollugo veniva adoperato per cagliare il latte e farne del formaggio, la Sanguisorba minor veniva adoperata come un’ovatta naturale, e le foglie di Bardana in caso di affezioni cutanee come foruncoli, acne, herpes, ustioni, oltre che per rinforzare i capelli.

Sempre in provincia di Caserta, ci rechiamo infine a Riardo dove nel 1893 a un medico del posto, proprietario dei terreni, venne in mente di sfruttare le sorgenti e imbottigliarla. I vecchi stabilimenti di Riardo risalgono proprio a quei tempi, fino a che La Danone e la Ferrarelle ne hanno sfruttato al massimo le benefiche proprietà. In un territorio dedito all’agricoltura e alle coltivazioni biologiche, Riardo vanta origini medievali, La sua acqua è conosciuta in tutta Italia e proprio qui, protetto dal FAI, è stato realizzato un Parco delle Acque, per la valorizzazione e la fruizione, da parte di chiunque lo desideri, di un’area dall’alto interesse naturalistico.