Immagini dal Sannio: percorsi e itinerari d’acqua del Matese

postato in: Immagini dal Sannio | 0
Condividi articolo
Fontegreca, cascatelle della Cipresseta, foto di copertina tratta da sentiericaserta.blogspot.com

Dire Matese vuol dire natura, verdi distese ricoperte da svariate specie di alberi e fiori. E ancora, animali, trekking, storia, borghi tradizioni e acqua. Tanta, tantissima acqua, una delle prerogative dell’amatissimo territorio montano che separa due regioni, Campania e Molise. Sorgenti e torrenti, laghi e spruzzi d’acqua ravvivano il salubre contesto matesino, fatto di autenticità e vita. E oggi siamo qui a proporvi un itinerario che parte dal fiume Lete, percorrendo un piacevolissimo percorso che da Pratella arriva al lago del Matese. Il Lete, che riprende il nome del leggendario fiume dell’oblio presente nel X libro della Repubblica di Platone, è uno dei principali corsi d’acqua della Campania, lungo circa 20 km. Nasce a Letino, nel cuore del Matese, in località Campo delle Secine, ai piedi del monte Janara, a 1028 m.s.l.m., con una temperatura di 8° C. Esso si ingrossa man mano prendendo le acque di diverse sorgenti, precisamente 57, affluendo poi nel Volturno nei pressi di Ailano. Ė un fiume dalla bellezza tutta particolare: scorre sotterraneo per circa 500 metri formando un gran numero di cavità naturali, una folta vegetazione e diversi pozzi d’acqua, dislivelli e piccole cascate che precipitano verso la valle del Volturno. Le sue acque sono sempre fresche e conservano costantemente un tasso piuttosto elevato di ossigeno. Ecco dunque che è possibile trovare trote, anguille, gamberi di fiume, carpe, tinche. Un tempo vi abitavano svariati crostacei dal guscio bianco, senza occhi, la cui sopravvivenza è oggi altamente minacciata su tutto il territorio nazionale: si tratta di organismi estremamente sensibili a ogni forma di inquinamento tanto da poter essere considerati dei veri e propri indicatori della qualità delle acque. Fino a qualche decennio fa, soprattutto all’imbrunire, sulle rive del Lete se ne incontravano a centinaia ed era estremamente semplice catturarli, anche a mani nude, per poi consumarli crudi o cotti.

Ai più, il nome di questo fiume fa venire in mente quello della famosissima acqua minerale imbottigliata e presente sulla maggior parte delle tavole italiane e del mondo. Nel comune di Pratella, infatti, si trova lo stabilimento di imbottigliamento dell’acqua Lete. Una tradizione secolare: già dall’Ottocento, la suddetta acqua veniva raccolta dalla sorgente in anfore di terracotta, che ne garantivano una durevole freschezza, e poi trasportata su carri di legno in tutta la regione Campania. Agli inizi del XX secolo, l’acqua ottenne i primi riconoscimenti a livello internazionale e ben presto, dalla produzione artigianale, si passò ai primi impianti di imbottigliamento.

Ed è proprio a Pratella che comincia il nostro percorso dell’acqua matesino. Il borgo, antico insediamento sannita e poi romano dell’Alto casertano, offre ai suoi visitatori un territorio ricco di storia e di biodiversità proprio grazie alla grande presenza dei diversi corsi idrici, con scenari unici. Dalle fonti poste nel territorio sgorgano acque solfuree-ferrose, ricche di minerali come il calcio e il magnesio, che hanno un elevato potere terapeutico, molto efficaci soprattutto nei processi digestivi, riconosciute come acque tra le migliori d’Italia, a completa disposizione degli abitanti e dei visitatori, un tempo utilizzate anche per scopi termali. Sulle sponde del fiume sono presenti piante spontanee usate fino a qualche anno fa come parte integrante dell’alimentazione e delle cure mediche. Il Galium mollugo veniva adoperato per cagliare il latte e prudurre formaggio; la Sanguisorba minor veniva utilizzata come ovatta naturale; le foglie di Bardana erano un toccasana in caso di affezioni cutanee come foruncoli, acne, herpes, ustioni, e avevano una considerevole proprietà rinforzante per i capelli.

Seguendo il corso del fiume arriviamo a Prata Sannita, il borgo delle elegantissime e ancora intatte mura turrite, con un castello, fondato poco prima dell’anno Mille a opera delle truppe saracene, che domina la valle del fiume. Dominato dai sanniti, il borgo era posto lungo l’asse viario che permetteva di raggiungere importanti città, tra le quali Bojano e Isernia. Il paesino divenne un noto centro culturale: vi affluirono, infatti, numerosi giovani appartenenti alle più nobili famiglie, tra i quali l’imperatore Federico II di Svevia che vi arrivò con i Templari, i cavalieri del Santo Sepolcro e i cavalieri Teutonici. La Torre Piccola del Castello ospita il Museo della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, il Museo della Civiltà contadina, il Museo del vasaio. Nel borgo è presente un ponte medievale, costruito su uno preesistente di epoca romana, che permetteva di attraversare a piedi il fiume Lete e di raggiungere i paesi vicini. Nei pressi si trova un antico mulino ad acqua, ottimo esempio di archeologia industriale di recente ristrutturazione, in cui fino agli anni Cinquanta si macinavano il grano e altri cereali prodotti in loco.

Gli amanti del trekking non possono non innamorarsi di Fontegreca, i cui vicoli e le scale che si intrecciano accolgono bellissime case rurali, realizzate in pietra locale, che conservano ancora il loro antico impianto. I suoi scorci panoramici si affacciano su un paesaggio selvaggio e incontaminato. Nel territorio di Fontegreca si estende l’omonima cipresseta autoctona, per circa 33mila ettari, con alberi secolari, probabilmente piantati in epoca preromana, al 90% Cipressi horizontalis, una delle poche specie a resistere al cancro della corteccia, il cui legno viene utilizzato da millenni per la costruzione di imbarcazioni, data l’ostinata resistenza all’umidità. Un legno altresì molto duro e compatto. Il cuore di questo spettacolare bosco custodisce un luogo sacro: una grotta in cui si racconta che, nel corso del ‘700, due giovani pastori videro l’immagine della Madonna oggi conservata nel Santuario della Madonna dei Cipressi, meta di pellegrinaggio.

La quarta tappa del nostro itinerario è Gallo Matese, secondo alcuni studiosi fondato dai Sanniti, mentre altri ritengono dai Bulgari. Gallo è molto ricercato dagli amanti dello sport. Il suo piccolo centro storico si sviluppa su di un colle, a ridosso di una antica torre militare normanna, di cui restano poche tracce. È costituito da antiche case in pietra locale, fra le quali si incontrano due chiese, San Simeone e la Ave Gratia Plena. Le piazze del borgo, i vicoli e la Terrazza del tiglio e del noce ospitano, ogni anno, rassegne di danza, teatro e musica, e numerosi eventi che esaltano la caratteristica bellezza di questi luoghi senza tempo. La Forra del Pesco Rosso è uno dei luoghi più attrattivi del Matese: un contrafforte calcareo costituito principalmente da ferrite, che determina il particolare colore rosso della parete, da cui il nome. La forra si sviluppa per oltre un chilometro e presenta un dislivello di circa 300 metri. Il lago artificiale Gallo Matese, dal colore cangiante verde/azzurro, è nato negli anni Sessanta. Questo splendido e incontaminato luogo lacustre, anche grazie alla presenza degli altri laghi nelle vicinanze, è stato definito la “Piccola Svizzera matesina”.

Il lago Matese in località San Gregorio Matese, foto di Barbara Serafini

Letino ha ricevuto il prestigioso riconoscimento di Bandiera Arancione, assegnata dal Touring Club Italiano, riconoscimento riservato alle piccole località dell’entroterra italiano. È qui presente un castello, situato su una collina a 1.200 metri di altitudine, realizzato nell’XI secolo d.C., la cui cinta muraria è costituita da cinque torri di avvistamento con, all’interno delle mura, un santuario consacrato a Santa Maria, proclamata regina del Matese, che conserva preziosi altari e dipinti in rame. La statua dedicata alla Vergine è nota per la sua straordinaria bellezza. Il lago di Letino è detto anche Caùto ed è un bacino artificiale che si trova poco lontano dal centro abitato, costituito agli inizi del ‘900 per alimentare la centrale idroelettrica di Prata Sannita. Le grotte sono costituite da un sistema di due gallerie, interessanti per la bellezza dei paesaggi che sovrastano. La galleria superiore presenta una folta vegetazione e piccole cascatelle, create dal fiume che precipita verso la valle del Volturno.

Il nostro tour termina al lago Matese, che si trova a poco più di 1000 sul livello del mare, situato nei comuni di San Gregorio Matese e Castello del Matese. La sua particolarità è che si tratta del lago carsico più alto d’Italia. È da qui che partono decine di sentieri e mulattiere, alcuni segnalati dal Club Alpino Italiano, disegnando una fitta ragnatela che conduce verso vette, valli, boschi, rifugi e masserie, da esplorare con il trekking o in bici. Per cogliere pienamente lo spirito del Matese, è possibile osservare la fauna che si muove e vive tra queste montagne tramite il birdwatching, per mezzo di cannocchiali o binocoli. Affacciandosi dal belvedere di Miralago si può ammirare il lago in tutto il suo splendore, incastonato tra le montagne. È profondo pochi metri ed è uno specchio in cui si riflette maestosamente la vetta più alta del massiccio matesino, il monte Miletto, con i suoi 2.050 metri di altitudine.