Venafro, una delle principali città del Molise, è la porta di accesso della regione Pentra provenendo dalla Campania. Ha un caratteristico centro storico, col rinomato castello Pandone, ed è molto importante per la produzione di olio di oliva extravergine, data la presenza di secolari ulivati nel territorio ma anche di un importante parco dedicato all’ulivo. Venafro è altresì luogo di memoria e commemorazione storica. È la memoria della Seconda Guerra Mondiale, e non solo, quella che si tasta con mano in questa cittadina sannita.
Proprio a Venafro si sviluppò una parte della linea difensiva tedesca denominata Bernhardt – Reinhard, superata con molte difficoltà dalle truppe alleate, nell’inverno del 1943. A causa dei combattimenti che avvennero nella stagione fredda, la linea cambiò il suo nome in Winter line. Erano i primi giorni di ottobre quando i tedeschi, dopo la liberazione di Napoli, risalirono verso nord e si attestarono inizialmente lungo il fiume Volturno e in seguito sul Garigliano. Ai primi di novembre la Linea Gustav, ossia la linea invernale. fu rinforzata per un tratto dalla Bernhardt, nel tratto tra i monti Aurunci, verso Gaeta, fino alle Mainarde. La Linea Bernhardt aveva l’importante compito di ritardare l’arrivo degli alleati alla Gustav. Il 15 marzo 1944 le forze alleate bombardarono Venafro, per un grandissimo errore di valutazione, distruggendo quasi completamente l’abitato, e provocando la morte di 200 soldati americani e francesi, e 73 civili, tra cui bambini e anziani. L’errore fu nel fatto che alcuni bombardieri alleati, impegnati nel bombardamento di Cassino, confusero questa con Venafro, colpendola.
Il 15 marzo 2008, in occasione della cerimonia di commemorazione delle vittime del 15 marzo 1944, nel venafrano Palazzo De Utris fu inaugurata una mostra permanente incentrata proprio su reperti di interesse storico riguardanti i fatti della Winter line. Il tutto fu allestito grazie all’amicizia e alla passione di tre giovani professionisti, Luciano Bucci, Renato Dolcigno, Donato Pasquale, che tra l’altro ne curarono restauro, catalogazione e mantenimento. La loro era una collezione privata messa a disposizione della comunità, in segno dell’importante valore che si dà alla memoria storica del territorio. I tre hanno dato vita all’Associazione Winterline, dando concretezza a un percorso in cui sono state ricostruite postazioni belliche con trenta manichini completamente equipaggiati da soldati, sia nel vestiario che negli oggetti da loro utilizzati in zona, nel periodo 1943-1944. Ecco, dunque, armi, maschere antigas, biciclette, il tutto accompagnato da foto, documenti, disegni, dipinti e racconti di aneddoti, ereditati da chi ha vissuto il periodo storico.
Non si tratta di una semplice raccolta di oggetti, ma di un vero e proprio viaggio nel tempo con allestimenti realizzati in modo da mostrare le varie fasi dell’avanzata alleata lungo la linea Winter line. Ogni scena viene a raccontare eventi e territorio dell’epoca, seguendo un preciso ordine cronologico: si parte dal novembre 1943, sulle rive del fiume Volturno, fino alle Mainarde, con lo sfondamento delle linee d’inverno. Una vera e propria esperienza da toccare con mano, adatta a tutti, per raccontare a chi sarà il nostro futuro ciò che ci è stato tramandato dal passato.
Non solo il museo. La memoria bellica la si percepisce anche nel noto cimitero francese. Alla fine delle battaglie di Montecassino, ci si trovò dinanzi alla difficile impresa di poter dare sepoltura ai soldati francesi morti nei primi mesi della campagna d’Italia. Venafro fu il luogo scelto, per volere del Generale De Gaulle. Si trattava della zona ideale anche per la lontananza dai monti Aurunci, dove le truppe francesi si erano macchiate di atti criminali contro una popolazione inerme. Il cimitero francese fu realizzato tra il 1944 e il 1946 dal Genie Militaire Francais. A Venafro confluirono anche coloro che erano stati seppelliti in zone come San Giorgio a Liri o Pontecorvo, ma è pur vero che dopo la guerra vi furono sepolti tutti i caduti che in seguito furono rimpatriati.
Il cimitero, dalla particolare forma di un grande proiettile, si trova appena fuori Venafro, ed enumera la sepoltura di circa 6.000 militari. Esso è suddiviso in tre aree, in base alla religione dei caduti, ed è caratterizzato da tombe tutte bianche, colore che contrasta col semplice prato verde. Nell’area cattolica le lapidi sono fatte a croce, con i nomi, il ruolo militare ricoperto e la data della morte, e si sviluppa intorno a una cappella che ospita la storia delle battaglie dell’esercito francese e le foto della visita di De Gaulle.
L’area dei musulmani sorge attorno al minareto, caratterizzato da lapidi di forma tondeggiante rivolte alla Mecca. Anche queste tombe riportano il nome del soldato, ruolo ricoperto e data di morte. Fra queste vi sono anche le lapidi dei soldati valorosi che non si sono allontanati dal seminare terrore, arrivando anche a stuprare i cittadini italiani che incontravano sul loro percorso. Nel minareto è contenuta la tomba del milite ignoto e tre tombe dedicate a tre soldati rappresentanti le tre nazionalità musulmane più presenti, ossia quella marocchina, quella tunisina e quella algerina.
Una terza parte del cimitero ospita le altre religioni, come quella ebraica e quella animista, provenienti, ad esempio, dal Senegal o dalla Costa d’Avorio; il simbolo sulle lapidi è rappresentato da una stella a sei punte e da un sole stilizzato. Una sola cosa accomuna i soldati sepolti, a prescindere dalla loro appartenenza religiosa. Si tratta di una frase scritta su tutte le lapidi: “Morto per la Francia”.
Giornalista