Riceviamo e pubblichiamo – Fiorenza Ceniccola, Ambasciatrice della Commissione Europea per il Patto Climatico
Il Parlamento europeo ha approvato con una maggioranza risicata la proposta Fit for 55 della Commissione che stabilisce la fine della produzione di auto a benzina e diesel a partire dal 2035 e dopo aver bocciato l’emendamento presentato dal PPE che mirava a mantenere in vita una quota di motori a scoppio del 10% per favorire una transizione graduale ed evitare di mettere in crisi totale un settore che garantisce il lavoro a circa 500mila persone. Siamo di fronte, a mio avviso, ad una decisione sbagliata e dannosa conseguente ad un approccio ideologico del Green Deal.
Una decisione sbagliata perché non darà veri vantaggi ambientali se ricordiamo che per la fabbricazione di un singolo set di batterie per auto elettriche servono lo scavo, lo spostamento e il trattamento di centinaia di tonnellate di materie prime che si trovano quasi esclusivamente in Cina (e nella Repubblica del Congo). Per non parlare dell’impatto che avranno sull’ambiente il nichel, la grafite, il litio, il cobalto e il manganese quando la batteria arriva ad esaurimento.
Inoltre, si tratta di una decisione dannosa perché l’Europa dopo aver rinunciato alla sovranità energetica (vedi quanto emerso dalla guerra in Ucraina) con tale decisione decide di affidarsi mani e piedi alla Cina (per quanto riguarda la filiera auto/veicoli commerciali), leader mondiale delle batterie elettriche. Per farla breve, l’emergenza climatica c’è e la transizione energetica va fatta però, nel contempo, deve essere tutelata l’occupazione e senza dimenticare che le nostre scelte e adeguamenti servono a poco se, nel contempo, in altre parti del mondo si continua ad inquinare senza alcun limite. E mi riferisco alla Cina, in particolare, il paese più inquinatore al mondo, che diventa il maggiore beneficiario delle nostre scelte. Oltre al danno, la beffa.
L’Europa ha un livello di emissioni molto basso rispetto ad altre regione del mondo (grazie anche ad una maggiore efficienza del nostro sistema energetico) e per questo, a mio avviso, non può esserci un approccio ideologico a tale problematica. La sfida a cui siamo chiamati è quella di trasformarsi ma … progressivamente. E, soprattutto, questa sfida epocale la possiamo vincere se riusciamo a muoverci tutti insieme e prestando maggiore attenzione alla via d’uscita indicata ben 20 anni orsono dal prof. Jeremy Rifkin: “… un nuovo regime energetico fondato sull’idrogeno”.