“Si chiude un cerchio. Siamo stati capaci, abbiamo sfidato, ancora una volta, noi stessi e le competenze per implementarle. Abbiamo dimostrato, non tirandoci indietro, di essere in grado di dare una mano al sistema sanitario pubblico. Mia figlia, la dottoressa Marcella De Vizia, come medico anestesista e rianimatore, è stata la prima ad affiancare i pazienti, a scendere in campo. Non posso che ringraziarla insieme a tutto il personale. Il 1° giugno ripartiremo, più forti e coesi, più capaci. Voltiamo pagina, dopo averne scritta una di cui andare fieri”. Così, fieramente, il presidente del Gruppo De Vizia Sanità, il dottor Antonio De Vizia, alla fine di un percorso che ha certamente stremato ma fortificato il personale sanitario e tutto della Clinica Gepos di Telese. Un percorso che ha segnato gli animi di tutti i lavoratori, rendendoli più forti e orgogliosi del lavoro svolto. La clinica ha comunicato che i risultati finali dei tamponi fatti a tutti i dipendenti della struttura sanitaria, piccola ma grande perla della sanità telesina e regionale, di cui certamente andare fieri, sono risultati negativi e finalmente, dal prossimo 1 giugno, potrà riprendere la propria attività sanitaria ordinaria. Lusinghieri, a detta del personale medico, i risultati ottenuti, considerata la guarigione di tutti i pazienti trasferiti dall’Ospedale San Pio di Benevento e il personale ritrovato totalmente indenne al contagio. Così Davide Castrianni, il direttore sanitario della Clinica Gepos: “Siamo sanitari e come tali ci siamo sentiti in dovere di dare una mano. Non c’è altro da aggiungere. In pochi giorni abbiamo studiato, programmato e messo in atto una serie di trasformazioni che ci hanno permesso di poter accogliere pazienti Covid. Tutto questo ha avuto notevoli ripercussioni sulle nostre vite. Le paure individuali non sono state cancellate ma abbiamo continuato a svolgere un lavoro di squadra che poche volte ho avuto modo di vedere: medici, infermieri e ausiliari si sono aiutati e corretti vicendevolmente, con un’attenzione estrema. Tutto questo rimarrà nel know-how di ognuno di noi e influirà per sempre nel modo di affrontare il lavoro futuro. Dal punto di vista personale ho dovuto affrontare un’altra sfida: comunicare la serietà di quello che ci accingevamo ad affrontare ma allo stesso tempo far capire che tutti i protocolli, le procedure e i dispositivi che stavamo adottando ci avrebbero permesso di lavorare in totale sicurezza. All’arrivo del primo paziente in biocontenimento eravamo colpiti ma pronti. Lo abbiamo dimostrato coi fatti, sul campo”.
Giornalista