Comunicato Stampa – Antonio Iesce
“Venerdì 2 ottobre nella Chiesa Parrocchiale Santa Maria del Bosco di Paupisi ci sarà l’inaugurazione della mostra fotografica di San Pio da Pietrelcina di Elia Stelluto, unico storico e fotografo vivente del Santo. Con la sua straordinaria testimonianza”.
Ad annunciarlo è don Raffaele Pettenuzzo, parroco di Paupisi che da giorni insieme a Stelluto stanno allestendo questa mostra fotografica nella chiesa parrocchiale e che da venerdì vedrà la sua luce aperta al popolo.
E ad intervenire è proprio Elia Stelluto, che presenta queste sue opere e anche un po’ di testimonianze. “Ho fatto mostre su padre Pio da Pietrelcina in tutta Italia da nord a sud con foto realizzate da me, ma ho anche realizzato mostre attraversando l’oceano da Atlanta a Boston e ritornando nuovamente poi in Europa.
Dopo tutto questo grande tour, che ho fatto in tutti questi anni nel mondo, sono arrivato a Paupisi per l’affetto che provo per don Raffaele, al quale non posso dire di no. Ecco è proprio così il mio continuo peregrinare per far conoscere padre Pio attraverso le foto che gli ho fatto negli anni, vivendo con lui sin da piccolo da quando avevo 7 anni”.
Ed ecco che Stelluto racconta come sia nata la passione per la fotografia e per il fatto che sia diventato poco a poco “il fotografo di Padre Pio. “A San Giovanni Rotondo nel 1942, quando ero piccolo, insieme ad altri ragazzi, vagabondando per strada, – racconta Stelluto – mangiavamo le mandorle crude per sfamarci per la grande fame che avevamo e che a me comunque sembravano dolci, erano quelli gli anni della Seconda Grande Guerra Mondiale e a scuola non andavamo, perché la scuola era stata chiusa per colpa dei tedeschi.
In quel nostro girovagare per la campagna incontrammo padre Agostino di San Marco in Lamis padre spirituale di padre Pio, che ci domandava che cosa facevamo durante tutto il giorno in giro per la campagna. E noi rispondavamo ‘che cosa facciamo?’, niente…, semplicemente giriamo per trovare qualcosa da mangiare. Allora lui in quello stesso giorno ci invitò in Convento a San Giovanni Rotondo. Praticamente ho cominciato a frequentare il Convento imparando a fare il chierichetto a Padre Pio e da lui sempre ho imparato tutto come si con un padre.
Cosa ho imparato? Come si faceva la Messa e la morale nella vita… Ma voglio qui raccontare, a questo punto, anche un aneddoto … dopo la Santa Messa padre Pio ci faceva fare, soltanto a noi ragazzi che servavamo la Messa, una cosa molto bella e che per noi era un grande privilegio, e cioè, oltre ad avergli servito la Messa e dopo essere entrati in Sacrestia Vecchia, padre Pio si toglieva i guanti e con la mano sua nuda, uno alla volta, ce la faceva baciare rimanendo attaccate alle nostre labbra le crosticine piene di sangue. Come non ricordare questo grandissimo privilegio che io non potrò mai dimenticare… Inoltre,- continua Elia Stelluto – per guadagnare qualcosa avevo imparato a fare le foto dal mio maestro Federico Abresh, convertito da padre Pio. In quel periodo riuscii a comprare una semplice macchinetta fotografica e siccome frequentavo il Convento, servendo la Messa a padre Pio, iniziai anche a fotografarlo.
Era però una cosa tassativamente proibita a tutti i fotografi professionisti, compreso Abresh. Padre Pio la prima volta che mi vide con la macchinetta fotografica in mano, mi disse: “Guagliò, cheglié chillu mastrillu?”. Il mastrillo, a Pietrelcina, era l’attrezzo utilizzato per catturare topi. Gli dissi che era la macchina fotografica con la quale scattavo fotografie, le sviluppavo, nel laboratorio di Abresh, e poi le stampavo. Le foto che gli scattavo piacevano moltissimo al mio maestro Abresh, che, con esse, arricchiva il suo negozio e anche il suo archivio fotografico. Un giorno il mio maestro Abresh mi disse di scattare una foto a Padre Pio durante la Santa Messa, precisamente al momento della benedizione, e come compenso mi avrebbe dato 5000 lire. Io, che allora guadagnavo 500 lire al mese, gli dissi di cominciare a preparare i soldi. Preparai il flash con la macchina fotografica e mi misi d’accordo con le Pie donne (così erano soprannominate le figlie spirituali di Padre Pio) e la mattina presto mi misi in prima fila a destra dell’altare di San Francesco (nella chiesa piccola).
Giunto il momento della benedizione, padre Pio benedisse l’assemblea alzando la mano senza i guanti, perché durante la Messa egli non li usava. In quel momento scattai la foto a circa un metro e mezzo di distanza dal Padre. Sentii un urlo improvviso e un grido: “Chiamate i carabinieri!… Chi è quello lì?…”. Io mortificato nel vedere padre Pio arrabbiato, era la prima volta che lo vedevo così sconvolto, mi impaurii e caddi in uno stato di mortificazione. Tutte le Pie donne si meravigliarono della reazione del Padre verso di me, perché sapevano benissimo i rapporti confidenziali che c’erano tra me e padre Pio.
Allora io subito dopo andai in sacrestia per baciare la mano come tutti gli altri giorni e gli dissi: Padre, scusami, non sapevo che ti arrabbiavi tanto per una foto. Al che lui rispose: “Ah! Sei tu quello che ha fatto quella luce?”. “Sì padre”, gli dissi. E lui vedendomi così mortificato, tirandomi su anche di morale, con una grande dolcezza, mi disse: “Fanne quante ne vuoi, senza quel mastrillo (il flash), perché potrei anche cadere a terra (il flash lo impressionava molto)”. Gli risposi: Padre, è impossibile fotografare senza quel mastrillo. Tu sei esperto nei miracoli, della Messa, nel convertire le anime, nel confessare; ma non sei un fotografo. E lui mi ripeté: Tu fanne quante ne vuoi senza quel mastrillo. Aggiunsi: Padre stai tranquillo che non vengo più a fare fotografie.
E lui ancora: Fanne quante ne vuoi senza quel mastrillo (il flash). Così, finita l’arrabbiatura ci salutammo come tutti gli altri giorni. Il giorno stesso, nel tardo pomeriggio, Abresh mi chiamò per fare un servizio fotografico a una prima comunione in Convento. Io gli dissi di no, perché la mattina avevo fatto arrabbiare padre Pio. “Se vuoi andare, vacci tu, perché non voglio fare più arrabbiare padre Pio”. La sera mi venivano in mente le parole di padre Pio – si avvia a concludere Elia Stelluto – pensando che se le foto senza il flash non venivano avrei potuto rimproverarlo dicendogli che senza quel “mastrillo” le foto non erano venute. Pertanto il giorno dopo, scattai le foto senza flash, al lume di due candela. Andai subito a svilupparle e, con sorpresa, vidi che le foto erano uscite bellissime. A quei tempi non c’erano le tecniche di oggi (bassa sensibilità delle pellicole), e così mi resi conto che anche padre Pio… era fotografo.
La foto che fece arrabbiare il Padre è una delle più belle ed è quella che lo ritrae benedicente all’Altare San Francesco della chiesetta conventuale, mentre dietro di lui si intravede l’altare addobbato con i garofani bianchi. La foto è rimasta immortalata in quanto è ricordata come l’immagine di padre Pio benedicente sullo sfondo dei garofani. Io, intanto, per l’arrabbiatura, – conclude Stelluto – rinunciai alle 5000 lire, mandando al diavolo il mio maestro”.