Comunicato Stampa – Le associazioni: Italia Nostra Matese Alto Tammaro, WWF Sannio
Da alcuni giorni circola sul web un simpatico video che illustra il progetto della REC (società della svizzera Repower) per la realizzazione di una centrale elettrica cosiddetta “a pompaggio” che sfrutterebbe le acque dell’invaso artificiale del Tammaro e la disponibilità di una conca naturale conosciuta come “Lagospino” nel comune di Pontelandolfo, ad alcuni chilometri di distanza e a qualche centinaio di metri più in alto.
Si tratta di una depressione carsica, di notevole bellezza (tanto da essere stato candidato anche come “Luogo del cuore” nel periodico censimento dei luoghi italiani da non dimenticare del FAI: https://fondoambiente.it/luoghi/il-lago-spino-nelle-montagne-di-morcone?ldc ), che alimenta sorgenti cui attingono acquedotti le sorgenti di acqua che alimentano Pontelandolfo, Campolattaro, Fragneto l’Abate, Fragneto Monforte fino a San Lorenzo Maggiore per oltre 15.000 abitanti.
Per rendere efficiente l’impianto e conveniente dal punto di vista economico, il progetto, predisposto nel 2012, prevede di riprofilare e impermeabilizzare la conca, rivestendola di cemento o materiale simile e recintandola sia per motivi di sicurezza sia perché il livello dell’acqua oscillerebbe continuamente.
All’epoca il WWF aveva elaborato un documento contenente le osservazioni all’ “Impianto idroelettrico di regolazione sul Bacino Campolattaro (BN) e elettrodotto di connessione alla RTN”– della ditta REC S.r.l. che chiedeva al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare la bocciatura del progetto per palese incompatibilità con gli obiettivi di tutela dei siti della Rete Natura 2000 (*) in base alle puntuali osservazioni presentate.
Il documento era stato redatto dal WWF Italia non tanto per “difendere” la propria Oasi da un progetto che rischia di comprometterne la futura esistenza, ma soprattutto perché in contrasto con la filosofia della Rete Natura 2000 nella quale sono inserite le due aree interessate dal progetto (il fondo valle del Tammaro e la depressione di Lagospino). Infatti sarebbe sacrificata una superficie di parecchi ettari che andrebbe ad incrementare il già cospicuo consumo di suolo prodotto dagli impianti eolici (che comprende non solo le limitate piazzole delle imponenti torri ma anche tutte le strade aperte o allargate per il trasporto in sito e la successiva manutenzione). Ma questo il video non lo racconta…
Si segnalava, tra l’altro:
– il periodo estremamente limitato (9 mesi) di monitoraggio delle popolazioni animali presenti nel territorio, ma non nel complesso del medesimo e in area vasta, sulla base del quale si affermava che l’impatto sarebbe di “bassa entità”, arrivando quindi a fermarsi allo step di Screening (quindi, che non vi è incidenza alcuna, neanche possibile);
– le ingentissime lavorazioni in fase di cantiere comporterebbero lo stravolgimento irreversibile di ambienti oggi naturali anche in fase di esercizio, con opere connesse indispensabili che gioco forza vanno mantenute (viabilità di accesso sia nuova che ampliamento di esistente, opere di contenimento e controllo delle zone a rischio idrogeologico, canali di gronda, modifica di percorsi idrici naturali delle acque meteoriche ecc.); i singoli impatti previsti ed elencati man mano sempre in diverse tabelle, vengono analizzati e per la fauna si legge, in modo costante, che comunque si sposterà, quindi non vi saranno incidenze significative (!);
– tutto ciò che è previsto non è considerato come una grave contrazione di habitat disponibili cui segue una ovvia diminuzione delle coppie, delle risorse trofiche, delle nicchie idonee per i nidi, quindi una diminuita natalità, ma solo come possibile disturbo, tanto ci sono altri territori dove comunque potersi collocare, dimenticandosi tra le altre, la competizione intra e inter specifica, la competizione alimentare, l’eventuale mancanza di condizioni idonee per nuovi nidi, la maggiore vulnerabilità degli stessi ecc.
Negli anni successivi, inoltre, l’area è stata ricompresa all’interno del perimetro del Parco Nazionale del Matese, istituito con legge dello Stato 205/2017 ed in via di costituzione, e per di più nella zona di massima protezione (cosiddetta “riserva integrale”) per le sue caratteristiche ambientali: fauna, flora e vegetazione ricca di specie e habitat rari e pregiati. Ma questo il video non lo racconta.
Il bacino a valle (artificiale) fornirà acqua potabile e irrigazione a vaste zone di Benevento, Caserta, Napoli. Un pompaggio forzato come quello descritto produrrà ovviamente variazioni frequenti del livello dell’acqua (1 mt) e della battigia (oltre 20 mt), con intorbidimento delle acque, e riducendolo in alcuni periodi ad una pozzanghera fangosa. Non eluderebbe il tema delle gravi criticità geologiche emerse dagli studi dell’Università del Sannio. ecc. Si parli dunque di profitto e non di salvaguardia di ambiente e biodiversità, che sono altra cosa.