Alle origini del ‘Carnem levare’, la grande abbuffata prima della Quaresima

Condividi articolo

Il Carnevale richiama l’antichissima festa dei Saturnali che a Roma si svolgeva per il solstizio d’Inverno.
Il personaggio di Carnevale è una rivisitazione del più antico Re dei Saturnali, ovvero il dio Saturno, che si lasciava prendere dalla felicità e dall’allegria per l’arrivo del nuovo anno, tanto da partecipare a feste lascive e goderecce, propiziatorie di felicità e abbondanza, dove si ballava e soprattutto si mangiava oltre misura.

La festa riporta ai riti propiziatori tipici d’inizio d’anno e d’inizio del ciclo annuale; il dio, dopo aver preso parte alle feste, veniva processato, condannato e bruciato allo scopo di eliminare i cattivi presagi per l’anno nuovo.
Il dio diveniva, nel rito pagano, il capro espiatorio di tutte le malefatte, un modo per esorcizzare il male, su di esso si caricavano, simbolicamente, tutte le insidie che il nuovo anno avrebbe potuto portare e nella consapevolezza che il male era una componente difficile, se non impossibile, da evitare, ci si concedeva momenti di festa, anche sfrenata.

La festa assunse ancor più un significato forte con l’arrivo del Cristianesimo che indicava nel giorno di Carnevale l’ultimo prima del periodo di Quaresima. A questo si rispondeva con eccessi di cibo prima delle privazioni imposte dalla Chiesa.
Prima ancora che il travestimento, la maschera per gli antichi era la festa del “Carnem levare” togliere, consumare la carne, più in generale il cibo: una grande abbuffata per superare i quaranta giorni di digiuno imposti dalla succesiva Quaresima.

Il digiuno, la fame, le privazioni trovano largo spazio nei temi della cultura popolare: la fame atavica sfociava nel desiderio, nel sogno. Nella novella terza dell’ottava giornata del Decamerone, Maso racconta a Calandrino del paese del Bengodi dove “si legavano le vigne con le salsicce, e le montagne erano fatte di formaggio parmigiano, e sopra le montagne vivevano genti che facevano maccheroni e ravioli che cuocevano in brodo di cappone ed i fiumi erano fatti di vino e non vi era nessuna presenza di acqua”.
Domandò una volta il Re a Bertoldo: “Qual è il giorno più lungo che sia?”“Quello senza mangiare”.
Il mangiare e la paura del non mangiare connaturata alla fatica di vivere, alla terra amara, al clima difficile, alla precarietà di un’esistenza fatta di mille pericoli, di mille insidie da esorcizzare con una ed in una festa: il Carnevale.