Iaio, in realtà Lorenzo Iannucci, frequentò i primi anni della “scuola elementare” proprio nell’edificio di viale Minieri (era mio compagno di classe). A Milano ci arrivò a otto anni, nel gennaio 1970, dove suo padre aveva trovato lavoro in fabbrica e andò ad abitare nell’allora popoloso e operaio quartiere del Casoretto, su via Andrea Costa, strada che parte da piazzale Loreto per arrivare a via Palmanova. Oggi i giardini all’angolo, dove da via Costa si entra al Casoretto, portano il nome di Fausto e Iaio, dedicati ai due ragazzi dall’allora Giunta del sindaco Giuliano Pisapia, il 18 marzo 2012, trentaquattro anni dopo i fatti, accaduti poco più avanti nella “triste” via Mancinelli, dove furono ammazzati.
Iaio da piccolo, come tutti i ragazzi del quartiere, frequentava l’oratorio dove giocava, spensierato, al pallone. A quattordici anni si iscrisse al professionale mentre l’onda lunga della trasformazione radicale, che vide l’irrompere nella vita quotidiana della rivoluzione sociale, politica e culturale degli anni ’70 fatta di Beat, Hippies, movimenti studenteschi e decine di definizioni in cui si riconoscevano migliaia d’individui nel tentativo di scardinare i pilastri immutabili della società italiana, stava travolgendo la città e il quartiere. Vicino casa nacque il Circolo Leoncavallo, il primo centro sociale di Milano, un’autentica fucina di idee da dove sono usciti, negli anni, musicisti, giornalisti, film maker, politici e tanti personaggi che hanno partecipato e che ancora partecipano alla scena culturale milanese. Iaio cominciò a frequentare il centro sociale insieme a Fausto, e con altri ragazzi lavorarono a un dossier sullo spaccio dell’eroina. Questa fu la prima pista imboccata dagli inquirenti che credettero fossero stati vittima di un regolamento di conti per aver scoperto cose che non dovevano sapere. Tutta questa dimensione faceva riferimento al mondo della sinistra ed entrarvi significava passare attraverso “il rito d’iniziazione” che faceva di te “un compagno” ancor prima che “un comunista”.
Nel marzo del 1978, poco prima di essere ammazzato, Lorenzo abbandonò la scuola per andare a lavorare presso un restauratore e mettere a frutto la sua vena artistica che lo accompagnava da sempre: suonava la chitarra, era portato per la musica che era la sua vera passione. La sera dell’assassinio doveva incontrare Fausto per scambiarsi dei dischi. Insieme erano degli assidui frequentatori di Radio Popolare, una radio libera vicina al mondo della sinistra extraparlamentare. Lorenzo era un ragazzo tranquillo, amava comprare nei mercatini dell’usato, vestiva largo e indossava una bombetta regalatagli da un amico di ritorno da Londra. Portava i capelli lunghi che erano particolarmente neri e lisci da sembrare, con il suo naso camuso, un indio. Nell’insieme era “un modello” di ribelle unico e irripetibile.
La sera del 18 marzo 1978, insieme a Fausto Tinelli, Iaio venne ucciso (da mano fascista, scrissero i giornali) a colpi di pistola in via Mancinelli, proprio vicino casa sua, davanti alla sua scuola e non lontano dal Leoncavallo, due giorni dopo che a Roma, in via Fani, le Brigate Rosse avevano rapito il Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Il 22 marzo si tennero i funerali a cui presero parte più di 100mila persone, il doppio di quelle che a Roma avevano partecipato alla manifestazione per il rapimento Moro. Si fermarono tutte le fabbriche di Milano e la funzione si svolse in piazza San Materno al Casoretto, dove all’oratorio giocava da bambino. Gli operai avevano chiesto lo sciopero generale ma non fu concesso.
La storia giudiziaria, per quello che nel tempo è divenuto uno dei tanti misteri della storia d’Italia, è raccontata in centinaia di siti e in trasmissioni televisive e su youtube, dove è possibile trovare anche questo filmato di Osvaldo Verri (amico di Fausto e Iaio, oggi famoso Film Maker), premiato al primo posto all’ArTelesia Festival nel 2010: