Giacomo Leopardi a Napoli, città da lui tanto amata ma molto difficile

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Se passate per il Parco Virgiliano a Piedigrotta, non troverete folle di turisti o ancor più scolaresche intente ad ammirare la tomba di quello che, a ragione, è ritenuto il più grande dei poeti italiani, ma un cippo a colonna, quasi messo all’angolo, a cui neanche si fa caso, che ricorda che in quel luogo è sepolto Giacomo Leopardi. Il parco era un luogo amato da Leopardi perché ospitava la tomba di Virgilio, il più grande della poesia latina.

Giacomo arrivò a Napoli il 2 ottobre 1833 e amò la città partenopea come nessun’altra città dove aveva soggiornato; insieme all’amico Antonio Ranieri va ad abitare in Via San Mattia 88, palazzo Berio, sui Quartieri Spagnoli. Per Leopardi, Ranieri è il suo “alter ego”, ciò che lui avrebbe voluto essere, e Leopardi per Ranieri era la medesima figura. Ranieri era un modesto scrittore ma un uomo d’azione, politico, rivoluzionario e soprattutto amato dalle donne.

Ranieri si prese cura di Giacomo arrivato a Napoli già malato, fece di tutto per rendergli gli ultimi anni della sua vita quanto meno dolorosi possibili. Dopo due mesi che Leopardi era a Napoli, Antonio si trasferì in via Santa Maria Ogni Bene 35, alle pendici della collina del Vomero, una casa più ampia dove trovare un clima più ideale per la salute dell’amico Giacomo. Il 9 maggio del 1835 si traferirono in vico Pero 2, lungo via Santa Teresa degli Scalzi, che fu la sua ultima dimora napoletana prima di andare ad abitare alle falde dello “sterminator Vesevo” a Torre del Greco dove, nonostante la casa fosse circondata da un enorme podere, Giacomo continuò a  peggiorare fino a spegnersi il 14 giugno 1837. La villa Carafa-Ferrigno di proprietà del cugino di Ranieri, oggi è una delle ville vesuviane facente parte del cosiddetto Miglio d’Oro, in onore dell’illustre ospite diventata Villa delle Ginestre.

Sulla sua sepoltura aleggia un fitto mistero: le ossa rinvenute nella chiesa di San Vitale a Fuorigrotta dove Ranieri disse di averlo sepolto traslate, in seguito, al Parco Virgiliano, appartengono a più persone e manca il cranio; in realtà, si sospetta che i resti mortali di Giacomo Leopardi si trovino nel grande ossario del cimitero delle Fontanelle di Napoli, nel quartiere Sanità perché il poeta morì durante un’epidemia di colera al vico Pero e non a Torre del Greco. Il cimitero delle Fontanelle dista, a piedi, un quarto d’ora da vico del Pero, dove morì Leopardi.

Il rapporto di Giacomo Leopardi con la città di Napoli non fu semplice nonostante egli considerasse i napoletani un popolo felice perché “ignorante”:
“Degli uomini e del ciel delizia e cura
Sarete sempre, infin che stabilita
Ignoranza e sciocchezza in cor vi dura:
E durerà, mi penso, almeno in vita.”

Giacomo, durante la sua permanenza, girava assiduamente per Napoli: piazza Dante, che a quell’epoca si chiamava ancora piazza del Mercatello, e andava
“Dal Lavinaio al Chiatamone,
Da Tarsia, da Sant’Elmo insino al Molo,
E spiaccion per Toledo alle persone.
Di Chiaia la Riviera, e quei che il suolo
Impinguan del Mercato, e quei che vanno
Per l’erte vie di San Martino a volo;
Capodimonte, e quei che passan l’anno
In sul Caffè d’Italia, e in breve accesa
D’un concorde voler tutta in mio danno”

scrisse al padre solo tre giorni dopo il suo arrivo, il 5 ottobre 1833: “…la dolcezza del clima, la bellezza della città e l’indole amabile e benevola degli abitanti mi riescono assai piacevoli”.

Ranieri lo descrive in queste sue passeggiate: “Indossa un vecchio soprabito turchino, che lo fa scambiare quasi per un mendicante, le calze sono logore e rattoppate, ma in compenso ha un bel fazzoletto al collo. Spesso si ferma a discutere di letteratura a casa di amici, ma ama anche soffermarsi al famoso Caffè ‘Due Sicilie’ in Largo alla Carità, dove, seduto all’aperto, sorbe uno dopo l’altro gli insuperabili gelati di Vito Pinto”

Leopardi veniva spesso fermato dai passanti che gli chiedevano i numeri del Lotto, ritenendo di buon augurio i gobbi. Egli stesso non disdegnò di comperare un biglietto, spesso studiava le combinazioni insieme al cuoco Pasquale per giocare i numeri più probabili o “sicuri”.

I palazzi in cui abitò Leopardi a Napoli sono tutti ancora nel medesimo luogo in cui erano ai tempi in cui vi abitò il poeta, ma quasi nessuno lo ricorda con targhe o altre affissioni. Solo presso il Palazzo Cammarota, affianco al portone, c’è un cartello che dice “Palazzo Cammarota, residenza di Giacomo Leopardi”: un minimo di memoria e di riconoscimento.